domenica 7 aprile 2013

piero vassallo - LETTURE CRITICHE DEL CONCILIO VATICANO II°

 



Riceviamo da due amici queste vignette, che volentieri pubblichiamo (clicca sulle vignette per ingrandire).

da Alfio Krancic:
vk
e da Osvaldo Ravoni:


Montecatini, 4 dicembre 2 dicembre, 2012

Caro Direttore,
grazie per avermi dato la possibilità di leggere il bellissimo libro di P. Serafino M Lanzetta F. I "Iuxta Modum: il Vaticano II letto alla luce della Tradizione della Chiesa"(Ed. Cantagalli) che, oltre tutto, mi ha dato la possibilità di chiarire tante cose, prima fra tutte l'interpretazione di rottura di coloro che considerano il Concilio come una "Nuova Pentecoste" come se la Chiesa prima non fosse esistita; dice il Padre Lanzetta: "Perché...ha prevalso la rottura? A questa domanda non si può rispondere senza andare a quel 'Mysterium iniquitatis' che purtroppo asservisce e regna. Il Cardinal Suenens-Padre del rinnovamento pentecostale e non carismatico, come amava definirsi-in un'intervista dichiarò: 'In Concilio ci siamo affidati docilmente allo Spirito Santo, e il Concilio ci ha condotti là dove non volevamo andare, o almeno, non pensavamo di andare...' Il Concilio così rischia di diventare lo stesso Spirito Santo di cui parlava Gesù a Nicodemo. Per tanti il Concilio sarebbe divino e infallibile, ma a discapito di tutti gli altri. Invece, il Concilio non è lo Spirito Santo. Gesù aveva detto solo che lo Spirito Santo è come il vento: si sente la voce, ma non si sa da dove viene e dove va(Cfr. Giovanni, 3-8).Dobbiamo impegnarci perché finalmente si dilegui un eccessivo entusiasmo carismatico, ritornando al dogma della fede".
Ecco, caro Direttore, questo significa parlar chiaro...avrei volentieri scritto una recensione ma, dopo quella, bellissima, di Piero Vassallo mi è sembrato inutile. Invio però un'altra vignetta quasi vergognandomene, dopo aver visto quella stupenda di Alfio Krancic, io sono solo un vecchio papirologo in pensione e faccio, ogni tanto, qualche vignetta così per diletto...Comunque venerdì 7 dicembre 2012 sarò a Firenze e così conoscerò sia il Padre Serafino che l'Avvocato Ruschi che, puntualmente mi invia le circolari della benemerita Comunione Tradizionale, vi andrò con il Prof. Vinicio Catturelli (173 anni in due) per cui se la nostra presenza non eleverà il tono dell'incontro, senz’altro eleverà la media dell’età' delle persone partecipanti che, mi dicono, in genere, essere tante tra cui numerosissimi giovani e giovanissimi.
Un grazie di cuore
Prof. Osvaldo Ravoni

vr
 
 
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IL VATICANO II RILETTO ALLA LUCE DELLA TRADIZIONE - di Piero Vassallo

di Piero Vassallo


Iniziata dalla strabiliante lezione di Alexandr Kojève sulla radice nichilistica/thanatofila della filosofia di Hegel, accelerata dall'interpretazione accademica (heideggeriana) del furente dionisismo di Nietzsche e perfezionata dal mostruoso e sbalorditivo influsso della teologia nazista nella scolastica francofortese, la rivolta del pensiero moderno contro se stesso è ormai al punto di non ritorno.
Avvertita da Benedetto XVI, tale evidenza pone la necessità inderogabile di correggere le tesi dei cattolici modernizzanti intorno alla possibile riconciliazione con un universo teoretico irrimediabilmente segnato dalla schizofrenia post-illuminista, ovvero dalla guerra della cometa jettatoria contro i pensieri della cometa trionfalista.
I moderni apostati, invece di correggere i loro errori, hanno incrementato la loro ostilità nei confronti della vera fede e la loro refrattarietà ai princìpi di ragione, smentendo le tesi che animavano l'indulgenza dei nuovi teologi e deludendo il generoso apprezzamento della loro inclinazione all'autocritica formulato da Giovanni XXIII nell'allocuzione inaugurale del Vaticano II, Gaudet Mater Ecclesia.
L'ottimismo mordeva i freni della cautela: "Lo spirito della modernità e la Chiesa, ha scritto di recente Benedetto XVI, non si guardavano più con ostilità, ma camminavano l'uno verso l'altro. Il Vaticano II era cominciato in questo clima ottimistico della riconciliazione finalmente possibile fra epoca moderna e fede; la volontà di riforma dei suoi padri ne era plasmata. Ma già durante il concilio questo contesto cominciò a mutare".
llDi qui l'urgenza, di aggiornare la definizione dell'errore moderno e di scoprire e neutralizzare, fra le righe del Concilio Vaticano II e del paraconcilio, le orme della benevolenza tradita e dell'ottimismo deluso.
L'anacronistica ostinazione dei teologi modernizzanti, in quelle orme crede, infatti, di leggere l'intenzione di dialogare con il mondo assumendo "la filosofia prevalente nella modernità, agnostica e scettica quanto al mistero, dubbiosa e formalmente fenomenica".
Padre Serafino Lanzetta, giovane e brillante studioso, all'avanguardia nella corrente dei teologi fedeli alla Tradizione e obbedienti al Papa, sostiene che la Chiesa è turbata da un accecamento storicista, incapace di comprendere che "il Vaticano II non si identifica con la Tradizione della Chiesa, non è il suo fine: questa è più grande, mentre il Concilio ne è un momento espressivo e solenne, si dimentica poi il suo carattere magisteriale ordinario, sebbene espresso in forma solenne dall’Assise conciliare, per sé non infallibile; si dimentica infine, che i documenti del Vaticano II - a differenza di Trento e del Vaticano I - sono distinti in Costituzioni, Dichiarazioni e Decreti e pertanto non hanno tutti il medesimo valore dottrinale, rimanendo pur sempre chiara e fontale l'attitudine generale del Concilio, di insegnare in modo autentico ordinario". (Cfr. "Iuxta modum Il Vaticano II riletto alla luce della Tradizione della Chiesa", Cantagalli, Siena 2012).
Padre Lanzetta afferma risolutamente che "la Chiesa trascende il Concilio e ogni sua manifestazione" quindi stabilisce la necessità "di far ritornare il Concilio Vaticano II nell'alveo della Chiesa: prima la Chiesa e poi i suoi concili".
E' tuttavia da respingere la pretesa di correggere il Vaticano II, "utopia di chi vuole riscrivere la storia che più non c'è o di chi vuole semplicemente abolire ciò che non gli piace". Il compito che incombe all'autorità cattolica è interpretare correttamente il Vaticano, "rispettando la sua posizione magisteriale di Concilio ecumenico con un taglio eminentemente pastorale, più pastorale che dottrinale".
Opportunamente padre Lanzetta cita il giudizio comunicato confidenzialmente a Vinicio Catturelli da un cardinale sudamericano: "Un errore forse è stato quello di dar troppa importanza al Concilio. ... E' necessario sgonfiare il pallone del Super-Concilio, o forse si sta già sgonfiando".
Il regnante pontefice, quasi assolvendo l'auspicio dei teologi fedeli alla Tradizione, ha avviato la critica di alcune ingenue e abbagliate concessioni al moderno che si leggono nella Gaudium et Spes dimostrandone la dipendenza da un equivoco intorno alla realtà dei nuovi tempi: "Dietro l'espressione vaga mondo di oggi vi è la questione del rapporto con l'età moderna. Per chiarirla sarebbe stato necessario definire meglio ciò che era essenziale e costitutivo dell'età moderna. Questo non è riuscito nello Schema XIII".
Il male che tormenta la Cristianità non è l'eresia ma la banalità del consenso tributato dai teologi di giornata a un oggetto conosciuto superficialmente.
vt
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VATICANO II, LA LETTERA E I FUMI DEL PARACONCILIO - di Piero Vassallo

di Piero Vassallo



La sera dell'otto ottobre, sulla rete televisiva Sette, Gad Lerner ha pilotato un dibattito sul Vaticano II nella direzione gradita dagli scolarchi bolognesi, tardi eredi delle illusioni nutrite dal card. Giacomo Lercaro, da don Giuseppe Dossetti e dal prof. Giuseppe Alberigo.
cv2La scuola di Bologna, nel dibattito rappresentata dal mellifluo epigono Giuseppe Melloni, era stata costituita negli anni Sessanta al fine di promuovere la de-ellenizzazione del Cristianesimo, ossia la separazione di fede e ragione quale propedeutica all'intesa dei cattolici con gli esponenti dell'ideologia progressista.
Lercaro, Dossetti e Alberigo non erano banditori dei torrentizi e innocui documenti stilati dai padri del Vaticano II ma antesignani di una cristianità conforme alle illusioni festanti e agli stati d'animo circolanti intorno all'aula conciliare. Stati d'animo che don Finotti ha puntualmente definito paraconciliari.
Ora l'effervescenza paraconciliare aveva avuto origine dalla fantasia dei teologi giornalisti, i quali, obbedendo ai messaggi lanciati dalla propaganda sovietica e dalla chiacchiera stampata, pensava fosse in atto una sincera e pia autocritica dei pensatori comunisti.
Il giornalismo teologico, venuto allo scoperto dopo la morte di Pio XII, il papa che ne aveva denunciato e sconfessato il delirio, contemplava, infatti, tre abbaglianti e consolanti novità:

a. il Vangelo è vero socialismo.
b. il socialismo ateo sta diventando cristiano,
c. la Chiesa e il mondo sono prossimi a una felice e gongolante intesa.

Ingannato dalle notizie diffuse dai teologi di giornata, Giovanni XXIII, nell'orazione inaugurale del Vaticano II, "Gaudet Mater Ecclesia", sostenne che la condanna degli errori non era più necessaria, dal momento che gli erranti avevano incominciato a correggerli spontaneamente.
A distanza di cinquant'anni questa è la vera domanda sul paraconcilio: quale fu la fonte dell'inganno ordito dai teologi ai danni di Giovanni XXIII?
Papa Roncalli non era tenuto a conoscere lo stato dell'opera ma i teologi che lo consigliavano non avevano il diritto di ignorare che la revisione dell'ideologia era indirizzata a nuovi e più deleteri errori, a una delirante blasfemia.
Fin dagli anni Trenta le avanguardie comuniste avevano iniziato la trasformazione mistica dell'ideologia. Il francofortese Walter Benjamin (un pensatore morto nel 1942) aveva rovesciato l'ateismo di Marx in un furente odio rivolto a Dio.
La scolastica fondata da Benjamin era al lavoro da venti anni e stava preparando la cultura di sinistra a quella rivoluzione decadente, cinerea e borghese (questa è la calzante definizione di Augusto Del Noce) che esploderà nel 1968.
E' dunque certo che la correzione degli errori era una fantasticheria, un'illusione generata dalla disattenzione o spacciata dall'ignoranza invincibile dei teologi trionfanti dopo la morte di Pio XII (morte che era invocata dall'orante e coerente prof. Alberigo, come è stato rammentato durante la trasmissione di Lerner).
La notizia dell'involuzione gnostica dell'ideologia comunista non era un segreto. Dell’invincibile attrazione che la capovolta teologia degli gnostici esercita nei confronti del pensiero moderno il cardinale Giuseppe Siri aveva scritto più volte a cominciare dal 1957.
In Getzemani il card. Siri affermerà: “Se si nega la capacità dell’intelletto di conoscere il mondo e si affida, more kantiano, questa conoscenza alla volontà, diventa estremamente facile raggiungere la tesi di una inconoscibilità naturale di Dio. È la fine della teologia razionale. In tal caso la croce di Cristo può non apparire più come la croce dell’umanità del Signore, che sussistendo nel Verbo raggiunge la efficacia salvifica, quella che redime, giustifica e fa consorti della natura divina. Dio allora può persino apparire nel mondo, non come Signore, ma come impotente; la croce rovesciandosi tutto, può apparire come lo stesso mistero di Dio. Queste tesi che qualificheremo neognostiche, hanno come fondamento la linea di pensiero appunto condannata dal Vaticano primo, la linea che da Kant va ad Heidegger”.
Un allievo del cardinale Siri, nel 1958 e nel 1962, aveva scritto e pubblicato saggi finalizzati a richiamare l'attenzione degli studiosi cattolici sul slavina neognostica che stava devastando la cultura progressista.
L'ottimismo del paraconcilio era dunque teoreticamente infondato. Ingiustificata l'euforia che si impossessò del mondo cattolico durante e dopo il Vaticano II. Fatale il rovesciamento delle sue festanti attese nel fumo di satana, oggetto dell'accorata denuncia di Paolo VI.
Purtroppo il dibattito nel salotto di Lerner (e presumibilmente negli altri salotti televisivi, nei quali si celebrerà il cinquantesimo anniversario del Concilio Vaticano II) ha girato al largo del paraconcilio. La cultura di massa detesta le questioni scomode. Senza contare che l'omissione, probabilmente, è dovuta alla sopravvivenza delle illusioni paraconciliari nei pensieri e nei discorsi - laici e paracattolici - intorno alla rottura causata dall'immaginario Vaticano II.


 
 
 
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“Intrigo al Concilio Vaticano II” (di Piero Vassallo)
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RECENSIONE
Rosa Alberoni, “Intrigo al Concilio Vaticano II”, Romanzo, Fede & Cultura, Verona 2010, pagine 192, euro 15.
Di Piero Vassallo
Rosa Alberoni è una delle rare intelligenze cattoliche che hanno smaltito l'ubriacatura sessantottina scendendo alle radici dell'inganno: l'arruolamento dei teologi progressisti (ossia neo-modernisti) nelle squadre degli utili idioti, impegnati nella propaganda dei filosofici inganni intitolati al mondo moderno, e l'incauto ottimismo che indusse Giovanni XXIII a credere nella buona volontà dei rivoluzionari.
Al protagonista del romanzo, personificazione letteraria dell'illustre teologo che, in incognito, ha svelato i tenebrosi misteri della congiura promossa per destabilizzare la Chiesa cattolica, l'autrice, infatti, fa dichiarare che “I teologi con un'astuzia ipocrita avevano camuffato l'ideologia comunista dietro l'amore per i poveri, il desiderio di pace, e offrivano la lotta di classe camuffata. Avevano rovesciato l'incitamento di Cristo, ama il tuo nemico, in odia il tuo nemico”.
Raggirati da teologi estenuati dall'inseguimento di macchinosi filosofemi e di miraggi ideologici in via d'estinzione, un alto numero di giovani cattolici si consacrò all'illusoria missione di rinnovare la civiltà cristiana.
Migliaia di giovani entusiasti, formati nei circoli parrocchiali e nelle associazioni scoutistiche, si convertirono alle pie assurdità del Sessantotto, diventando inconsapevoli e docili strumenti di un'ideologia già vecchia, già smentita e consumata dalla tragica, sanguinaria applicazione sovietica e maoista, dall'esperimento subito da masse naturalmente refrattarie all'implacabile delirio degli utopisti.
La metamorfosi della fede giovanile, purtroppo, fu aiutata dal silenzio del Concilio Vaticano II sul comunismo: “I vescovi erano al corrente delle persecuzioni e dei milioni di morti prodotti dai gulag. Sulla mancanza di questo argomento anche il Santo Padre [Giovanni XXIII] si arrese, nonostante le insistenze di alcuni cardinali. Con il tempo si è mostrata una mancanza irreparabile. L'elusione della condanna del comunismo fu una vera iattura”.
La narrazione della congiura progressista e dei suoi esiti disastrosi è svolta da Rosa Alberoni nella forma avvincente del romanzo.
Nella pagina letteraria, tuttavia, si può leggere, in filigrana, un'inedita, segreta storia del Concilio ecumenico Vaticano II e del colpo di stato (o colpo di chiesa) tentato dalla fazione progressista e finalizzato alla dissoluzione del dogma cattolico.
Ora il risultato più importante della vera storia in cammino fra le righe del romanzo, è la riabilitazione di Paolo VI, al cui pontificato si riconosce, finalmente, il merito di aver sventato la manovra dei novatori olandesi, francesi e tedeschi congiurati nel Concilio Vaticano II al fine di abbattere l'autorità del successore di Pietro per instaurare la collegialità. Preambolo alla trasformazione della Chiesa cattolica in una democrazia profana cioè assoggettata alla tramontante filosofia dei moderni.
Il 16 novembre del 1965, infatti, Paolo VI sconfessò apertamente i fautori della collegialità, pubblicando una nota previa per rammentare che il Sommo Pontefice può esercitare la sua potestà in ogni tempo e a suo piacimento, come è richiesto dallo stesso suo ufficio.
Da quel coraggioso documento ebbe inizio il faticoso allontanamento della Chiesa cattolica dagli errori dei modernizzanti, che avevano tentato di indirizzare il Concilio Vaticano II alla dissoluzione della fede cattolica.
Vent'anni dopo la pubblicazione della nota previa, il cardinale Ratzinger potrà ribadire, contro il deviante spirito del concilio immaginario, che “la la struttura della Chiesa è basata sulla successione apostolica” dunque che “la Chiesa è una realtà che supera, misteriosamente e insieme infinitamente, la somma dei suoi membri”.
 
 
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Il Concilio Tradito
 
Padre Giovanni Cavalcoli - Karl Rahner, Il concilio tradito - Fede e Cultura, 2009Un saggio di padre Cavalcoli su Rahner - Il Vaticano II tradito dai teologi
Di Piero Vassallo
Il Concilio TraditoNel 1985 fu pubblicato “Rapporto sulla fede”, un libro-intervista di Vittorio Messori al cardinale Joseph Ratzinger, oggi leggibile quale anticipazione del programma di Benedetto XVI. Il cardinale, infatti, formulava alcuni degli argomenti indeclinabili, che oggi raccomandano l’interpretazione del Vaticano II alla luce di un’ermeneutica della continuità.
Nel corso dell’intervista l’allora prefetto dell’ex Sant’Uffizio denunciava il “falso spirito del concilio”, e smentiva i commentatori avventurosi, che, forzando i testi del Vaticano II, vi leggevano l’approvazione e l’incoraggiamento ai teologi della discontinuità, che, in quegli anni precipitosi, erano affaccendati a rivedere e ad aggiornare la tradizionale dottrina della Chiesa cattolica nella luce di un immaginario insegnamento conciliare.
Fondatore della nuova e spericolata teologia, era stato il gesuita Karl Rahner, un autore confutato da Cornelio Fabro nel 1974 e fermamente contestato da Joseph Ratzinger, in articoli e saggi pubblicati nel 1978 e nel 1982.
Influenzato dalla filosofia immanentistica di Hegel, cui lo aveva iniziato Martin Heidegger, Rahner riteneva che la via modernorum fosse senza ritorno e, di conseguenza, progettava il dirottamento della teologia cattolica su di essa.
La prima mossa di Rahner sulla via modernorum fu l’attenuazione buonista della legge, che stabilisce la reciproca incompatibilità del vero e del falso.
Per i seguaci di Rahner, “buono” diventò il qualunque pensatore impegnato a scongiurare i conflitti causati (si presumeva) dalla convinzione che si danno princìpi tra loro irriducibili.
Padre Giovanni Cavalcoli o. p., l’autore del saggio sulla teologia di Karl Rahner, edito dalla veronese Fede & Cultura, rammenta che, in seguito alla predicazione di Rahner, nella Chiesa cattolica si è diffusa la convinzione che “Il voler distinguere con assolutezza il vero dal falso sembra a molti espressione di presunzione e di intolleranza, sorgente di discordia e mancanza di rispetto per le idee e la coscienza degli altri. Il concetto stesso di una religione assolutamente vera che primeggi sulle altre appare a molti una pretesa imperialistica di questa sulle altre religioni” (“Karl Rahner Il Concilio tradito”, pag. 16).
Il pregiudizio buonista esige, pro bono pacis, che si metta in parentesi l’oggetto della verità in sé, e si condivida il paradosso relativista-irenista secondo cui un’affermazione vera dal punto di vista di chi la pronuncia, è vera anche dal punto di vista di chi dichiara l’esatto contrario.
Soggiacente alla flessibile misericordia, che comanda il sacrificio della verità sull’altare dell’armonia ad ogni costo, è la sentenza del guru sessantottino Herbert Marcuse, che (nel saggio “Eros e civiltà”) ha definito fascista il principio di non contraddizione, secondo cui un’affermazione non può essere vera e falsa nello stesso tempo e sotto il medesimo profilo.
Va da sé che il contrasto tra l’intollerante verità e la pace nella menzogna è un argomento sofistico, inventato dai filosofi ultramoderni di scuola heideggeriana e/o francofortese per nascondere la decisione di aggirare i princìpi indeclinabili della logica, princìpi che (a loro avviso) non sono iscritti e leggibili nella realtà ma imposti dal fascismo orrido e immenso.
La ricerca dei possibili ispiratori dell’avversione alla verità, non incontra gli apostoli della pace secondo Cristo, ma il maestro di Karl Rahner, l’astruso Martin Heidegger, autore dello stravolgente principio secondo cui “la verità non sta nel giudizio col quale l’uomo adegua il suo pensiero all’essere, ma sta nella comprensione atematica, nell’esperienza trascendentale, come situazione esistenziale emotiva del soggetto auto-cosciente, nel quale l’essere si identifica con l’essere pensato, in modo tale che la verità del pensiero è al contempo la verità dell’essere e la verità del soggetto”.
Heidegger e al suo seguito Rahner vantavano l’appartenenza alla più alta e aggiornata tradizione metafisica. In realtà il loro pensiero, avendo accolto gli errori della logica kantiana ed hegeliana, approda a risultati non molto diversi da quelli ottenuti da Jean Paul Sartre e da Claude Levy Strauss, autori di disperate chiacchiere antimetafisiche, finalizzate all’abbassamento dell’intelletto umano al livello della sensazione animalesca.
Svilimento della ragione umana e retrocessione dell’immanentismo moderno al panteismo antico costituiscono l’orizzonte ultimo del pensiero heideggeriano e rahneriano.
Ridotto la filosofia ad universale esperienza emotiva, l’errore , la non adeguazione dell’intelletto alla realtà, sprofonda in un cappello a cilindro: di qui l’opinione temeraria (affermata da Rahner) che tutti conoscano la verità attraverso la c. d. esperienza trascendentale.
Rahner sostiene che la concordia inizia dal riconoscimento che tutti gli uomini posseggono la verità e nessuno sbaglia. E propone la tesi che attribuisce agli atei la qualifica di cristiani anonimi, che in quanto tali sono naturalmente destinati alla beatitudine eterna.
Per attingere un tale pensiero Rahner è costretto a condividere il disconoscimento modernista della dottrina cattolica sulla grazia. La grazia, pertanto diventa “la natura-grazia che è sufficiente ad assicurare la felicità e la divinizzazione dell’uomo”.
Oscurata la nozione della grazia la trascendenza divina evapora. Rahner “finisce nel vedere nel soprannaturale niente più che uno sviluppo totale e finale del naturale o un approfondimento di quest’ultimo, come se l’uomo elevandosi al massimo delle sue possibilità potesse diventare Dio”.
Padre Cavalcoli osserva che Rahner cade in un tale errore perché applica il trascendentale alla cristologia: “Ma questo è un fatto grave perché Cristo da mistero di fede diventa un’entità metafisica, un trascendentale, un contenuto apriorico della coscienza trascendentale atematica, un’esigenza strutturale e fisiologica, non liberamente scelta, di ultima pienezza umana, in linea del resto con tutto il pensiero rahneriano, dove il divino e il soprannaturale costituiscono un’esigenza di razionalità e di umanità, che tutti sentono cristiani anonimi) e che in tutti viene soddisfatta” (op. cit. pag. 185)
Come ha dimostrato il cardinale Giuseppe Siri nel saggio “Getsemani Riflessioni sul movimento teologico contemporaneo”, la teologia di Rahner vuole convincere il lettore che “Dio e l’uomo hanno la stessa essenza”. Una conclusione catastrofica che affonda la fede cattolica nella disperata filosofia di Heidegger, dove Dio e l’uomo circolano eternamente intorno all’essere per il nulla.
Il sottotitolo del saggio di padre Cavalcoli (“Il Concilio tradito”) manifesta l’opinione dell’autore sull’influsso dell’antropologia rahneriana (confutata secondo una linea di pensiero che tiene conto e approfondisce le ragioni esposte nel saggio “La svolta antropologica di Karl Rahner”, scritto da padre Cornelio Fabro, nei primi anni Settanta) nelle esorbitanze ecumeniche elucubrate in nome di un presunto “spirito del concilio Vaticano II”.
Non solo nelle stravaganze postconciliari: padre Cavalcoli, infatti, facendo propria e sviluppando una tesi di monsignor Brunero Gherardini, dimostra che il buonismo di Rahner si è insinuato di soppiatto nei testi conciliari, ad esempio nella traduzione italiana della Gaudium et Spes, che invita ad un esame più serio e profondo delle ragioni che si nascondono nella mente degli atei, quasi che esistano delle serie ragioni per essere atei.
Di qui l’auspicio, formulato nella magnifica conclusione, che il Magistero della Chiesa sconfessi apertamente la finzione buonista e “metta in luce con chiarezza quali sono le dottrine nuove del Concilio, non secondo un’esegesi di rottura, ma come esplicazione della Tradizione, lasciando così una giusta libertà di critica nei confronti invece di quelle disposizioni pastorali che sembrano o si sono verificate meno opportune e magari rivedibili o abrogabili per assicurare e promuovere il bene e il progresso della Chiesa nella Verità” (op. cit., pag. 345).
Senza ombra di dubbio l’auspicio di padre Cavalcoli corre incontro alle sapienti intenzioni di Benedetto XVI, oltre che alle speranze di tutti i credenti. La lettura del suo pregevole saggio, pertanto, è raccomandata a quanti hanno a cuore il vero bene della Chiesa cattolica.

il libro può essere richiesto direttamente alla
Casa Editrice Fede e Cultura

2 commenti:

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  2. Inviterei il prof. Osvaldo Ravoni a non pubblicare, spacciandole per sue, le mie vignette, realizzare almeno vent'anni fa.
    In alcune, si vede addirittura la mia firma (http://www.riscossacristiana.it/la-chiacchierata-domenicale-5-di-rigoletto-corsini/) e l'anno in cui le ho disegnate.

    Grazie.
    Pietro Siffi

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