lunedì 29 aprile 2013

Notazioni sul Catechismo della Chiesa Cattolica e sulla sacrosanctum concilio in rapporto alla mediator Dei

Notazioni sul Catechismo della Chiesa Cattolica 
e sulla Sacrosanctum Concilum in rapporto alla Mediator Dei

[1] 1069 Il termine « liturgia » significa originalmente « opera pubblica », « servizio da parte del popolo e in favore del popolo ». Nella tradizione cristiana vuole significare che il popolo di Dio partecipa all'« opera di Dio »(Gv 17,4). Attraverso la liturgia Cristo, nostro Redentore e Sommo Sacerdote, continua nella sua Chiesa, con essa e per mezzo di essa, l'opera della nostra redenzione.
[Da un'affermazione vera si può giungere ad una conclusione falsa. È vero, infatti che l'actuosa participatio "sottolinea il servizio comune", ma non è difficile riconoscere in questa sottolineatura la diminutio del sacerdote, il cui ruolo nella celebrazione è stato cambiato da Mediatore a Presidente. E non è più Cristo Signore che celebra, ma l'intera assemblea (sia pure individuata come suo corpo mistico e sua immagine).]

1070 Il termine « liturgia » nel Nuovo Testamento è usato per designare non soltanto la celebrazione del culto divino,5 ma anche l'annunzio del Vangelo (Rm 15, 6)e la carità in atto (Rm 15,27) In tutti questi casi, si tratta del servizio di Dio e degli uomini. Nella celebrazione liturgica, la Chiesa è serva, a immagine del suo Signore, l'unico « Liturgo »,(Eb, 8, 2-6)" Ministro del Santuario e delle vera tenda che il Signore e non un uomo ha costruito" poiché partecipa del suo sacerdozio (culto) profetico (annunzio) e regale (servizio della carità che è tuttavia esercizio della Regalità, cioè del dominio su tutte le cose: Universorum Rex!):
« Giustamente perciò la liturgia è ritenuta quell'esercizio dell'ufficio sacerdotale di Gesù Cristo, mediante il quale con segni sensibili viene significata e, in modo proprio a ciascuno, realizzata la santificazione dell'uomo, e viene esercitato dal corpo mistico di Gesù Cristo, cioè dal Capo e dalle sue membra, il culto pubblico integrale. Perciò ogni celebrazione liturgica, in quanto opera di Cristo Sacerdote e del suo corpo, che è la Chiesa, è azione sacra per eccellenza, e nessun'altra azione della Chiesa ne uguaglia l'efficacia allo stesso titolo e allo stesso grado ». (Sacrosanctum Concilium, 7)
[Ma Sacrosanctum concilium dice soltanto: « offertosi una volta sulla croce, offre ancora se stesso tramite il ministero dei sacerdoti » non aggiunge tramite il ministero del suo corpo che è la Chiesa: il "modo proprio a ciascuno" non può mai uguagliare l'Actio di Cristo che è la Sua e non la nostra. Opera la nostra connaturalità e sempre maggiore configurazione a Lui; ma è sempre Lui che offre se stesso al Padre mediante il Sacerdote e l'offerta di noi stessi avviene solo in Lui "tramite il ministero dei sacerdoti" e non per una "funzione propria a ciascuno" come sembra far intuire il catechismo... E la conclusione di SC appare ben diversa:
Giustamente perciò la liturgia è considerata come l'esercizio della funzione sacerdotale di Gesù Cristo. In essa, la santificazione dell'uomo è significata per mezzo di segni sensibili e realizzata in modo proprio a ciascuno di essi [non è una funzione di 'essi']; in essa il culto pubblico integrale è esercitato dal corpo mistico di Gesù Cristo, cioè dal capo e dalle sue membra. Perciò ogni celebrazione liturgica, in quanto opera di Cristo sacerdote e del suo corpo, che è la Chiesa, è azione sacra per eccellenza, e nessun'altra azione della Chiesa ne uguaglia l'efficacia allo stesso titolo e allo stesso grado.
[Un conto è parlare del culto pubblico integrale esercitato dal corpo mistico insieme al suo Capo, un altro conto è inserirvi la "funzione propria a ciascuno", che porta a veicolare, subdolamente, la diminutio del sacerdozio ordinato, in linea con gli insegnamenti dei ‘falsi profeti’, che vanno per la maggiore.]

Oltrepassamento della Mediator Dei da parte della Sacrosanctum Concilium

Vediamo più in dettaglio, raffrontando la Costituzione Conciliare sulla Sacra Liturgia Sacrosanctum Concilium (1963) con l'Enciclica di Pio XII sulla Sacra Liturgia Mediator Dei (1947), alla quale la Costituzione conciliare si rifà e cita espressamente:
Mediator DeiSacrosanctum Concilium
"...Per non far nascere errori pericolosi in questo importantissimo argomento, è necessario precisare con esattezza il significato del termine «offerta». L'immolazione incruenta per mezzo della quale, dopo che sono state pronunziate le parole della consacrazione, Cristo è presente sull'altare nello stato di vittima, è compiuta dal solo sacerdote in quanto rappresenta la persona di Cristo e non in quanto rappresenta la persona dei fedeli. Ponendo però, sull'altare la vittima divina, il sacerdote la presenta a Dio Padre come oblazione a gloria della Santissima Trinità e per il bene di tutte le anime. A quest’oblazione propriamente detta i fedeli partecipano nel modo loro consentito e per un duplice motivo; perché, cioè, essi offrono il Sacrificio non soltanto per le mani del sacerdote, ma, in certo modo, anche insieme con lui, e con questa partecipazione anche l'offerta fatta dal popolo si riferisce al culto liturgico...."
48. Perciò la Chiesa si preoccupa vivamente che i fedeli non assistano come estranei o muti spettatori a questo mistero di fede, ma che, comprendendolo bene nei suoi riti e nelle sue preghiere, partecipino all'azione sacra consapevolmente, piamente e attivamente; siano formati dalla parola di Dio; si nutrano alla mensa del corpo del Signore; rendano grazie a Dio; offrendo la vittima senza macchia, non soltanto per le mani del sacerdote, ma insieme con lui, imparino ad offrire se stessi, e di giorno in giorno, per la mediazione di Cristo, siano perfezionati nell'unità con Dio e tra di loro, di modo che Dio sia finalmente tutto in tutti.


Dunque, la Mediator Dei distingue il momento in cui il Sacerdote offre la Vittima (momento culminante e unico) da quello in cui, dopo averla deposta sull'altare la presenta a gloria di Dio padre e per il bene di tutte le anime. A quest’oblazione propriamente detta i fedeli partecipano nel modo loro consentito.


Invece nella Sacrosanctum Concilium, che dice cose prese a sé molto belle e molto vere, la distinzione è stata omessa e la sua  mancanza fa perdere l'unicità dell'offerta del Sacerdote (Actio di Cristo) nel momento della Consacrazione... E non è una questione di poco conto. Non distinguere l'Azione del Sacerdote da quella del fedele (che può far sua ogni preghiera tranne che al momento della Consacrazione, appunto), non tiene conto della distinzione netta non solo per grado ma anche per essenza del Sacerdozio ordinato rispetto a quello battesimale dei fedeli...

La Mediator Dei afferma e conferma che il Sacrificio di Cristo è uno ed unico ed appartiene a Lui solo. E non è un caso che le parole "mysterium fidei" siano pronunciate al momento della Consacrazione del Calice e quindi del Sangue della Nuova ed eterna Alleanza qui pro vobis et pro multis effundetur (sarà sparso: è un futuro che diventa un eterno presente, la prefigurazione del Calvario nell'imminenza di quanto sarebbe accaduto); il Signore ci comanda di fare haec (questo) in sua memoria fino alla fino dei tempi. Anche le parole "mysterium fidei" appartengono a Cristo, che suggella così la sua Azione espiatrice e redentrice e qui non ci resta che adorare e accogliere. (Non posso far a meno di notare che stranamente nel NO quelle parole vengono messe in bocca all'assemblea e pronunciate ad alta voce in un momento in cui bisognerebbe solo adorare davanti al Sacrificio. E invece si parla addirittura dell'"attesa della tua venuta", inopinatamente richiamando la parusia proprio nel momento in cui il Signore si è fatto Realmente Presente: Presenza che dovrebbe essere accolta vissuta e adorata con maggiore consapevolezza e sacralità...)

Solo successivamente: ce lo dice l'Unde et memores..., dopo che il Sacrificio è stato compiuto e dispiega i suoi effetti, possiamo, insieme al sacerdote, offrire noi stessi nell'offerta dell' "Hostia pura santa e immacolata, Pane santo di vita eterna e Calice di perpetua salvezza". Ma l'Agnello immolato è Risorto e ora siede glorioso alla destra del Padre (l'Unde et memores ci ricorda anche questo), e dunque possiamo insieme al sacerdote unire a quella di Cristo la nostra offerta e anche i frutti del Suo Sacrificio.

Nella SC questo forse è dato per scontato (?), ma nelle "cose sacre" che riguardano i fondamenti della nostra fede occorre serietà e precisione e anche completezza. Altrimenti, più che dar per scontato, alla fine si oltrepassa e si elide qualcosa di essenziale. Quel che è più grave, non è tanto la diluizione del ministero sacerdotale, che pure avviene, quanto la confusione del Sacrificio di Cristo (uno e unico e non confondibile) col nostro e della Chiesa tutta in Lui!

Quello che Mediator Dei e Sacrosanctum Concilium affermano è che i fedeli offrono insieme con il Sacerdote i propri voti e per mezzo del Sacerdote Cristo stesso, ma con la sottile e per nulla ininfluente distinzione con cui inizia il periodo. Non a caso, poi, la Mediator Dei dice: "Ponendo però, sull'altare la vittima divina, il sacerdote la presenta a Dio Padre come oblazione a gloria della Santissima Trinità e per il bene di tutte le anime".
Ponendo sull'altare la Vittima (il sacerdote depone l'oblata sul Corporale, chiamato anche sindone) è come se si ripetesse la deposizione dalla Croce e, come già detto, in quel momento si dispiegano gli effetti del Sacrificio già compiuto e quindi subentra anche la funzione della Chiesa con la sua Offerta dell'Hostia pura santa e immacolata, che include non solo il mistero della passione e morte, ma anche quello della Risurrezione e Ascensione, esplicitato nell'Unde et memores, Domine, nos servi tui, set et plebs tua sancta, eiusdem Christi Filii tu, Domini nostri, tam beatae passionis, nec non et ab inferis resurrectionis, sed in caelos gloriosae ascensionis: offerimus praeclare majestati tuae de tuis donis ac datis (non dal frutto della terra e del nostro lavoro)...
Mi sembra che l'oltrepassamento e l'oblio di una cosa così fondamentale, cioè del cuore della nostra Fede, sia un dato non trascurabile e tutto da recuperare.
E c'è di più... Dopo, nel Supplices te rogamus, il sacerdote chiede : jube haec perferri per manus sancti Angeli tui in sublime altare tuum, in cospectu divine majestatis tuae... ciò che si trova sull'Altare della terra viene portato all'Altare celeste per mezzo dell'Angelo del Buon Consiglio che è Cristo (Dom Gueranger). E ancor di più, se anche si tratta di un Angelo - come è detto per i Sacrifici antichi e nella De Sacramentis - resta la sublime richiesta che sull'Altare del Cielo vengano portate, dopo la Consacrazione, haec (queste cose), cioè l'Offerta di Cristo e quella dei presenti e di tutta la Chiesa! E - prosegue la preghiera - "affinché quanti per questa partecipazione dell'Altare assumeremo l'infinitamente Santo Corpo e Sangue del Figlio tuo saremo riempiti di ogni grazia e benedizione del Cielo", che scende su di essi dal Trono dell'Altissimo.

Ora, che col Novus Ordo si perda tutta questa ricchezza e profondità, non può giungere anche fino a oltrepassare ciò che di più grande e sacro Cristo Signore ci ha consegnato: il Suo Sacrificio, in cui Egli si fa Realmente Presente e operante per la salvezza nostra e del mondo intero, 'passaggio'   ineludibile sia per la Risurrezione che per il "Banchetto escatologico" in cui ci nutriamo del suo Corpo e del Suo Sangue Anima e Divinità. 

All'inizio (nell'immediato dopo-concilio e in parte tuttora) chi viveva/vive la celebrazione con la pre-comprensione cattolica poteva/può anche non farci caso e interiorizzare il dato di Fede genuino e quindi assimilarlo; ma, dopo? Quando si parla di iato generazionale (riconosciuto dallo stesso Benedetto XVI), cosa si intende se non questa a volte diluizione altre volte omissione, che alla fine diventa oblìo, soppressione - come in questo caso - di un elemento fondante della nostra Fede?
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(Tratto da Maria Guarini, La questione liturgica. Il Rito Romano usus antiquior e il Novus Ordo Missae a 50 anni dal Concilio Vaticano II, Parva Itinera, Roma, gennaio 2013)

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