martedì 16 aprile 2013

RIAPRIRE IL FASCICOLO DEL VATICANO II

Parte prima

RIAPRIRE IL FASCICOLO DEL VATICANO II

di fratel Bruno Bonnet-Eymard
La Riforma della Chiesa alla quale assistiamo è cosa novissima nella storia millenaria della nostra religione cristiana. Non ha dieci anni. Ricordiamo alcune date. Pio XII è morto il 9 Ottobre 1958. Papa Giovanni XXIII, che successe a lui, annunciò prestissimo, fino dal 25 Gennaio 1959, la convocazione di un Concilio, come decisione che gli era ispirata dall’alto. L’annuncio sorprese tutti. L’ultimo Concilio datava dal 1870 ed era stato brutalmente interrotto dalla presa di Roma compiuta dalle truppe italiane. Pio XI aveva pensato di riprenderlo e terminarlo nel 1922. E nuovamente vi aveva pensato nel 1950, Pio XII. L’uno come l’altro ne furono dissuasi dalle persone che li circondavano le quali temevano un’opposizione da quell’enorme parlamento, o almeno l’esibizione di spiacevoli divisioni. E vi avevano giudiziosamente rinunciato.
Quando l’11 Ottobre 1962, si aprì il concilio detto Vaticano II, i suoi scopi erano ancora indistinti. Si doveva far brillare agli occhi delle nazioni lo splendore dell’unità cattolica, ringiovanire il volto della Chiesa, riconciliarsi con gli altri cristiani, senza vincitori né vinti, aprirsi al mondo, al dialogo con l’uomo moderno... Tutto ciò, argomento di tanti bei discorsi, era vasto e vago. Quattro sessioni di due mesi ognuna, ricondussero i 2.400 vescovi del mondo a Roma. Il Papa Giovanni XXIII, morì dopo la prima sessione, il giorno seguente la pubblicazione della sua famosa enciclica Pacem in terris. Il cardinal’ Montini, regolarmente eletto dal Condave il 21 Giugno 1963, prese il nome di Paolo VI, ed espresse la sua risoluzione di condurre a termine il Concilio. Infatti, nella sua Enciclica Ecclesiam suam ne adottò le principali intenzioni (6 agosto ‘64) vegliò attentamente sullo svolgersi delle tre sessioni seguenti e ne presiedette la chiusura solenne l’8 Dicembre 1965.

Che cosa resta del Concilio?

Secondo l’antica maniera, classica, ma fuori moda sembra, per esaminare l’opera di un Concilio, valgono soltanto gli Atti promulgati. Il II Concilio Vaticano, XXII Conciilio ecumenico, ha promulgato sedici testi di autorità e lunghezza diversissime:
Tre Costituzioni dogmatiche, sulla Rivelazione, la Chiesa e la Liturgia.
Una Costituzione detta « pastorale », sulla « Chiesa nel mondo di oggi ».
Nove Decreti, sull’Episcopato, il sacerdozio, i seminari, il laicato, le Missioni, l’Ecumenismo, eccetera.
Tre Dichiarazioni, documenti di autorità minore, ma due dei quali erano, in realtà, d’importanza capitale, sulla Libertà religiosa, sulle Religioni non cristiane, e in particolare sugli Ebrei.
Mille pagine di testo nel volume pubblicato in Francia dalle Edizioni del Centurione, o cinque volumi più manfeggevodi nelle edizioni correnti. Il Papa Paolo VI si compiace nel dire che questo è il catechismo nuovo per il nostro tempo.
Ma secondo lo spirito che ha presieduto la discussione, l’elaborazione e la promulgazione di questi Atti, l’importante è l’evoluzione delle mentalità e delle strutture di cui gli Atti sono piuttosto punti di riferimento, pali indicatori votati a essere capiti e poi superati e dimenticati. Quel che conta, dunque, di là dagli Atti del Concilio, sono i suoi orientamenti. La nuova regola della fede si itroverà più nel movimento avviato dal Concilio die nei testi medesimi. Importante è quanto è stato an- nunciato, voluto, promesso anche in Nome del Signore. È quanto si fa dopo il Concilio, anziché quanto fu stabilito e fermato nei suoi testi. Donde questo tensione... dialettica ohe constatiamo al presente, fra i campioni degli ATTI del Concilio e i campioni del suo SPIRITO, questi, riformatori futuristi non esitano davanti a nessuni sovversione, quelli, riformisti moderati, spesso pessimisti, di continuo sorpassati. Tutti si appellano al Concilio, ma lì si ferma il loro accordo. Ecco, per esempio, il Cardinale Daniélou e di fronte a lui, il Cardinale Suenens, riformisti nemici!
Riaprire il fascicolo del Vaticano II non può dunque significare uno studio fuori tempo degli Atti promulgati, ma vuol dire, come noi faremo stasera, ricercarne lo spirito delle prime manifestazioni, per seguirne lo sviluppo sino all’8 Dicembre 1965. Quel giorno, si disse, cominciava il vero Concilio. Le opere, i frutti del Conciilio si sarebbero poi palesati. Ma lo spirito già ne era fissato, lo spirito di riforma che durante dieci anni avrebbe dominato tutto e tutti nella Chiesa.
Il Concilio ha dato una mentalità diversa agli uomini della Chiesa. Quante volte ci è stato detto, per invitarci a cambiare ancfhe noi! Tocca a noi capire in che cosa consiste questa stupefacente conversione che ci è chiesta, anzi imposta, prima di risolverci ad accettarla.

1 - APERTURA DEL CONCILIO: AMBIGUO OTTIMISMO

La mentalità del Papa e della folla dei Vescovi all’apertura del Concilio è oggi del tutto dimenticata! Se ci atteniamo alle loro unanimi dichiarazioni, nel 1962, la Chiesa era in buone condizioni. Tutto, per quanto riguardava l’essenziale era altamente soddisfacente: la fede intatta, nessun errore la minacciava; la vitalità della Chiesa eccellente; la sua unità, la sua pace, la sua irradiazione nel mondo erano certe. È quel che dice Giovanni XXIII nel suo discorso dell’11 Ottobre, biasimando categoricamente « i profeti di sventura », e Paolo VI lo ripeterà con vibrante eloquenza all’apertura della seconda sessione, nel primo grande discorso del suo Pontificato.
Perché allora il Concilio? Non per fare opera dogmatica, non per toccare l’essenziale della fede, della morale, delle istituzioni, tutto ciò è perfetto e non occorre cambiarlo. Ma per far brillare di nuovo e attraente splendore quei valori sicuri, un poco velati e attenuati dalle consuetudini e dalla polvere del tempo. Si ringiovanirebbe il volto della Chiesa, senza toccare beninteso, la sua anima. Sarebbe l’Aggiornamento. Così i cristiani separati di Oriente e di Occidènte, si accosterebbero, entrerebbero nel dialogo, senza nulla abbandonare dei nostri dogmi né della nostra disciplina. Infine, sicura della sua verità, la Chiesa indicherebbe agli uomini le vere soluzioni dei problemi di giustizia e di pace ohe oggi li tormentano.
Insomma, all’inizio del Concilio si trattava soltanto di raccogliere, per una gestione migliore e un’adatta propaganda, i frutti della eccezionale vitalità e della incomparabile verità della Chiesa. Ecco quanto fu annunciato come certo, in virtù di un robusto ottimismo e quasi per una illuminazione superiore. Visti i « Segni dei tempi », visto il nuovo stato d’animo dell’umanità in quest’ora della storia del mondo, si promise che il Concilio sarebbe stato una « Nuova Pentecoste », la quale avrebbe inaugurato una meravigliosa « Primavera della Chiesa ».
Tutto andava dunque tanto bene alla morte di Pio XII? Il Papa, i Vescovi, i teologi esperti sapevano tutte le contraddizioni sofferte da Pio XII, la sua reazione del 1950 con l’Enciclica Humani Generis, le sue sanzioni contro un nuovo Modernismo e un progressismo divenuto virulento dopo la « Liberazione » del 1944. Allora, nel rileggere tante dichiarazioni d’ottimismo, scusatemi l’espressione un po’ forte, nel ritrovare una tale autosoddisfazione, iniziandosi l’autodistruzione della Chiesa, si leva la domanda: i promotori della riforma conciliare erano ingenui o perfidi? sinceri o ipocriti? Parliamo chiaramente: conoscevano l’ampiezza degli errori e dei disordini che già mettevano la Chiesa in. pericolo? Li giudicavano dunque così poco gravi e inoffensivi? O al contrario, li ritenevano raccomandabili e salutari? Vedevano in Freud, in Marx, in Teilhard che invadevano il mondo ecclesiastico, segni di progresso per la fede e per il rinnovamento della pietà cristiana? Impossibile un taglio netto. Già, l’11 Ottobre 1962, siamo nell’equivoco, nell’ambiguità. L’ottimismo bonario di Giovanni XXIII è, indubbiamente, cieco. Non gli piacciono le novità, ma ne valuta male i danni. Altri, vicino a lui, conoscono molto mèglio la virulenza delle idee nuove e dei progetti di riforma già largamente messi in opera soprattutto in Europa, ma pongono senza dubbio la loro fiducia nel trionfo di quelle idee, e della fazione sino ad allora tenuta in sospetto. Forse, loro stessi vi appartengono!
Tutto va bene, nella Chiesa di Pio XII, pensano gli uni. Tutto andrà meglio nella Chiesa sbarazzata da Pio XII e alla fine consegnata a coloro che egli ha esclusi, pensano gli altri. L’11 Ottobre l’unanimità è solo un’apparenza. Fin dal giorno dopo comincerà la lotta della fazione modernista per impossessarsi del potere nel Concilio... Per i lucidi partigiani delle idee nuove fu facile manovrare una massa di padri tranquilli che non credevano alla potenza del male... e del Maligno.

2 - LO SCAMBIO DECISIVO PER L’ORIENTAMENTO PASTORALE

Assicurato l’essenziale e giudicato intangibile da tutti, con giuramento, il Concilio si sarebbe occupato, per riformarli, dei particolari, del mutevole, dell’incidentale. Non avrebbe definito alcun dogma, né condannato errori, ma avrebbe cercato un nuovo linguaggio che potesse venire accettato e compreso dall’uomo moderno. Il « messaggio » è nel suo fondamento, immutabile, ma il Concilio ne cercherà nuove forme per introdurlo nel mondo delia scienza e della tecnica, di Marx e di Freud. Il Concilio non avrebbe cambiato nulla nei Comandamenti di Dio e della Chiesa, non gli sarebbe spettato nemmeno di ricordarli e di insistere sulla loro pratica, né di parlare delle virtù e del peccato, della vita eterna e della dannazione. Avrebbe piuttosto tentato di affiatarsi con l’uomo che li trasgredisce per cercare con lui il mezzo di rendergli accettabile e praticabile la morale cristiana. Le istituzioni della Chiesa non sarebbero state attaccate, ma il Concilio sarebbe andato incontro agli uomini che sono lontani, che sono fuori, di là dalle strutture giuridiche, di quel ghetto cattolico ed ecclesiastico, per tentare di raggiungerli nella loro stessa vita, in piena libertà « evangelica ».
(Notiamo, per quelli che capiscono, che questa è tutta la teoria e tutto il programma dell’Azione Cattolica degli anni ‘30, divenuti a un tratto propri della Chiesa universale!).
Conseguenza. Fermo restando e fuori di contestazione, quanto è propriamente divino nel Cattolicesimo, quel che viene da Dio e che è per Iddio, tutto l’essenziale è messo tra parentesi. Nessuno oserebbe dubitarne, tanto meno negarlo o contestarlo apertamente. Dunque, non ci se ne occuperà per il momento. Il Concilio, libero dalla preoccupazione dell’essenziale, si occuperà dell’uomo moderno, del mondo presente, di ciò che da lui viene; le sue domande, le sue esigenze, le sue aspirazioni, e di ciò che gli spetta, di ciò che è per lui; il riconoscimento della sua dignità e dei suoi diritti, il dialogo con lui, la ricerca del suo coronamento è della sua riuscita sulla terra. La Chiesa vuole mettersi al suo servizio.
Lo stabilire un secondo polo nella nostra religione, questo antropocentrismo, quando il teocentrismo era provvisoriamente messo da parte, suscitò un impeto irresistibile e universale. Praticamente, il Concilio fu invitato a mettete sempre avanti la preoccupazione dell’uomo invece della sottomissione a Dio e, per esempio, il desiderio di non dispiacere agli osservatori noncattolici, compresi i due ortodossi moscoviti – l’occhio di Mosca! – anziché quello di dispiacere a Dio... e ai suoi integristi! L’entusiasmo si volgerà piuttosto alla costruzione del mondo in collaborazione con tutti gli uomini, che alla conservazione della religione, della sua Chiesa e dei suoi fedeli. È quanto il padre Schillebeeckx chiamerà « ortoprassia », che in quel momento passò avanti all’ortodossia ».
Ma questa opzione conciliare, da pratica che era si farà insensibilmente teorica. La Riforma « pastorale » doveva unire la preoccupazione umanista e mondana alla preoccupazione prima del culto di Dio e della salvezza eterna. Aggiungere e non sostituire il culto dell’uomo al culto di Dio. Infatti, inesorabilmente, sotto la spinta di un partito estremista che sapeva quel ohe voleva, la Riforma pastorale si farà a poco a poco dottrinale. In tutte le questioni, i partigiani della novità, del cambiamento saranno in vantaggio sui difensori dell’ordine tradizionale e sui campioni dell’immobilismo. Questa era la Riforma alla quale l’orientamento « pastorale » del Concilio dava libero avvio. Era una rivoluzione che non osava dire il suo nome.
L’orgoglio doveva fare il resto. Il Padre de Nantes ha spesso formulato, riferendosi al Concilio, il dilemma seguente, che non ha mai ricevuto una risposta valida. O il Concilio si è accantonato nel campo delle cose accessorie e mutevoli, e allora è il minore di tutti i Concili. Oppure, come si dice, e come ci è imposto di credere, è un grande Concilio, il più grande di tutti i tempi, che apre un’epoca nuova; ma in questo caso ha riformato l’essenziale, ha rinnovato quel che prima di lui si credeva immutabile... Altrimenti, non ha fatto nulla! Travolti dall’immensa vanità collettiva eli essere un grandissimo Concilio, i Padri hanno infine sostituito una nuova « pastorale » antropocentrica alla religione teocentrica di sempre. Non vi sono state novità grandiose che a prezzo di questo mutamento.
Qui trova posto un’altra domanda. Quanti Padri conciliari hanno creduto veramente, hanno continuato a credere e credono ancora oggi, che la nuova Pastorale è venuta ad aggiungersi semplicemente alla Religione Cattolica immutata? Certamente, una maggioranza schiacciante. Quanti hanno saputo e voluto che, col pretesto dell’adattamento, il Cattolicésimo antico cominci a decomporsi e una nuova fede, una nuova morale, una nuova comunione cristiana escano da questo autentico mutamento? Un numero infimo tra loro. Hanno dunque fatto quel che non volevano fare, tutti quei Vescovi che al seguito di Giovanni XXIII e poi di Paolo VI, sognavano soltanto di portare un felice perfezionamento all’antica religione cattolica, come forse l’Antico Testamento aveva trovato il suo coronamento nel Nuovo.

3 - VITTORIA DELL’AMBIGUITÀ’ NEI TESTI DI COMPROMESSO

Se Roma, vale a dire la Curia, attaccatissima alla tradizione romana, avesse serbato l’effettiva direzione del Concilio, il dibattito sarebbe avvenuto su testi preparati in precedenza, che avrebbero conservato la sostanza della fede e della legge cattoliche. Novità apologetiche e pastorali, anche ecumeniche, desiderabili e augurabili, avrebbero potuto esservi aggiunte. Sui dogmi antichi, la Chiesa conciliare avrebbe fatto versi nuovi. Finalmente!
Ma, fin dalla prima sessione, il Potere reale fu preso, legalmente o no, bisognerebbe vedere, dai Novatori che fecero ammettere, anche contro la maggioranza – oh democrazia! – i loro schemi, in cui l’audacia, l’insolito, il paradossale, il mondano primeggiavano sotto il pretesto di pastorale biblica, ecumenica, moderna. Questa confisca dell’Assemblea ancora incerta alla fine della prima sessione, fu definitiva all’ tempo della famosa « Rivoluzione d’Ottobre » che segnò la seconda sessione, nel 1963. La novità si impose allora contro la Tradizione; le esigenze degli Altri, del Mondo, presero il sopravvento sui diritti di Dio, della Chiesa, delle masse dei fedeli cattolici. Fu, per parlare in linguaggio marxista, una vera « alienazione » della Chiesa.
Tutto ciò andava troppo in fretta, e si spingeva troppo lontano per non provocare una frattura. Qualcuno lo sentì, e seppe prevedere in quale impossibilità di promulgare un qualsiasi testo si sarebbe presto trovato il Concilio. Tutti sarebbero stati bloccati dal partito integrista che avrebbe avuto facile giuoco nel notarvi l’eresia. Sarebbe caduto l’equivoco, l’unanimità conciliare sarebbe andata in pezzi. Mai la Riforma avrebbe potuto essere stabilita attraverso un voto maggioritario, fuori dai quadri della fede cattolica. Si correva verso il fallimento definitivo. Bisognava dunque frenare lo slancio, contenere l’audacia dei riformatori. Paolo VI, perché fu lui, cominciò, durante la terza sessione, a frenare il movimento, e anche a resistergli. Impose alcune correzioni, che l’ortodossia esigeva, sugli schemi più audaci.
Sarà questa la seconda stazione, la « lunga notte » del Concilio, per parlare come Fesquet, Congar e Laurentin. In quell’epoca, gli integristi saranno meglio ascoltati; ritroveranno una qualche libertà di parola, e anche un qualche potere per gli emendamenti e le attenuazioni delle audacie che i Riformisti avevano inserite nei testi in discussione.
Vi saranno alcuni modernisti che grideranno al tradimento del Papa, altri integristi applaudiranno alla conversione! Gli astuti capiranno presto che tutta l’azione di lui mirava, in quel momen- to, a salvare la Riforma dei Novatori, e quindi il prestigio del Concilio, manovrando per ricomporre l’uanimità, fosse pure su testi di compromesso, e a colpi di equivoci a lungo calcolati. Coi suoi emendamenti reazionari, Paolo VI riconciliava la minoranza integrista con testi in sostanza modernisti e virtualmente eretici. Il Papa salvò il movimento che da allora potè riprendere la sua corsa accellerata. L’unanimità si volse in abitudine e durante la quarta e l’ultima sessione furono votati testi incredibili, quale il famoso Gaudium et Spes del cardinale Garrone e del defunto Monsignor Haubtmann. Si sarebbe firmata qualsiasi cosa, tutti insieme. Al dire dei giudici migliori, e di tutti i partiti, era tempo di farla finita.

4 - UN CONCILIO DA RIFARE: LA LETTERA E LO SPIRITO

Vi ricordate ancora la chiusura del Concilio, il 7 e il 8 Dicembre 1965? A Roma c’era l’euforia di una immensa distribuzione di premi. Maritain era il grande premiato, Congar e de Lubac anche. Il Papa annunciava il trionfale successo della Riforma e proclamava infine nella Chiesa il culto dell’uomo. Un tale sentimento di vittoria non fu risentito da per tutto. Tanto a destra, quanto a sinistra, si sentiva confusamente che l’equivoco non era dissipato.
Quella unanimità era una lustra. In termini giuridici si può dire che gli Atti del Concilio non hanno che un « titolo specioso », in gergo si direbbe: questa unanimità non è che una bidonata! Gli uni hanno votato sì, a quanto era innovatore nel testo. Gli altri hanno votato sì, per via delle restrizioni, riserve incorporate, come troppo evidenti riempitivi, in quegli Atti per salvarne il carattere cattolico! E la massa dei Vescovi ha tutto accettato sotto la garanzia, per loro sufficiente, della volontà del Papa.
Ma lo scivolamento della Riforma comincerà fin dal giorno dopo. Si capisce in quale senso. Gli integristi sono stati condotti dal giuoco audace e sconcertante di Paolo VI ad accettare la Nuova Riforma, rassicurati, grazie alle correzioni aggiunte ai Testi e ora fissate negli Atti del Concilio! Ma i Modernisti, essendo riusciti a far passare all’unanimità le loro idee fondamentali, potranno sfruttare facilmente questo risultato valendosi dell’accordo generale per lasciar cadere nella dimenticanza i blocchi erratici del residuo integrismo, che avevano funzione soltanto provvisòria e tattica. Per loro, quél che conta, non sono gli Atti fissati, ma la dinamica dello Spirito. Questa cancella già tutti gli elementi ritardatari... La Nota Praevia che doveva correggere il testo sulla Collegialità. L’Introduzione contraddittoria alla Dichiarazione sulla Libertà religiosa. Le correzioni portate, per mano stessa del Papa al Decreto sull’ecumenismo, eccetera, tutto verrà presto trascurato, rifiutato come concessioni tattiche fatte alla minoranza perché firmasse, ma respinte adesso come ostacoli al movimento conciliare.
Il Vaticano il si è concluso in un'apparente comunione collegiale, ma di fatto in una reale confusione da Torre di Babele. Lo Spirito del Concilio era ancora lo Spirito Santo? Si può, si deve dubitarne, perché i frutti dello Spirito Santo sono noti : la fede, la carità, l'unanimità cristiana, la libertà deI bene, la pietà. Mentre, l'8 Dicembre 1965, comincia l'autodemolizione della Chiesa...
Tuttavia, non v'era nel vasto monda nessun movimento d'opposizione al Concilio e alla sua Riforma. Di oppositori dichiarati non ne conosco che uno solo, è qui, su questa tribuna. Tutti, da Marcel Clément a Mandouze, da Pierre Debray a Montaron professavano allora che quelIa Riforma era da Dio, una nuova Pentecoste che apriva una meravigliosa primavera della Chiesa. La massa dei vescovi, dei preti, dei fedeli, l'accetta da allora ciecamente, immaginando che le idee, le prospettive, gli orientamenti pastorali del Concilio in tutte le sue future creazioni, verranno a unirsi all’antica religione per ottenerle un trionfo inaudito nel mondo moderno... Ma da quel momento, il nocciolo dei Novatori, invece di andare in vacanza, si incrosta nei Segretariati e nelle Commissioni postconciliare. Vi comincia un immenso, un enorme lavoro: quello di sostituire progressivamente la intera novità conciliare all’ordine antico, in tutti i campi. Rimodelleranno il volto della Chiesa. Sarà la grande muta della Chiesa nel XX Secolo, come osano finalmente dire e scrivere.
Da allora, tutte le discussioni (accademiche!) che occupano l’opinione pubblica opporranno il riformismo conciliare (buono) al riformismo violento (cattivo). L’uno si attiene al Vaticano II, l’altro va oltre e pretende continuarlo nel senso stesso dei suoi orientamenti. Questo si appella allo SPIRITO del Vaticano II, quello alla sua LETTERA. Ma tutti respingono nelle tenebre esteriori coloro che non accettano questa Riforma e vogliono deliberatamente ignorarla, rifiutano loro la parola e ogni potere, anche in piccola misura. Tale il Patto infrangibile che salda il mondo ecclesiastico dòpo il Concilio: l’unico dovere è accettare la Riforma. Tutto il Vaticano II, discorsi e Atti, slogans e promulgazioni solenni, Concilio, paraconcilio... tutto è racchiuso nella professione di questa necessità prima e dell’incomparabile beneficio di una Riforma illimitata. Dopo di che, l’unanimità si discioglie!
Come può un Concilio imporre più della Scrittura e della Tradizione di Fonte divina che parlano chiaro, loro, imporre una Riforma che non si sa di dove venga, né dove porti? No, tali tenebre non sono da Dio!
 
 

Parte seconda

IL POST-CONCILIO

del Padre G. De Linares
Sei anni fa, quando si concluse il Concilio, io avevo già una mia opinione: accettavo le dure, ma luminose dimostrazioni del Padre de Nantes sulla sottile mescolanza di verità e di errori che costituiscono il nucleo del Concilio, tanto nel suo SPIRITO inafferrabile, quanto nella LETTERA, troppo abbondante, spesso oscura, sempre equivoca, nella sua realtà romana, come nel suo urto con l’opinione pubblica. Mi riservavo tuttavia un giudizio definitivo... Il nostro assenso ai testi promulgati ci poteva essere imposto dal Papa con autorità costrittiva. Egli li poteva riportare vigorosamente nella linea dell’autentica tradizione. E poi, dall’uso che ne avrebbero fatto i nostri capi, da noi si sarebbe pienamente conosciuto la vera intenzione e la portata della nuova « pastorale » che appariva la grande conquista del Vaticano II.
Un’opposizione dichiarata non si addiceva, del resto, né alla mia età, né alla mia competenza: ero un giovanissimo vicario di parrocchia, ordinato prete da un anno. Risolsi di sottomettermi alle novità dhe ci sarebbero state imposte, a meno che non fossero assolutamente inaccettabili, ma tenni ad avvertire i miei superiori e quanti mi erano vicini, della mia ripugnanza a entrare nel movimento e ne diedi le mie ragioni di ordine dottrinale. Fu così che m’intrattenni a più riprese col cardinale Veuillot, arcivescovo di Parigi, che mi aveva ordinato e da cui allora dipendevo. Gli dichiarai la mia perfetta identità di vedute col Padre de Nantes e la mia intera solidarietà di cuore con la sua azione di resistenza e di opposizione alla Riforma conciliare. Il Cardinale non mi fece una colpa di quanto avevo detto, ma mi mandò da un padre gesuita, che incaricò di ricondurmi a idee più sane. Questo buon padre era pronto ad ammaestrarmi, ma rifiutava di discutere i testi e per iscritto. Il dialogo finì in nulla e col mio Cardinale tutto rimase allo stesso punto sino alla sua morte.
Quel che ha ricordato fratel Bruno, l’ho vissuto in Seminario; sono della generazione del Concilio e forse si coglieva meglio la realtà della Riforma un poco da lontano, dal Seminario d’Issy-les-Moulineaux, che nell’euforia di Roma stessa. Veduto dall’esterno, l’ottimismo dell’Ottobre ‘62 mi parve una specie di autosuggestione collettiva senza grande sostegno nella realtà. Si sarebbe visto che cosa ne doveva uscire. L’entusiasmo delle giornate di chiusura, nel Dicembre ‘65 mi parve anche più fittizio. Tutte le cineprese del mondo spianate contro San Pietro potevano dare al Papa e ai Vescovi l’impressione che il mondò trattenesse il fiato per meglio ascoltarli. Da qui a credere a una nuova Pentecoste... Ma a Parigi, anche il clero in mezzo al quale vivevo, se ne disinteressava già!
I nostri Vescovi annunciavano una meravigliosa primavera, un prodigioso rinnovamento della Chiesa nel cuore delle masse. Il clero ne ritenne soltanto, apparentemente, l’annuncio di una grande libertà di fare ciascuno a modo suo e ne seguì un rilassamento generale... Ma né Vescovi, né preti seppero vedere quale inverno arrivava, il più rigido che mai abbia vissuto la Chiesa al punto che alcuni dubitano possa scamparne. Gli autori e gli attori del Concilio non l’avevano prevista questa crisi! Anzi, ne avevano esclusa positivamente la eventualità. Profeti di felicità, Papa, Vescovi, teologhi e giornalisti, si sono dimostrati falsi profeti.
Immediatamente, in parrocchia, “in loco” lo scarto fra l’ottimismo grandiloquente dei teologi della Riforma, e il raffreddarsi dei cuori, il calo della pratica religiosa, l’indifferenza religiosa furono impressionanti. Ero allora a Lilas, un buon posto per farmene un’idea! Era l’oppositore del Concilio che aveva veduto giusto. Per pessimismo sistematico? Si fa presto a dirlo. Egli annunciava come ineluttabile esattamente la crisi che era venuta e nelle forme che io constatavo. E in anticipo, l’aveva messa in rapporto col Concilio: logicamente, quella Riforma della Chiesa ne sarebbe stata la rovina, e la sua rovina avrebbe fatto la disgrazia del mondo. Ogni giorno, in cento occasioni del mio ministero, dovevo accettare quelle dimostrazioni: tutto si volgeva in confusione, in disordine, in scetticismo... Sono passati sei anni. Che vi sia crisi nella Chiesa nessuno lo contesta più. Che questa rovina dati dal Concilio tutto lo prova e, più crudamente, lo provano le statistiche. È possibile allora negare che il Concilio ne sia la causa diretta, determinante, permanente?
Il Padre de Nantes lo affermò a priori, vale a dire prima che gli avvenimenti ne avessero dato la prova, col solo studio approfondito dei documenti conciliari. Ha saputo vedere gli effetti nelle stesse cause. Come Bainville, fino dal 1920, seppe leggere con incredibile precisione il concatenamento degli avvenimenti che, venti anni dopo, dovevano provocare la seconda guerra mondiale. A questo punto, la previsione sembra quasi profetica. Questi lavori di specialisti onorano il genio degli autori, ma commuovono poco le masse.
Ma a cose fatte, a posteriori, le loro dimostrazioni sono abbaglianti corroborate come sono dai fatti. Sarebbe criminale discuterli ancora. Il Vangelo dice bene: li conoscerete dai frutti... Quando un prete ha veduto, giorno per giorno, i frutti della Riforma conciliare che sono tutti, in cinque anni, una spaventevole decomposizione del cattolicesimo, come volete che si esiti ancora un attimo a designare nel Concilio l’orìgine di tutta la nostra sventura?
Se avessi esitato ancora, un’osservazione che feci in quel tempo sarebbe stata per me decisiva. Ogni volta che persone sagge, diciamo dei tradizionalisti bene intenzionati, invocano qualche testo del Concilio, contro i demolitori, non sono ascoltati, nemmeno in alta sede, come se quei testi fossero senza valore e il Concilio senza autorità. Hanno un «bel dire: Il Concilio dice che... fiato sprecato! La Gerarchia resta sorda, come a un richiamo a testi senza interesse. In cambio, tutte le sovversioni avvengono in nome del Concilio, a torto o a ragione, invocando il suo spirito, i suoi orientamenti o la sua dinamica, poco importa. Basta che i loro autori pronuncino la parola magica, Vaticano II, perché l’Autorità ceda tutto senza esame, senza discutere, e i fedeli siano abbandonati alle loro mani, asserviti alle loro invenzioni. Fosse accaduto una volta, due volte, si potrebbe invocare il caso. Ma è la storia di tutti i nostri dibattiti, di tutte le nostre resistenze durante sei anni, dopo il Concilio. Ho sempre veduto i tradizionalisti che si opponevano all’eresia, anche alla più grossolana, alla anarchia più folle, sconfitti perché invocavano il Concilio: sistematicamente il Concilio a loro non apparteneva. Ma ho veduto i modernisti e progressisti dominare la Gerarchia, completamente appiattita davanti a loro, al solo accenno al Concilio. È cosa che fa riflettere!
La mia testimonianza di giovane prete, vicario del sobborgo parigino, è questa: coloro che hanno fatto professione di seguire lealmente il Concilio e di adottarne la Riforma, sono stati tutti, assolutamente tutti, presi nell’ingranaggio della nuova Pastorale, e in questa solidarietà coi Riformatori si sono trovati ad agire contro la propria coscienza o a lasciare agire così i confratelli, senza potervisi opporre, e nemmeno dimostrare la loro disapprovazione.
Allora, LETTERA o SPIRITO, ATTI o ORIENTAMENTI, queste finte distinzioni od opposizioni non hanno una realtà. L’accettazione del Concilio travolge colui che vi consente, nel turbine senza fine e senza limite dell’autodemolizione della Chiesa, come attore o come spettatore rattristato, ma impotente.

1 - LA LUNGA NOTA DELLE BATTAGLIE PERDUTE

È un compito ingrato per me ricordarvi tutte le battaglie perdute dall’integrismo conciliare, contro la sovversione trionfante. Nessuna vittoria, o vittorie di Pirro. Una interminabile lista di sconfitte. Permettetemi di pensare che tanta energia non sarebbe stata spesa in pura perdita se, riflettendo di più ci si fosse opposti non al riformismo violento, in nome di un riformismo moderato, ma al riformismo in sé, indivisibile nel suo PATTO, nei suoi PRINCIPI e nei suoi UOMINI. La Riforma è un blocco. Bisognava opporle un Hocco senza fessure, anche più duro, una lega di CONTRO-RIFORMA, e si sarebbe vinto. Ma non è mai troppo tardi per fare bene!

Ricordatevi la battaglia contro Teilhard!

Era vinta in precedenza! Contro l’invasione di questa mistagogia « transcristiana » avevate l’Enciclica Umani Generis, e meglio ancora, nel 1962, il Monitum del Sant’Uffizio che proscriveva le opere di Teilhard «formicolanti di errori». Quando il teilhardismo parve acquistare diritto di cittadinanza nella Chiesa, nel 1966, alcuni amici tennero a Parigi una grande riunione sotto l’egida del Monde et Vie, per denunciare la grande svolta dei gesuiti » che passavano dall’anatema all’entusiasmo per Teilhard. Quando ebbero parlato, mirabilmente, del resto, due padri, saliti sulla scena, ebbero tuttavia l’ultima parola. Sì, ammisero, abbiamo cambiato rotta, ma per docilità verso la Chiesa del Vaticano II, nella fedeltà allo Spirito... Oggi, è la Chiesa « in stato di Concilio » che adotta Teilhard. I ribelli al Concilio e al Papa non sono dalla nostra parte, ma dalla vostra... E presentarono ai nostri amici Teilhard come esempio di obbedienza!
Infanti, il teilhardismo di Gaudium et Spes non ha bisogno di essere dimostrato. Ve l’ha iniettato Monsignor Haubtmann... E poco tempo dopo questa riunione parigina, come fatto apposta, il Papa stesso osava evocare Teilhard che, nonostante alcune ambiguità, proponeva una nuova espressione della fede, adatta alla mentalità scientifica del nostro tempo, conforme agli orientamenti e ai voti del Vaticano II! Oggi il cardinale Daniélou, come il padre de Lubac, non lasciano perdere occasione d’associare Teilhard al salvataggio della Chiesa in questi torbidi tempi, è la folla degli integristi applaude, rinnegando sé stessa per fedeltà al Papa e al Concilio!

Ricordatevi la battaglia per l’Eucarestia.

Fu durante il Concilio Che il mondo apprese le teorie scandalose e le pratiche sacrileghe dei modernisti olandesi. Si parla di « transignificazione » e di « transfinalizzazione », di conseguenza dopo la messa si gettano le ostie consacrate, si celebrano agapi dubbie in compagnia di pastori protestanti e di umanisti atei, non ci si confessa più, si riceve l’ostia nella mano, chiunque pronuncia delle parole di consacrazione sempre nuove... È un pasto di pane e vino.
Ma i testi liturgici del Concilio sono apparentemente fermissimi. E più ancora l’Enciclica Mysterium F idei che il Papa pubblica nel 1965, dia vigilia dell’ultima sessione. E di più il suo Credo, del 1968! Gli integristi avevano dunque ragione di dire: basta fondarsi sulle sagge e sane riforme liturgice del Vaticano II, seguirle, senza superarle, e l’eresia olandese sarà presto riassorbita?
La smentita arriva loro negli avvenimenti stessi. Senza forza contro l’eresia, l’idea della riforma liturgica, al contrario, le ha fatto strada ovunque, nel mondo intero. Inaccessibili alle nostre proteste, fermissimi nel respingerci, i Vescovi sono deboli come fanciulli di fronte a ogni innovazione e la sottoscrivono a due mani. La sola idea di apparire contrari alla Riforma li getta nel pànico. Loro stessi non osano più predicare la transustanziazione, permettono si distribuisca la comunione nei panieri, da donne in minigonna... Hanno paura delle donne. « Anche tu » direbbe loro una di quelle sfrontate « sei della Contro-Riforma! » E loro arrossirebbero e rinnegherebbero la loro fede.
A giudicare dalla pratica nelle parrocchie, vediamo sotto la bandiera conciliare venire avalliti una generazione di Vescovi e di preti che non oseranno più credere, o sembrare di credere, nella Presenza reale, vera e sostanziale, di Gesù Cristo nei nostri tabernacoli.

E i superamenti dell’ecumenismo conciliare!

Invocherete il Decreto del Vaticano II sull’ecumenismo, corretto di propria mano dal Papa, per contraddire gli incredibili eccessi dell’ecumenismo violento e anche quelli dell‘ecumenismo ufficiale. Ma invocare questo decreto sarebbe dimenticare che il padre Congar si portava garante, lui Congar, che i cambiamenti pontifici non cambiavano nulla al testo e non avrebbero impedito nulla di quanto era stato deciso. Come Congar era sicuro di sé! E sicuro che il movimento non si sarebbe arrestato!
Ora, lo stesso Paolo VI, nel 1967, permette a Barbarina Olson (una protestante) di comunicarsi nel giorno del suo matrimònio, senza abiura, né confessione. Nel 1968, il Cardinale Marella dà il medesimo straordinario permesso agli osservatori protestanti dell’Assemblea di Médellin. La cosa del resto viene praticata impunemente in Olanda. A Parigi, rue Vaugirard, presso i Laurentin, favoriti da un maggio contestatario, una celebrazione comune raduna cristiani di tutte le confessioni; Monsignor Marty deplora. Poi, nel 1970, il Decreto del Segretariato per l’Unità dei Cristiani accorda l’Eucaristia agli eretici... in casi urgenti. Il Vescovo di Nanterre inventa allora « l’urgenza della felicità » per permettere la comunione agli eretici e scismatici nel caso di matrimoni misti. Senza abiura e senza confessione...
Senza il clima conciliare, per tali azioni autori e complici sarebbero stati colpiti, ipso facto, da scomunica. Adesso non ci si capisce più nulla. Dal Concilio in poi tutto è permesso. Andate a opporvi brandendo i testi conciliari! Il Concilio ha voluto, come per ispirazione dello Spirito Santo, la riconciliazione di tutti i cristiani. Chi vuole il fine, vuole i mezzi! Del resto, il cardinale Willebrands ha detto ora che il Concilio aveva ritrovato le intuizioni più profonde di Lutero! E allora!

E il catechismo olandese per adulti!

Nel 1966 veniva pubblicata una Introduzione alla fede cattolica di un genere del tutto nuovo. Questa presentazione della fede adattata alla mentalità moderna è biblica, ecumenica, scientifica, mondana. Questo catechismo per adulti risponde esattamente ai desideri del Concilio. Non se n’esce: il Concilio l’ha voluto, DUNQUE non si può condannarlo, né riprovarlo, né vietarlo! E tuttavia, non insegna più la fede cattolica, ma la più violenta delle eresie: il Modernismo. Sollecitata a intervenire e a giudicare, la Santa Sede riconosceva formalmente gli errori gravi e numerosi del preteso catechismo. Non riuscì tuttavia a ottenere che gli autori li correggessero...
Il Cardinale Ottaviani segnalò allora alle Conferenze episcopali dieci errori gravi che si diffondono nella Chiesa e contro i quali li avvertì di reagire con fermezza. L’Episcopato francese se ne ride, l’Episcopato olandese risponde con una specie di sfida, redatta dal padre Schillebeeckx, che difende l’eresia su tutti i punti segnalati e che esclude, in nome dèi Concilio, ogni possibilità di condanna.
Oggi, Ottaviani ha dato le dimissioni, i Vescovi olandesi governano la loro Chiesa nazionale a capriccio e il Catechismo olandese, non corretto, è diffuso da tutte le parti, perfino a Roma, dove è elegante, per un seminarista, averlo come manuale di teologia. Il Credo di Paolo VI proclamerà è vero, su tutti i punti discussi, la fede cattolica ma per mancanza di correzione dell’errore, per mancanza di ìnterdizione del cattivo libro, per mancanza di condanna dei teologi modernisti ostinati, il Credo del Papa si sovrappone all’errore come un’opinione concorrente, e sono due espressioni possibili della fede cristiana. Anche così, il Credo del Papa si piazza meno bene; gli si rimprovera apertamente e impunemente la forma « scolastica », « medievale » che non risponde alle esigenze del pensiero moderno, né agli orientamenti conciliari!
Così, nella materia più grave che ci sia, il Concilio si è schierato durante tutta questa battaglia, contro la fede, per l’eresia. Lo spirito del Vaticano II ostacola la custodia della Rivelazione divina e si dimostra l’onnipotente rifugio e il migliore appoggio del Modernismo. Così il Concilio significa libertà dell’errore e soffocamento della verità. Lo diremo fino a quando il Catechismo olandese non sarà corretto o vietato. È un veleno per le anime...
La questione del Fondo comune obbligatorio in Francia, non è più consolante. È fin troppo nota. Nonostante la nostra opposizione, la Riforma ha vinto. Ovunque nel mondo, i catechismi hanno seguito il gusto del giorno sull’esempio del nostro, per la più grande sventura dell’infanzia. Anche su questo punto, il Vatidatio II doveva annullare il Condito di Trento!
D’altronde, il principale responsabile di questo attentato perpetrato contro l’infanzia cattolica, in Francia e nell’Africa francofona, il padre Orchampt è stato nominato vescovo, -mentre il principale organizzatore a conferenziere della campagna contro il Fondo comune obbligatorio, era anche lui convocato a Roma, al Santo Uffizio, nel 1968, per subirvi un processo d’eresia, da cui è tornato evidentemente indenne da ogni condanna, ma diffamato sul piano mondiale... IL PARTITO CONCILIARE SI DIFENDE!

La Battaglia della Messa.

È vero che il Concilio aveva deciso di rimaneggiare i riti e le preghiere della Messa e degli altri Sacramenti. È vero che ne aveva posti i principi, come ha confessato cinicamente Bugnini, in maniera così elastica e larga, da permettere alle Commissioni postconciliari la libertà d’inventare e di creare qualsiasi cosa. Fu dunque nella perfetta legalità, in applicazione, alla Riforma del Vaticano II, che la Commissione Lercaro-Bugnini pubblicò un nuovo Ordinario della Messa schiettamente ecumenico in cui il Sacrificio è cancellato a beneficio del pasto, e il ricordo della Cena sostituito al Memoriale della Croce. Il famoso articolo 7 esprime tutto ciò in una nuova definizione della Cena che non è più cattolica ma calvinista. Nella logica implacabile del Vaticano II, la Chiesa si volge verso il protestantesimo!
Senza dubbio, su questo punto, l’opposizione tradizionalista ha riportato una sicura vittoria. Precisamente perché la lettera dei Cardinali Ottaviani e Bacci al Papa Paolo VI non si appellava affatto al Concilio Vaticano II che, come la canna, trapassa la mano di colui che vi si appoggia, ma al Concilio di Trento. È cosa infinitamente più seria. La prova? Il Nemico è indietreggiato: l’articolo 7 è stato corretto. Allora fu necessario che il Papa impegnasse tutto il suo prestigio personale per imporre senza replica al mondo (quasi) intero la nuova Messa. E non ha nemmeno osato farlo per vie legali, né a suo nome, ma al nome del Concilio!
Quel che allora mi parve più illuminante, fu il passo della sua allocuzione del 26 Novembre 1969, in cui Paolo VI proclama l’abbandono generale del latino a beneficio delle lingue popolari, come una decisione del Concilio. Il vero Concilio e i suoi Atti ufficiali non hanno dettò nulla di simile. Hanno anche decretato esplicitamente il contrario. Non che il Papa siasi ingannato o abbia tentato di ingannare la Chiesa. È soltanto la prova, di per sé sufficiente, che il Concilio, per i suoi autori, è uno spirito, una mentalità nuova, una tendenza, un partito che si definisce da sé, non per ciò che è stato ma per ciò che diviene e diverrà: la Riforma della Chiesa permanente, illimitata, universale. Il Concilio è la Riforma. Il popolo cristiano cambia messa, cambia camicia, perché il mutamento è il Concilio e viceversa!

È necessario evocare anche la questione della pillola antifecondativa?

Fin da principio, l’antifecondazione e al suo seguito, il divorzio, i rapporti prenuziali, il matrimonio dei preti, l’aborto e, per finire, l’unione libera e l’omosessualità si sono insinuati nei dibattiti preconciliari, conciliari e postconciliari come iscritti nella linea dei loro orientamenti e delle loro preoccupazioni pastorali: dare agli uomini una morale dhe li renda padroni del proprio destino, concedere libertà di coscienza e pieno appagamento carnale. È vero che l’opposizione integrista riuscì a inserire in qualche punto il richiamo alla subordinazione delle coscienze individuali all’insegnamento del Magistero ecclesiastico. Sì, ma fu una parola che passò inavvertita.
Bene, quando il Papa condannò le pratiche antifecondative in termini formali e con un coraggio al quale teniamo a rendere omaggio qui, la questione doveva ritenersi giudicata dal Magistero supremo; ogni coscienza, ogni retta coscienza, doveva inchinarsi, in virtù dello stesso Concilio! Nulla di tutto ciò! Gli Episcopati, gli uni dopo gli altri, e il nostro con grande chiasso, contraddissero formalmente la dottrina tradizionale divenuta l’insegnamento di Paolo VI. Si valsero, per ingannare i loro popoli di argomenti sofistici depravati, autentiche offese a Dio, e si appellarono molto più giustamente dei loro oppositori, a un Concilio che intendeva, soprattutto, dare agli uomini licenza di seguire gli istinti e i capricci della loro natura carnale, alla ricerca di una felicità che nessuno doveva rifiutare loro.
Paolo VI così disprezzato, non intervenne. Non avrebbe potuto intervenire; la ribellione avveniva in nome delle conquiste inaudite di quel Vaticano II che egli non vuole a nessun patto rinnegare. Ahimè! Il suo divieto doveva trovare appoggio soltanto in alcuni riempitivi introdotti provvisoriamente nei testi, per placare i critici dell’integrismo. Humanae Vitae andava dunque contro lo SPIRITO del Concilio e contro la sua LETTERA in genere, per non parlare di una espressione reazionaria. Humanae Vitae fu dunque ritenuta superata, e molto contestata subito dopo la sua promulgazione! Anticonciliare, sebbene del 1968! Come il Credo, come tutto...
Nella mia parrocchia, il padre Oraison venne a risolvere il problema in giugno, prima del Papa. Tornò nell’autunno, contro il Papa, senza ritrattarsi affatto. Furono vane le nostre proteste; era lui, Oraison che aveva ragione. Andava nel senso del Concilio!

2 - PER LA SALVEZZA DELLA CHIESA:
ABBASSO IL VATICANO II, VIVA IL VATICANO III

Pensate all’itinerario spirituale di un vicario di sobborgo parigino, che per buona sorte ha avuto buoni maestri e buone letture, che liei 1968 resta ancora fedele alla Santa Tradizione della Chiesa Romana, consapevole delle ragioni della sua fedeltà. Porta la veste e dall’estate del 1962, vede tutti i suoi confratelli l’uno dopo l’altro abbandonare la veste per il clergyman o l’abito borghese. Non pensa affatto al matrimonio, non vi ha mai pensato, non vi penserà mai. E di continuo, dopo il Concilio, ude sospettare la virtù dei preti, arringhe in favore del loro matrimonio, e critiche debilitanti del celibato. Comincia a vedere intorno a sé, e sempre più apertamente, dei preti andarsene e ottenere le autorizzazioni necessarie per tornare presto a sposarsi nella loro stessa chiesa...
Questo prete amava la liturgia antica, credeva dhe l’avrebbe approfondita e se ne sarebbe nutrito per tutta la vita; aveva appreso le gravi ragioni per le quali la Chiesa, dal Concilio di Trento sino ai Papi Pio XII e Giovanni XXIII, aveva deciso di custodire gelosamente il latino come sua lingua liturgica, propria e inalterabile; amava il gregoriano come il tesoro dei canti polifonici e alcuni cantici dell XIX Secolo, che avevano affascinato la sua infaniza. In un batter d’occhio dovette rinunciare a tutto ciò. Per via dell’inevitabile aggiornamento conciliare. Che gli si para davanti dalla mattina alla sera come un ostacolo, sui familiari sentieri della sua felicità sacerdotale.
Nel 1968, gli sono giunti infine due successivi incoraggiamenti, il Credo di Paolo VI, e l’Enciclica Humanae Vitae. Il tempo di andare in una colonia per le vacanze, e torna in parrocchia per sentirsi obbligato ad adottare un catechismo contrario alla fede, e ad assolvere in confessionale quel che il Papa condanna come peccato mortale. Anche se conciliari, tali novità, simili colpi di forza, restano inaccettabili. Se rifiuta? Allora, non insegnerà più il catechismo e verrà liquidato come oppositore alla pastorale del gruppo! Nel 1969, uno sconforto anche peggiore: la Nuova Messa con le sue letture adulterate, falsate, il suo nuovo calendario liturgico! E il divieto di celebrare la Messa di sempre. Tutto è permesso, ma non celebrare la Messa romana antica! La Comunione nella mano, distribuita da ragazze, le messe domestiche sopra la tavola di cucina, dopo pranzo... Tutto è permesso, tolto il bene! Tutto ciò lo disorienta, lo disgusta. Sì, è disgustato.
Adesso, sempre in nome del Concilio, che ha preconizzato un « nuovo tipo di prete » ha esaltato il sacerdozio comune dei fedeli, teme che il suo Vescovo, una bella mattina, venga a informarlo che egli non è più prete del droghiere dell’angolo o della fornaia, e piuttosto meno, perché inutile. E voi vorreste ohe egli proseguisse la schermaglia d’onore dell’integrismo conciliare col Cardinale Daniélou?
No, no! O accettando l’implacabile logica del Vaticano II si avvierà per la grande scivolata che lo renderà alla vita civile, al matrimonio, al lavoro manuale e alla politica, o, per restare fedele, manderà bellamente a spasso, e per sempre, questo funesto Concilio, origine e causa di tutte le sue sventure e le nostre.
QUINDI,
Noi tutti, membri della Santa Chiesa, fedeli alla sua Tradizione apostolica, ci troviamo davanti a una scelta urgente e capitale. Se ci ostiniamo a riferirci al Vaticano II col pretesto che è il solo Concilio, la sola Autorità riconosciuta da tutti, saremo passati sotto il torchio, e finiremo, per obbedienza, modernisti in religione e progressisti in politica.
Se vogliamo restare quel che la Chiesa ci ha fatti, la sola resistenza valida consiste in un rifiuto assoluto e definitivo della Riforma pastorale uscita dal Vaticano II. Questo rifiuto può essere fatto con inerzia discreta, con lentezza calcolata. Ma se è pubblico e attivo, questo rifiuto dovrà per forza prendere il nome di Controriforma. Notate che questo nome torna sempre più spesso sotto la penna dei modernisti come quello che più richiama la loro ostilità. Segno che la Controriforma Cattolica, solo la parola, è già una loro sconfitta!
Per parte mia, già ritengo, mio dovere di prete, un onore e una grazia di Dio dhe mi viene offerta, l’impegnarmi sotto questa bandiera per meglio servire.
Questo rifiuto, pubblico, senza ambagi, dell’eredità del Vaticano II mi ha apportato subito una doppia gioia spirituale. Anzitutto, il sentimento di restare cattolico, fedele a Dio, ai nostri Padri, ai nostri Maestri, in piena libertà. L’obbedienza al Concilio era un incubo che, lo vedevo, non poteva finire se non in maniera tragica: o l’apostasia immanente dell’uomo di chiesa, che ha coscienza di rinnegare sé stesso, e lo fa per disciplina, o l’abbandono di una disciplina ecclesiastica divenuta odiosa e troppo contraria alla Verità di Dio! Mentre la Controriforma ci lascia in perfetta tranquillità spirituale, sottomessi al Magistero infallibile della Chiesa, e a tutta la sua venerabile tradizione, ma affrancati in rapporto a tutte le stravaganze e i tetri disordini di dieci anni di Concilio. Che non hanno peso, per noi, di fronte ai diciannove secoli di verità, d’ordine e di santità.
Inoltre, la Controriforma, ovunque si afferma integrale, è in posizione di forza nei confronti dei suoi avversari. Dove l’integrismo conciliare è sempre battuto, l’idea della controriforma avanza e prepara la liberazione della Chiesa, dalle bande dei modernisti accampati nel suo santuario. Costoro si prevalgono del Vaticano II e ne saranno scacciati con lui. Quindi «ho detto al mio Vescovo: Lo Spirito del Vaticano II? No, Monsignore, non lo conosco, non voglio conoscerlo. Conosco solo lo Spirito Santo. "Dal momento che rifiuto qualsiasi altro Spirito stesso della Chiesa secolare, di prima del Concilio, la pretesa Nuova Pentecoste del Vaticano II e il suo Spirito transcristiano rientrano nel loro nulla. Tolto questo, sono figlio sottomesso del mio Vescovo e del Sovrano Pontefice in tutto l’essenziale della fede.
Oggi, mi sembra che tutta la Chiesa si avvicini alla sua Via di Damasco. Invece d’imporre il Concilio Vaticano II come il bene e la legge suprema, i migliori – e il loro esempio è contagioso – giungono a protestare contro questi effetti del Concilio e poi contro la loro causa che è il Concilio stesso. Bisognerà chiudere questa parentesi, così breve, per riprendere la grande marcia della Chiesa attraverso i secoli.
Resta da implorare Dio che dia ancora un avvenire alla Sua Chiesa. Resta da volgersi verso il Papa della Restaurazione cattolica e verso il Concilio Vaticano III della riconciliazione dei cristiani, òhe spazzeranno via tante follie, ristabiliranno nella Chiesa la pace, l’unione, l’orgoglio di essere discepoli di Gesù Cristo solo, per la vita e per l’eternità.
Perché la Chiesa durerà sempre!
La parola al Padre de Nantes. Non occorre ve lo presenti. Ricorderò fra i suoi titoli il solo di cui sia orgogliosissimo, quello che soprattutto ce lo fa amare e stimare: il Padre de Nantes è prete, vero prete di Gesù Cristo. Ho qui sotto gli occhi la sua carta d’identità sacerdotale che lo dichiara – in latino – degno di celebrare il Santo Sacrificio della Messa, di ascoltare le confessioni, di amministrare i sacramenti ovunque, salvo decisione contraria del Vescovo del luogo, e questo Celebret è firmato dal Vescovo di Grenoble, da cui il Padre de Nantes dipende, Monsignor Matagrin, al presente delegato dal nostro episcopato al Sinodo di Roma.
Il Padre de Nantes ci parlerà del Terzo Concilio Vaticano, avvenire della Chiesa!

 

Parte terza

PREPARARE IL VATICANO III

del Padre Georges de Nantes
Miei cari amici,
è cominciato il riflusso. L’ondata d’alta marea che, dieci anni or sono si è abbattuta sulla Chiesa, veniva da molto lontano e la sua forza distruttiva era, senza dubbio, prodigiosa. Si è stupiti del mutamento avvenuto nella Chiesa romana, in dieci anni appena. Ma questo si preparava da cinquantanni... Dal mio modesto posto di osservazione, l’avevo veduta venire. Abbiamo avuto il tempo di conoscere quel modernismo e quel progressismo durante i venti anni del pontificato di Pio XII, quando già battevano contro le dighe della Chiesa e minacciavano di dilagare, se un giorno quelle si fossero rotte. Ma calcolando, in anticipo, il disastro, pensavo che l’ondata si sarebbe, in ogni caso, infranta contro alcuni ostacoli che non avrebbe potuto né aggirare, né rovesciare: la Santa Messa, il Catechismo, l’infallibilità del Papa. Insomma, la Chiesa si sarebbe salvata, sorretta saldamente dalle due salde colonne: il Concilio di Trento e il Concilio Vaticano primo.
Questi ostacoli stessi apparivano ieri ancora, sommersi e quasi travolti dall’ondata. È bello credere nella Chiesa e sperare nel ritorno trionfante dell’aurora durante gli spaventevoli momenti della tempesta e della notte. Fin da oggi vi dico: abbiamo avuto ragione di sperare. Il frangente rallenta la corsa, la sua forza si estenua. Al Sinodo di Roma, per mezzo dei loro rappresentanti qualificati, la Chiesa Povera, la Chiesa perseguitata, la Chiesa missionaria, per un momento stupefatte davanti all’insolenza delle Chiese contestatarie di Europa e del Canadà, in una parola davanti alle chiese libere, ricche, stimate, si rialzano. Non abbiamo inteso, nelle discussioni sul Sacerdozio evangelico e sul celibato consacrato, le loro proteste contro i nostri abbandoni? E, novità inaudita, la radio e i giornali ci parlano dei nostri Episcopati occidentali come della « minoranza operante ». Lasciamo andare l’aggettivo lusinghiero, riteniamo soltanto l’ammissione’, sono una minoranza! Al Concilio, dal primo momento sino a ieri, la minoranza era l’opposizione tradizionalista. All’epoca del Sinodo del ‘69, il progressismo fu timidamente contraddetto dagli Africani, dagli Asiatici e dai Vescovi venuti dai paesi del freddo... Ora, il rapporto di forza si è invertito, comincia il riflusso: i mestatori si riconoscono in minoranza.
Avevamo ragione, contro i disperati, di credere non in noi stessi, poveri uomini senza autorità né prestigio, ma nella Chiesa, nella fede indistruttibile della Chiesa gerarchica. Essendo stati fra quelli che denunciarono con maggior vigore il cancro della eresia modernista, le sue aderenze e tutte le sue metastasi, non ci siamo stancati di ripetere che il cancro non era tutta la Chiesa e che la malata non doveva essere confusa con la malattia. Eravamo sicuri che sarebbe venuto il giorno, e noi lo avremmo visto, in cui la Chiesa avrebbe superato il suo languore, fi si sarebbe liberata del suo male. Il cancro modernista non sattebbe stato che un incidente, mentre la Chiesa avrebbe continuato il suo pellegrinaggio verso l’eternità, fedele al suo Fondatore, Gesù Cristo.
L’impostura non permane dove regna lo Spirito Santo di Dio, mandato dal Cristo. L’equivoco, così esattamente descritto e stigmatizzato dal nostro fratello Bruno Bonnet-Eymard, eretto dal Vaticano II a principio ecumenico e pastorale, non è sorretto da quello Spirito Santo che è Spirito di verità. Uditelo dire ai suoi fedeli di tutti i tempi: che il vostro sì sia sì, no, se è no. Era saggezza pensare che nella Chiesa gerarchica sarebbero rimaste abbastanza anime leali, che passato il momento di stupore gli equivoci si sarebbero un giorno dissolti. E così, il ricatto che pesa su tutta la comunità dei fedeli, ricatto della Riforma, ricatto dell’ecumenismo, ricatto della fedeltà dovuta al Concilio. Il ricatto non è nelle abitudini dello Spirito Santo. Era bene, durante l’oppressione, prevedere il riflusso. Per parte mia, conosco troppi vescovi e troppi preti, i quali, per solidarietà postconciliare, collegiale, esercitano ancor oggi quest’abietta pressione sui loro fedeli, ma controvoglia, ma vergognosi e furiosi contro sé stessi, per non saperne indovinare la fine prossima.
In una parola, lo Spirito Santo, Spirito di Verità, di Libertà, di Carità si riversa a torrenti nella Chiesa dalla sua Testa romana sino alle estremità del grande Corpo, infondendovi una vitalità sufficiente a salvarlo dalla Menzogna, da ogni disordine, da ogni ingiustizia. La Chiesa infallibile e santa, nonostante i suoi membri peccatori, lotta per istinto contro il cancro e lentamente, irresistibilmente lo isola per espellerlo dal suo organismo. Noi, con tutto l’ardore della nostra appartenenza cattolica vogliamo portare il nostro contributo.
Il nostro scopo, oggi, è la restaurazione, la rinascita della Chiesa nella riconciliazione di tutti i sinceri fedeli di Cristo. E come fondamento di questo accordo, di questo rinnovamento, proponiamo l’antica sentenza della Chiesa: In necessariis unitas, in dubiis libertas, in omnibus caritas che mi permetterete di tradurre: UNITA’ NELLA FEDE, LIBERTA’ PER IL BENE, E SEMPRE CARITA’! Che la riforma del Vaticano II abbia apportato la divisione nella fede, è incontestabile. Respingerla, riporterà fra noi l’unione. Che siasi imposta con la forza, ne abbiamo fatto l’esperienza. La prova è che non è mai stata veramente adottata dalla Chiesa. Sospenderla renderà a tutti la libertà del cristiano. Allora, rifiorirà, mistica e conquistatrice, la carità che è indissociabilmente Amore di Dio e del prossimo là, dove il culto dell’uomo, astratto e grandiloquente a un tempo, ha congedato il tenero e consolante culto di Dio dalle nostre chiese, e l’ammirabile devozione dei cristiani ai loro fratelli umani, cominciando dai più diseredati e dai più infelici.
Non perdo di vista lo scopo del mio discorso: dimostrarvi ohe l’opera di restaurazione della Chiesa e di riconciliazione fraterna dei cattolici sarà compiuta da un altro concilio ecumenico, che già chiamiamo, per ipotesi di lavoro, VATICANO III.
È evidente, del resto: quanto fu fatto da un papa può essere disfatto dal medesimo papa o da un altro. E quello che è stato fatto da un concilio preteso « pastorale », non avendo nulla d’irriformabile, può senza dubbio essère disfatto o riformato dal Papa solo, o meglio, da un’ altro concilio, dogmatico, questo, che decida in maniera irriformabile e infallibile, per uscirne definitivamente!
L’idea del Vaticano III, l’avevo lanciata non a caso, ma in virtù della logica millenaria della Chiesa, fino dal 1964. Altri l’hanno ripresa, con iattànza, come il Cardinale Suenens, come il Padre Congar, essendo quasi l’annunzio della loro vittoria definitiva, e il compimento delle precarie conquiste del loro Vaticano II. La Controriforma Cattolica accetta la sfida. Vogliono un Vaticano III e definitivo? Bene che l’abbiano, vi saranno polverizzati. Non da noi. « Non nobis, Domine, non nobis, sed Nomini tuo gloriam ». La gloria andrà alla potenza di Dio che opera nella sua Chiesa, con noi, o senza noi, poco importa. Ma sarà il più bello dei miracoli, che Dio salvi la sua Chiesa per mezzo della sua stessa Chiesa.
È certo, che lo Spirito del Vaticano III è già tra noi, ecumenico, vale a dire, operante in tutto e in tutti, nella Chiesa. Dico « già » mentre dovrei dire sempre e da sempre, infatti lo Spirito Santo stesso dalla Pentecoste, la prima, l’unica Pentecoste della Chiesa, è uno spirito di controriforma, Spirito di riconciliazione e di Restaurazione secolare. Il riflusso dell’errore ci annuncia la fine del diluvio. E la nostra Controriforma Cattolica è la colomba messaggera di pace che annuncia il ritorno dell’Alleanza di Dio con gli uomini, oggetto della sua misericordia, per intercessione della Vergine Maria.

1 - IL VANGELO E LA CHIESA

Il prossimo Concilio, sarà in primo luogo un’affermazione della Chiesa, perché la Chiesa è stata vituperata, infamata, svergognata dagli stessi uomini di Chiesa durante questi dieci anni di Riforma. Affermazione della Chiesa come Sposa di Cristo, Sposa fedele, saggia, compagna che riflette in sé, ai nostri occhi abbagliati, lo splendore del viso divino e umano di Gesù Cristo. Sì, affermazione della Chiesa, come portatrice del Vangelo, poiché gli impostori moderni hanno preso, come parola d’ordine, la parola profanata del Vangelo, accusando la Chiesa di averlo tradito, falsificato, corrotto.
Lo sentiamo ancora risonare nelle orecchie ripetuto da mille bocche: « IL VANGELO SI’! LA CHIESA NO! ». Per la prima volta l’ho letto nei quaderni dell’insensato movimento che, negli anni, fra il ‘45 e il ‘50 si chiamava « Gioventù della Chiesa ». In mille modi, era sempre la medesima rivolta contro la Chiesa, sotto lo stesso pretesto di ritrovare lontano da lei il Vangelo, te a questa prima impostura, il Concilio ne ha aggiunto una seconda: avendo ritrovato il puro Vangelo lontano dalla Chiesa e contro di Lei, i nostri Pastori hanno formulato il progetto di riformare la Chiesa per renderla conforme alla loro ritrovata idea del Vangelo!
Questo illuminismo e questa sarabanda di illuminati contro l’Istituzione cattolica è tutto Lutero e luteranesimo. Lutero torna, Lutero è superato!

LUTERO TORNA

Il Vangelo autentico del Cristo infiamma i cuori nel desiderio di convertirsi e progredire nella Via, sul cammino della perfezione. Di secolo in secolo la Chiesa ha insegnato agli uomini la esigenza di questa conversione. Formava in loro l’immagine del Cristo. Tale era la sua santità educatrice. Così ciascuno si convertiva e docilmente si lasciava riformare dalla Chiesa, per dolorosa che fosse l’operazione, al fine di ottenere la Vita eterna.
Ma in ogni tempo, si sono levati uomini poco curanti di emendarsi, nuovi farisei, invasi dal desidèrio di riformare gli altri, anziché sé stessi. Quando questi turbolenti mirano di là dalla correzione degli altri uomini, per darsi la missione di riformatori della Chiesa stessa, allora meritano il titolo di eretici e di scismatici. Lacerano la veste inconsutile.
È legge costante che questi uomini si cerchino una garanzia, una autorità ohe possa innalzarli più in alto della Chiesa contro la Chiesa. Di tali autorità non esiste che una, quella del Cristo e del suo Vangelo. Per questo l’appello al Cristo contro la Chiesa risuona di secolo in secolo sulle labbra di tutti i riformatori orgogliosi. Si pretendono « Evangelici » come se la Chiesa da lungo tempo non lo fosse più! Si appellano alla Scrittura la cui forma consolidata rende in apparenza meno deformabile e che pare più vicina al Cristo, ma la cui antichità espone di più alle interpretazioni fraudolente e ai rimaneggiamenti, contro la Tradizione che è più vicina a noi, viene sino a noi e non si lascia né deformare né rivendicare da nessuna particolare setta contro la universalità cattolica.
Così Lutero, incapace di riformare sé stesso e caduto schiavo della sua cupidigia carnale, si libera delle sue angosce spirituali brandendo il Vangelo contro la Chiesa. Questo spirito d’orgoglio e questa emancipazione delle cupidigie carnali sollevò una tale tempesta nell’Europa cristiana che il suo scisma non si è ancora estinto, tutt’altro, dato che è proprio all’origine della nostra presente sventura. Il primo passo è stato fatto dal protestantesimo.

LUTERO SUPERATO

     I Modernisti del principio del secolo, che san Pio X vittoriosamente refutò, erigevano in principio scientifico questa contraddizione della Chiesa col Vangelo. Condannati, condussero una sorda guerra al Papato sino all’ultimo respiro di Pio XII. Allora, cominciò il loro regno alla luce del sole. Fu il segno dello scatenamento di Satana...
Chi contesterà che il Concilio Vaticano II siasi dichiarato Concilio evangelico quanto riformatore? Riformatore della Chiesa, dei suoi dogmi, della sua morale, della sua disciplina, e pochissimo, di fatto, nemmeno a parole, riformatore dei vizi, degli errori, dei disordini degli uomini di chiesa. Riformatore della Chiesa, per tornare alle fonti Evangeliche, esso pure, come Lutero! Riformatore della Chiesa in nome della Bibbia. Riformatore della Chiesa per la ritrovata fedeltà a Cristo! V’è nulla di più insensato, di più sacrilego? E per questo si invocava una Nuova Pentecoste, si parlava di Paolo II, « Paolo fuori le mura », e di Gerusalemme II, come se per fedeltà alla parola di Dio fosse necessario reinventare, ripartire da zero e costruire di nuovo la Chiesa!
      Vaticano II ha, prima di tutto, liberato questa « generazione perversa e incredula » dalla rigorosa sottomissione al dogma, alla morale, all’autorità delle istituzioni ecclesiastiche sotto il pretesto del puro Vangelo, di là dalle « stratificazioni » e « dalla sclerosi » dei contesti « socio-oulturali » trapassati.
Poi, questo Concilio ha incaricato gli studiosi, gli esegeti e gli storici, di ritrovare il senso primo e letterale dei testi sacri, lo spirito autentico della Chiesa primitiva, sempre al di sopra e contro la tradizione ininterrotta. Le teorie degli studiosi dovevano primeggiare sulla testimonianza e l’interpretazione anche infallibile del Magistero!
Infine, questa « Parola di Dio » era lasciata ad ogni prete o laico qualificato « profeta » con la missione di ritrascriverla, di transporla in un linguaggio adatto alla forma « socio-culturale » del nostro mondo moderno. Illuminismo giustificato dall’incredibile discorso sulla evoluzione dei linguaggi e delle culture. Praticamente, ognuno si è messo a tradurre, o più esattamente, a tradire, la Parola di Dio nelle parole umane. « La parola del Vangelo » adesso significa soltanto la pretesa di colui che la brandisce, a imporre i suoi oracoli come Parola di Dio.
« Ogni protestante fu Papa con una Bibbia in mano » scherniva Boileau. Il protestantesimo conciliare fa di più. Lascia cadere la Bibbia. Perché mai questo libro, quando lo Spirito ispira a ognuno la Tradizione di domani? E perché la Chiesa, dal momento che ogni uomo è profeta per illuminazione interiore? Tutti ormai sono chiamati a leggere nel loro giornale i « segni dei tempi », per proclamare un messaggio! Quando si arriverà a studiare, senza pregiudizi questa epoca insensata, si dovrà convenire che il fondamenta dell’Evangelismo Conciliare è l’ILLUMINISMO, veleno della Costituzione sulla Rivelazione. N’è risultato un DEMOCRATISMO collegiale, poi, collettivista o comunitario, veleno della Costituzione sulla Chiesa popolo di dèi. Per metter capo a un UMANISMO UNIVERSALISTA, negatore di ogni rivelazione e di ogni culto particolare, veleno della Dichiarazione sulla Libertà religiosa e della Costituzione sulla Chiesa nel Mondo di questo tempo.

LA CONTRORIFORMA DEL VATICANO III

In luogo di questo vuoto teologico, causa della leucemia di cui muore la Chiesa, poiché le personali illuminazioni dei nostri contemporanei mandano un suono falso, il nostro meraviglioso Terzo Concilio Vaticano comincerà col dichiararsi solidale con tutti i Concili e con tutti i Papi che, nel passato, diedero un insegnamento chiaro e irrefragabile. E guai a colui, papa, vescovo o prete che pronunciasse alla leggera questo giuramento. Identificatosi così con questo magistero invisibile, il Concilio lo dichiarerà solidale con la Tradizione, che rimane essa medesima, solidale con la Sacra scrittura, in maniera che sia da allora vietato appellarsi all’una contro l’altra. E tutto sarà così restaurato secondo il principio: « Chi vede me », dirà questa Chiesa, « vede il Cristo e chi vede il Figlio, vede il Padre! ». Appena affermata, questa identità, riformerà l’unità dèi vivi coi morti, della generazione presente con tutte le generazioni anteriori, sino a Cristo, sino a Dio! I cristiani vi troveranno il fondamento della loro riconciliazione e la botta di parata contro ogni riforma.
Questo sarà l’argomento di una PRIMA SESSIONE, in SEI CAPITOLI che fin da ora saranno studiati ed elaborati dai nostri Circoli di Controriforma Cattolica, mese per mese, durante quest’anno.
Capitolo. I - Le fonti della Fede (novembre 1971) Questa Costituzione dogmatica sarà la risposta cattolica alla Costituzione adulterata del Vaticano II, DEI VERBUM. Il Concilio proclamerà che la luce migliore per la Scrittura si trova nella Tradiizone e che le sole interpretazioni infallibili dell’una come dell’altra si trovano nella somma di tutte le definizioni del Magistero della Chiesa. Avremo finito di udire mille eresie in pulpito, di sopportare liturgie aberranti, e di abbandonare l’anima dei nostri bambini alle catechesi conciliari. Allora l’insegnamento del Magistero, la Tradizione e la Scrittura si troveranno saldate quasi dalla mano di Dio per fondare la nostra fede sulla roccia.
Capitolo. II - La Chieda Corpo Mistico di Cristo (dicembre 1971) Respinto il veleno della Costituzione LUMEN GENTIUM e della sua idea della Chiesa popolo di dèi, il Santo Concilio ristabilirà sulla sua base la perfettamente armoniosa piramide d’istituzione divina, dove ogni verità, ogni grazia, ogni direttiva discendono dalla sommità, dal Capo che è il Cristo, operante per il suo Vicario, il Sommo Pontefice, e il Corpo Episcopale unito a lui, in cui ciascuno è personalmente il Capo di una Chiesa locale. Così, di gradino in gradino discende la vita divina sino al popolo fedele. Questa definizione della Gerarchia, non nuova, ma costante, metterà fine all’anarchia « evangelica » che al presente disorienta le moltitudini, scatena le ambizioni dei mestatori e paralizza i pastori spodestati dei loro poderi. Con l’Autorità restaurata, l’ordine e la verità rinasceranno, e ovunque scaturirà, magnifica, la santità.
Capitolo  III - La Santa Liturgia (gennaio ‘72)  Questa Costituzione dogmatica restaurerà la dignità sacra del culto cattolico di rito latino, per il quale la Costituzione SACROSANCTUM CONCILIUM aveva sonato a morto. Finite le gospel-nights e le altre celebrazioni del culto che l’uomo rende a sé stesso. Finiti gli oracoli degli pseudo-profeti. Il culto di Dio ritroverà la sua bella ordinanza secolare, sicura nella sua ortodossia, ieratica nei movimenti, santa e umana a un tempo, santificante ma consolatrice e orante a un tempo. Di nuovo la liturgia sarà sorgente della fede e della gioia suprema del popolo cristiano. Sarà la comunione di tutti nella verità professata e nel culto perfetto reso a Dio da Nostro Signore Gesù Cristo.
Capitolo IV - Il sacerdozio cattolico (febbraio ‘72) Questa costituzione dovrà annullare il Decreto PRESBYTERORUM ORDINIS, il cui latente luteranesimo è responsabile della spaventevole crisi postconciliare. Il prete divenuto ministro della Parola non è più altro che un pastore protestante, il suo statuto clericale non ha più ragione d’essere. Il Vaticano III proclamerà il Prete, Uomo di Dio, ministro del Culto eucaristico, « separato dal popolo », e mediatore di lui presso Dio. Lo stato sacerdotale sarà restaurato nella sua più alta perfezione. Vi si proclamerà il celibato come la sua gemma più bella. Questo atto di fede del Concilio, sicuramente meritorio, basterà a risollevare il coraggio dei preti e a suscitare una mèsse di vocazioni.
Capitolo V - Il popolo fedele (marzo ‘72) Anche su questo punto il Concilio dovrà contraddire il Decreto APOSTOLICAM ACTUOSITATEM, il cui veleno nascosto suscitò una vita pagana tra i fedeli, e per rimbalzo in quella dei preti, tutti distolti dalle opere della religione per darsi alla « costruzione del mondo » e alla sua « consacrazione », come a quella di una torre di Babele. La Costituzione conciliare ricorderà ai fedeli i loro obblighi religiosi e morali, proporrà loro come ideale la ricerca « del Regno di Dio e della sua giustizia », e poi, « d’instaurare tutto in Cristo » per il ristabilimento della città cattolica, la Cristianità.
Capitolo VI - Le Missioni (aprile ‘72) Contraddire, ahimè, contraddire sempre il Vaticano II. Il decreto AD GENTES DIVINITUS, supremamente equivoco, spogliava la Missione del suo carattere proprio, per estenderlo in un senso vago e generico d’evangelizzazione. La sola cosa importante, convertire i popoli e battezzarli secondo l’ordine del Signore, v’era cancellata. Ne risultò uno scandaloso relativismo che, di colpo, inaridì le vocazioni, e distolse i missionari dal loro apostolato. Il Vaticano III chiamerà i suoi figli più coraggiosi ad arruolarsi nella milizia eroica dei missionari mandati fra gli infedeli per farne, a prezzo anche del loro sangue, dei cristiani. Questo è il servizio che la Chiesa deve al mondo.
In tutto, Dio ritroverà la Sua sovranità che il culto dell’Uomo del Vaticano II aveva leso. La fedeltà così ritrovata riporterà sulla Chiesa le benedizioni di Dio. Del resto, la sola riaffermazione della sua identità con un intero passato prestigioso ridarà un’intensa vitalità a tutto il Corpo mistico di Cristo; i suoi pensieri, i suoi sforzi si troveranno come fortificati e sospinti avanti dall’impulso dei secoli. La Chiesa intera ritroverà la sua gioia al servizio di Dio, il Regno di Cristo procurerà alle nazioni la pace del Cristo e gli uomini si distoglieranno dalla Rivoluzione... Infatti, il Vangelo della Riforma è divenuto, nel Concilio anche il Vangelo della Rivoluzione. I riformisti moderati, fedeli alla lettera del Vaticano II, sono partigiani del PROGRESSO DEI POPOLI attraverso la forza liberatrice del Vangelo, la rivoluzione dell’Amore, la non-violenza. I riformisti violenti, nello spirito del medesimo Concilio, eccitano la RIVOLTA DEI POVERI e giustificano la violenza e i violenti, invocando il Vangelo: « II Regno di Dio soffre la violenza e i violenti se ne impadroniscono ». In conclusione, coi suoi moderati e coi suoi estremisti, la Chiesa cattolica è divenuta la più grande forza rivoluzionaria di questi tempi, più grande anche del comunismo internazionale che non avrebbe potere nessuno coi suoi grossi battaglioni e il suo universo di campi di concentramento, contro l’Occidente, senza la collaborazione e la complicità dei cristiani progressisti.
Nulla in ciò che debba stupire. Quando si levano profeti, che, col Vangelo alla mano, fanno il processo alla Chiesa, e le ingiungono di conformarsi alle loro fantasie, si può bene immaginare che presto facciano lo stesso processo alla società intera. La Rivoluzione Francese del 1789 non è che il contraccolpo politico della Riforma luterana del 1517. Questo, tutti gli storici lo sanno. La mania del progresso si introduce da per tutto, l’ossessione della perfezione immediata si erige sia contro l’ordine politico, sia Contro la Chiesa. E sempre si ritrova la Bibbia, all’origine della chimera di un mondo nuovo, come di una nuova Chiesa. In un caso come nell’altro, si tratta di una rivolta contro la società umana in nome di qualcosa di più alto: Cristo liberatore, il Vangelo della Libertà, il Regno a venire, l’Umanità fraterna. Attribuendosi fonti ispirate, la Rivoluzione si fa prometea. Non ci vuole nulla a rovesciare la Chiesa e tutti gli Stati del mondo in nome del Vangelo, per cambiare la faccia della terra!

LAMENNAIS DI RITORNO

Chi potrebbe negare che la politica, intendo la politica rivoluzionaria, sia entrata nella Chiesa per la porta grande del Concilio? Fin dall’inizio dei lavori, col loro « Messaggio al Mondo », sino alla loro opera ultima, la famosa Costituzione Pastorale sulla « Chiesa nel mondo d’oggi » i Padri conciliari hanno manifestato un interesse troppo vivo per il mondo, per gli uomini, per la loro felicità terrestre, per la giustizia sociale e la pace mondiale. Si sono accorti che uscivano dal campo loro proprio e trasferivano, con la immaginazione, il Regno dei Cieli del loro Vangelo cattolico, nel mondo presente e più precisamente in quel campo chiuso in cui si affrontano gli interessi e i poteri temporali, la politica?
È Lamennais che ritorna, nel Concilio ecumenico! Il Vaticano II passava progressivamente dalla riforma interna della Chiesa, alla riforma esterna del mondo. Di fatto abbatteva le frontiere del temporale e dello spirituale, del morale e del politico, della natura e della grazia. Profetizzava l’Avvenire assoluto, senza sapere se sarebbe stato miracolo di Dio,  oppure, opera umana, e se questo paradiso era da cercarsi di là o di qua dalla morte !
Poiché credevano in un Vangelo nuovo, mai vissuto ancora nel corso di diciannove secoli di cristianesimo, i Padri conciliari desideravano dare al genere umano i piani di un Mondo nuovo e perfetto, in cui l’amore coniugale non conoscerebbe prove, nella vita economica non vi sarebbero né ingiustizie, né inegualità, né crisi, né oppressioni, né violenza, la vita politica accederebbe alla perfezione della democrazia integrale e della pace universale. Lo slogan della nuova ambizione clericale era: IL VANGELO È POLITICO. Rendere gli uomini felici sulla terra con un nuovo Vangelo, tale il suo nuovo ministero.

LAMENNAIS CANONIZZATO !

Quando i chierici si disgustano del Regno spirituale, quando la Chiesa s’immischia nel ricondurre gli uomini al paradiso terrestre, quando la mistica degenera in politica, quando Lamennais è canonizzato profeta e dottore della Chiesa, bisogna temere i peggiori disordini: apostasie, eresie, scismi, scandali nella Chiesa; ma anche guerre, rivoluzioni, odi inespiabili e violenze in tutto l’ordine umano. L’assoluto divino fa irruzione nel dominio eminentemente relativo delle faccende umane. Vi rompe tutto!
Il Vangelo rivoluzionario, è la volontà di rendere soprannaturale ciò che è naturale, di metterlo al posto di Dio! L’amore coniugale trasfigurato in beatitudine mistica guida all’idolatria e finisce nelle più atroci delusioni. L’idolo della Giustizia rende inespiabili le lotte sociali, gli scioperi divengono feroci, le contestazioni scelgono la violenza senza limiti. Le dottrine politiche, divenute parole di Vangelo si mutano in mistiche sovrumane, culto della Razza, dello Stato, della Classe e partoriscono i totalitarismi più inumani. Ma i preti rivoluzionari sono ipnotizzati da quelle forme politiche in cui trovano un succedaneo dell’Assoluto al quale avevano votato la loro predicazione e il loro culto. Il fanatismo contemporaneo è politico.
Il Vangelo rivoluzionario naturalizza il soprannaturale. Quando un progetto politico è divenuto lo scopo supremo, l’ideale assoluto della Chiesa, i suoi preti si impegnano a corpo morto nella sua conquista e mettono in moto per lui tutti i loro poteri. La messa, il catechismo, i sacramenti, divengono, con stupefacente conversione, mezzi di progresso dei popoli, della loro -liberazione culturale, mezzi per dare loro una coscienza collettiva. Breve, da predicazione del Vangelo, e da culto di Dio, l’evangelizzazione e l’attività apostolica si mutano in culto dell’uomo e costruzione di un nuovo mondo. Tale la febbrile opera di secolarizzazione della Chiesa postconciliare.
Vedremo adesso attuato il grande sogno di Lamennais: tutte le religioni riunite in un solo movimento universale per portare aiuto spirituale e tutta la forza divina alla grande rivoluzione mondiale? Una tale religione sarebbe il più forte dissolvente di ogni ordine stabilito, di ogni comunità storica, necessariamente imperfetta e vulnerabile. Dopo di che, il Vangelo sarà (?) il cemento migliore ài una umanità nuova, libera, eguale, fraterna, fondata sulla giustizia, la pace e la libertà... I marxisti oggi, hanno capito ohe la critica evangelica della società era più mordente di ogni critica materialistica. Si contentano di tollerarla e di incoraggiarla solo dall’esterno!

VATICANO III... CONTRORIVOLUZIONARIO

Nel salvare la Chiesa, nel serbarle il suo carattere proprio di religione divina, il Santo Concilio a venire, salverà il mondo dalla grande tragedia rivoluzionaria.
« Cercate il Regno di Dio e la sua Giustizia. E il resto vi sarà dato per giunta ». « Date a Cesare quel che è di Cesare, e a Dio quel che è di Dio ». Il III Concilio del Vaticano proclamerà solennemente la vocazione sopraterrestre, soprannaturale, eterna di ogni cristiano e della Chiesa madre, in contraddizione con tutto il progetto di religione universale, di messianismo carnale e di rivoluzione evangelica. Un 1789 CRISTIANO universale e assoluto è escluso dalla stessa fede che, nel secolo scorso, respinse le visioni incendiarie di Lamennais.
Nel rinnegare questo ecumenismo teilhardiano e socialista, la Chiesa rende alla città terrena il più grande servizio. Spezza i suoi idoli e la libera dai miti favolosi. Nel ricondurre preti e fedeli al culto del vero Dio, nell’orientare i loro sforzi verso la loro conversione spirituale e morale, ella li distoglie a un tempo dalia riforma e dalla rivoluzione, ma ne fa i migliori operai della restaurazione politica e del progresso sociale. Senza illusioni insensate, essi esiteranno a distinguere e si daranno piuttosto a conservare tutto ciò che è, salvo il disordine! E a migliorarlo secondo quanto è possibile alla natura aiutata dalla Grazia. Le rivoluzioni distruggono pretendendo un ideale impossibile; i Cristiani si votano a completare l’ordine naturale e storico in vista di un altro Regno...
Una SECONDA SESSIONE dovrà occuparsi dei rapporti della Chiesa col mondo che la circonda e l’ossessiona. E verrà fatto in cinque capitoli, sconcertanti, a prima vista perché sembreranno ritirare la Chiesa dal servizio degli uomini e dalla collaborazione con le altre società, in vista di una felicità terrena. Tutto ben considerato, quando essa è pienamente sé stessa, nella sua giusta intransigenza, e nel suo esatto cattolicesimo, essa è la migliore amica del genere umano. Ecco dunque il programma della seconda sessione:
Capitolo VII - La libertà cristiana (maggio ‘72)
In contraddizione con la Dichiarazione sudila Libertà Religiosa, DIGNITATIS HUMANAE, questo Concilio proclamerà i diritti sovrani del solo vero Dio, Gesù Cristo, sulle nazioni e su ogni uomo riscattato dal Suo sangue prezioso. La libertà della Chiesa e quella dei cristiani ne derivano nella loro stretta definizione, puramente religiosa, e nel loro contenuto intero d’ordine morale, di giustizia e di carità.
Capitolo VIII - L’ecumenismo cattolico (giugno ‘72)
Contravvèleno necessario all’UNITATIS REDINTEGRATIO del Vaticano II, questa Costituzione proclamerà i diritti della sola Chiesa cattolica a essere tenuta per l’unica vera religione rivelata e fondata dal Figlio di Dio fatto uomo.
Reitererà il suo appello a tutti gli smarriti invitandoli a tornare. Ma proporrà le formule esatte di una intesa possibile fra tutti gli uomini di buona volontà, nel campo della giustizia naturale e del bene comune per la salvezza della civiltà minacciata e del suo progresso morale e spirituale.
Capitolo IX - La restaurazione dell’ordine umano (luglio ‘72)
Lungi dal teilhardismo di GAUDIUM ET SPES, questa costituzione dogmatica ricorderà i grandi principi cristiani di una « teologia della storia » e le leggi morali che devono comandare tutto l’ordine umano. Alla chimera romantica e rivoluzionaria del Vaticano II, il Vaticano III opporrà un progetto moderno di restaurazione della cristianità sul fondamento della legge naturale e della legge divina. Il mondo ha bisogno della morale cristiana.
Capitolo X - Inquisizione e crociate (agosto ‘72)
Contrariamente alle adulazioni formulate dalla Dichiarazione NOSTRA AETATE riguardo alle religioni non cristiane e al Giudaismo, il Vaticano III definirà le condizioni di persecuzione, di combattimento e difesa in cui la Santa Chiesa Militante deve vivere. Riabiliterà l’Inquisizione, vera polizia spirituale indispensabile alla salvezza dei fedeli e alla pace della Chiesa. Oserà chiamare i popoli civili alla Crociata contro la barbarie del materialismo ateo moderno, peggiore dei Turchi di un tempo. Renderà alla Chiesa l’unità, la pace, la sicurezza.
Capitolo XI - La perfezione dell’amore (settembre ‘72)
Ripreso ed epurato il Decreto PERFECTAE CARITATIS, il Santo Concilio terminerà con la definizione della vita perfetta, cominciata in questo mondo, seeondo i consigli evangelici, e continuata nella Beatitudine del Cielo. Ne affiderà la restaurazione alla Beata Vergine Maria, e ai Santi, protettori e modelli della Chiesa.

VATICANO III, TRIONFO DELLA CONTRORIFORMA
E DELLA CONTRORIVOLUZIONE

I Riformatori fanno risalire il tradimento del Vangelo compiuto dalla Chiesa, a Costantino (306-307). Quindi dall’anno 312, il trionfalismo, il giuridismo, il clericalismo hanno oscurato il messaggio di Cristo, e distolto la Chiesa dalla sua missione. Per fortuna, venne Lutero che recuperò il Vangelo. Colmo di fortuna, la Rivoluzione francese estese la riforma ai campi della vita politica e sociale. Il Vaticano II trova il suo. posto in questa colata riformistica. Precisamente perché questo Concilio pastorale si vuole erede di Lutero e di Robespierre, di Jean-Jacques Rousseau e di Lamennais, noi non ne vogliamo sapere, noi siamo CONTRO. Per serbare fede alla Tradizione secolare della nostra Chiesa e delle nostre Patrie, siamo ardentemente di Controriforma, e di Conttorivoliuzione. A queste vette del pensiero e della volonta, esse sono tutt’uno.
Questi dieci anni di Concilio hanno precipitato la conclusione di quella formidabile crisi del Cristianesimo e della Civiltà che comincia con Lutero e finiscecon Mao et con Murcuse.
Siamo alla vigilia del castigo che colpirà il mondo. Ma prima, bisogna che la Chiesa torni sé stessa e proclami la Verità di fronte all’umanità in rivolta contro il suo Dio. Per salvare quanto è restato retto e buono, per essere intesa dai poveri. Bisogna che un grande, un meraviglioso Concilio Ecumenico, il XXIII della Storia, lanci l’anatema sul Vangelo aberrante, anticristiano, anticattolico della Contestazione religiosa e politica, e restauri in tutta la sue pienezza il Vangelo del nostro dolce Salvatore. Nella notte che si addensa, bisogna si accenda un faro... E questo bisogna sia preparato. Dobbiamo proclamare che la Chiesa di sempre è la sola interprete divinamente sicura del Vangelo, e il luogo privilegiato della fedeltà a Gesù Cristo. Dobbiamo anche rifiutarci di confondere il Regno celeste con qualsiasi grande sogno di politica umana; dobbiamo distoglierci da tante chimere messianiche da cui procedono le violenze, le rivoluzioni sociali, le persecuzioni del nostro tempo. Così, capitolo per capitolo, ritroveremo, nel preparare il Vaticano III, le grandi Idee-Madri della nostra religione e della nostra civiltà armoniosamente legate le une alle altre.
La riunione di stasera è la prima di quaranta altre, che terremo in quest’anno attraverso tutta la Francia. Ritroveremo insieme quella dottrina antica e moderna della fede cattolica che esigono le presenti difficoltà. A Dio piacendo, qui stesso, l’11 Ottobre 1972, celebreremo non il decimo anniversario dell’apertura del funesto Concilio Vaticano Secondo, ma la chiusura definitiva del suo disordine e l’apertura di una Controriforma conciliare, preparatoria del Vaticano III. Quel giorno, vi daremo lettura del SILLABO DEL XX SECOLO, riassunto degli errori di cui soffre la Chiesa presente, e degli UNDICI PROGETTI DI COSTITUZIONI DOGMATICHE che proporremo ai nostri Vescovi e al Papa perché si pronuncino su di essi in virtù del loro Magistero Supremo.
Non temete! Quando i fedeli interrogano chiaramente i loro pastori, non possono riceverne che la Verità. Ma, insìsto. Per riuscire; non lasciamoci trascinare all’inseguimento di superficiali e immediati successi. Noi vediamo troppe gente di chiesa reagire contro gli efletti del disordine, usando riguardo alle cause. Bisogna risalirei con grande fatica, più su del cattivo orientamento, e il cattivo orientamento è il Concilio Vaticano II. Allora... Abbasso la Riforma! Abbasso la Rivoluzione! Viva per semppe nei nostri cuori e su tutta la terra, lo splendore di Roma cattolica, Roma eterna, lo splendore indefettibile della Chiesa dei Sacri Concili di Trento e del Vaticano I e, già lo speriamo, del Vaticano III. VIVA LA CONTRORIFORMA CATTOLICA E LA CONTRORIVOLUZIONE. Per Gesù e Maria, Amen!     
(Rivista “La Controriforma Cattolica” N° 50, Novembre 1971, p. 1–13)


Parte prima


Parte seconda



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