martedì 23 aprile 2013

LE PRIME CONDANNE PONTIFICE SETTECENTESCHE DELLA MASSONERIA

"Lettera Apostolica In eminenti di Clemente XII del 24 aprile 1738"
"Bolla Providas Romanorum Pontificum di Benedetto XIV del 18 maggio 1751"

La prima condanna ad opera delle autorità pontificie che venne emessa il 28 aprile 1738 dal pontefice fiorentino Clemente XII, nato Lorenzo Corsini, con la lettera apostolica In eminenti.


Massoneria e Chiesa Cattolica - Clemente XII
Clemente XII


In verità i papi non furono i primi a condannare la massoneria perché già tre anni prima l'Olanda aveva preso misure contro l'attività delle logge e in Francia, il 14 settembre 1737, venne proibita dal primo ministro, il Card. Fleury, ogni adunanza dell'associazione dei frey-maçons. Analoghi provvedimenti vennero in seguito adottati da altri paesi.
Questi precedenti repressivi furono approvati nella condanna di Clemente XII che ricordava come già molti stati avessero proibito le riunioni dei framassoni e rinnovava l'esortazione «che nessuno, per nessun pretesto o titolo colorato, osi o presuma di iscriversi alle dette società dei Liberi Muratori o Francs-Maçons o altrimenti nominate».
La bolla In Eminenti condannava la massoneria per una serie di motivi sia di carattere politico che religioso di cui i principali erano: la massoneria raccoglieva uomini di ogni fede religiosa che «si legano reciprocamente con un patto tanto stretto quanto impenetrabile, secondo leggi e statuti da essi stabiliti, e si obbligano con giuramento prestato sulla Bibbia e sanzionato da gravi pene, a occultare con un silenzio inviolabile tutto ciò che fanno nell'oscurità del segreto»; attentava la pace e la stabilità degli stati perché « da queste associazioni derivano grandi mali alla tranquillità degli stati temporali e non possono conciliarsi con le leggi civili» e infine perché ostacolava la salvezza delle anime. Per questi motivi e «per altri giusti e ragionevoli motivi a Noi noti» chi avesse aderito o in qualche modo « presuma propagarle, aiutarle, accoglierle nella propria casa o altrove, occultarle, esservi iscritto o aggregato, parteciparvi, dare il permesso o facilitare la loro convocazione in qualche luogo, prestar loro qualunque appoggio, oppure consigliarle, aiutarle o favorirle in qualunque modo, in occulto o apertamente, direttamente o indirettamente, di persona o per mezzo di altri; esortare, indurre, spingere o persuadere altri ad iscriversi.» incorreva nella scomunica ipso facto.
Sicuramente il comune denominatore che legava le misure repressive dei governi europei e la scomunica clementina era la clandestinità delle riunioni e il giuramento di segretezza sui lavori svolti. Questi due elementi furono all'origine delle misure adottate contro la libera-muratoria negli stati europei e nell'Impero ottomano prima e dopo la scomunica di Clemente XII.
Vararono provvedimenti antimassonici nel 1737 il Governo di Luigi XV di Francia e il principe elettore di Mannheim nel Palatinato; nel 1738 i magistrati della Città di Amburgo ed il re Federico I di Svezia; nel 1743 l'Imperatrice Maria Teresa d'Austria; nel 1744 le autorità di Avignone, Parigi e Ginevra; nel 1745 il Consiglio del Cantone di Berna, il Concistoro della Città di Hannover e il Capo della Polizia di Parigi; nel 1748 il gran sultano di Costantinopoli; nel 1751 il re Carlo VII di Napoli (futuro Carlo III di Spagna) e suo fratello Fernando VI di Spagna; nel 1755 gli Stati Generali d'Olanda; nel 1756 il Cantone di Ginevra; nel 1763 i Magistrati di Danzica; nel 1770 il governatore dell'Isola di Madeira e il Governo di Berna e Ginevra; nel 1784 il principe di Monaco e l'Elettore di Baviera Carlo Teodoro; nel 1785 il Gran Duca del Baden e l'Imperatore d'Austria Giuseppe II; nel 1794 l'Imperatore di Germania Francesco II, il Re di Sardegna Vittorio Amedeo e l'Imperatore russo Paolo I.
Il concetto venne ribadito nell'editto promulgato nel 1739 dal Segretario di Stato vaticano, Card. Firrao, che di fatto applicava operativamente la condanna. L'editto bollava la massoneria come sospetta d'eresia e nemica della religione cattolica affermando che « poiché tali aggregazioni, adunanze e conventicole non solo sono sospette di occulta eresia, ma inoltre sono pericolose alla pubblica quiete e alla sicurezza dello Stato della Chiesa, giacché se non contenessero materie contrarie alla fede ortodossa e alla stabilità e quiete della cosa pubblica, non userebbero tanti vincoli di segretezza» e chi avesse partecipato alle sue riunioni sarebbe stato condannato alla pena di morte e alla confisca dei beni da «incorrersi irrimediabilmente e senza speranza di grazia». Chi avesse trasgredito avrebbe attirato su di se oltre le pene temporali «L'ira di Dio e dei santi apostoli Pietro e Paolo».


Massoneria e Chiesa Cattolica - Cardinale Firrao, segretario di Stato
Cardinale Firrao, segretario di Stato
Massoneria e Chiesa Cattolica - Editto del Cardinale Firrao (1739)
Editto del Cardinale Firrao (1739)


La prima ricaduta repressiva della condanna pontificia avvenne non a caso nella terra natale di Lorenzo Corsini, in quella Firenze dove fin dal 1731 era stata fondata una loggia ad opera di alcuni inglesi. Tra i personaggi più in vista la loggia fiorentina annoverava gli italiani Antonio Cocchi, Antonio Niccolini e Tommaso Crudeli. E proprio sul poeta Tommaso Crudeli che l'inquisizione diresse le sue accuse per condannare la massoneria nel Granducato. Dopo un processo farsa Crudeli venne condannato al carcere e in seguito esiliato a Poppi e a Pontedera. Poté far ritorno a Firenze nel 1745 dove poco dopo morì a seguito dei maltrattamenti patiti.
Il 18 maggio 1751 venne emessa la seconda condanna per opera del famoso Card. Prospero Lambertini, elevato al trono di S. Pietro con il nome di Benedetto XIV (1740-1758).


Massoneria e Chiesa Cattolica - Benedetto XIV
Benedetto XIV


Il successore di Clemente XII, conosciuto universalmente come uomo di rara cultura e umanità, ribadì nella Bolla Providas Romanorum Pontificum quanto espresso nella precedente condanna. Due furono i motivi che spinsero Benedetto XIV a reiterare la scomunica 13 anni dopo la prima condanna: la diffusione, soprattutto nell'Italia meridionale, di logge massoniche e la smentita categorica delle voci ricorrenti di una sua simpatia verso l'istituzione libero-muratoria. Oltre alla denuncia del segreto rituale suggellato da un giuramento dei lavori compiuti in loggia, Prospero Lambertini si appellava ai governi europei perché applicassero le costituzioni ecclesiastiche per difendere sia l'integrità della fede che l'autorità delle istituzioni civili. La grande novità della bolla benedettina consistette nel ribadire le disposizioni del diritto romano contro i collegia illicita, disposizioni che proibivano le associazioni formate senza il consenso della pubblica autorità. Qui è importante far notare che la illiceità, dal punto di vista giuridico, di tale associazione, influì a farla considerare e a ritenerla illecita anche sotto quello morale.
Si ebbe così una chiara trasposizione e petizione di principio, in tale motivazione. Accadde allora che nelle nazioni a sistema confessionale i massoni furono perseguitati non come tali, bensì per offesa alla religione cattolica e che il delitto di massoneria si basava sulla lesione dell'ordinamento religioso cattolico. Poiché questo era considerato come base della costituzione degli Stati cattolici, il delitto ecclesiastico automaticamente passava ad essere concepito e castigato come delitto politico.
Il primo ad accogliere le direttive del Papa fu il re di Napoli, Carlo VII, che ricevette in anteprima il testo della bolla papale scritta soprattutto per contrastare il rifiorire di logge nel suo regno.


Massoneria e Chiesa Cattolica - Editto di Carlo III di condanna della massoneria (1751)
Editto di Carlo III di condanna della massoneria (1751)
Massoneria e Chiesa Cattolica - Lettera di Carlo IIII a Benedetto XIV dopo la condanna pontificia (1751)
Lettera di Carlo IIII a Benedetto XIV dopo la condanna pontificia (1751)


La bolla venne consegnata dal gesuita Francesco Maria Pepe, famoso predicatore dei lazzeri e acceso antisemita, e Carlo di Borbone rispose immediatamente inviando la minuta del suo Editto che venne pubblicato il 2 luglio 1752. In questa pronta ed entusiastica risposta Benedetto XIV ravvisò con soddisfazione che la sua tesi della stretta alleanza tra trono e altare per combattere la massoneria era condivisa proprio da quel Re che solo sei anni prima aveva tolto ai vescovi ogni autorità in materia civile creando un grave contrasto tra il regno borbonico e la Santa Sede.
Contemporaneamente alla pubblicazione dell'editto, Napoli venne messa a soqquadro dalla massa dei lazzeri, che istigati da padre Pepe, si scagliarono contro la massoneria accusata tra l'altro di essere la causa del mancato miracolo di San Gennaro nel 1751. Il capro espiatorio di questa rivolta popolare fu il Gran Maestro della massoneria napoletana, il principe Raimondo Di Sangro, indicato per le sue ricerche chimiche e le invenzioni bizzarre come un mago e un eretico. Il principe di Sangro, con un'abile politica fatta di ritrattazioni e difesa dell'ordine libero-muratorio partenopeo, riuscì a convincere le autorità che la «conventicola dei franç-masons» non era pericolosa e di conseguenza rese mite la repressione. Infatti Carlo VII si limitò a sequestrare le carte delle logge e infliggere agli appartenenti una solenne ammonizione dopo che questi avessero sconfessato i principi della setta davanti a un giudice competente per ogni ceto.
Peggior sorte toccò invece negli Stati Pontifici al famoso ed enigmatico Giuseppe Balsamo detto Conte di Cagliostro. Dopo aver attraversato in lungo e in largo l'Europa dei Lumi, lasciandosi dietro una fama di mago e guaritore, Cagliostro venne arrestato nel 1789 e processato dal Santo Uffizio con l'accusa di essere un mago, eretico e libero muratore. Agli occhi della chiesa la colpa più grave era che Cagliostro avesse fondato una obbedienza denominata Massoneria Egiziana di Alta Scienza, di cui si proclamava Gran Maestro o «Grande Cofto». Ma non solo. Cagliostro tentò, tramite la mediazione del Cardinale di Rohan e del vescovo di Trento, Conte di Thum, di ottenere il riconoscimento del suo rito da parte di Pio VI.
Questo tentativo scatenò la reazione della componente più antimassonica e conservatrice della Curia romana che ordinò l'arresto di Cagliostr e chiese la condanna a morte per essere stato il «ristoratore e propugnatore in una gran parte del mondo della massoneria egiziana, e che questa stessa aveva esercitato in Roma». Il processo venne accompagnato da un rogo purificatore dei libri e degli arredi della loggia di Cagliostro in piazza Santa Maria sopra Minerva non distante da Campo de' Fiori, famosa per un altro rogo dove perse la vita Giordano Bruno.
Dopo che la condanna a morte venne tramutata in carcere a vita Giuseppe Balsamo venne rinchiuso nella fortezza di San Leo il 22 aprile 1791 e quattro anni dopo morì per le torture e le vessazioni subite.
Il processo contro Cagliostro servì alla Chiesa cattolica per avvalorare la tesi della pericolosità politica e sociale, sostenuta da Benedetto XIV, della «nefanda setta massonica» alla vista dei fatti rivoluzionari che stavano sconvolgendo la Francia e di cui si sospettava l'esistenza di un complotto internazionale.


In eminenti

Massoneria e Chiesa Cattolica - Lettera apostolica In eminenti di Clemente XII (1738)
Lettera apostolica In eminenti di Clemente XII (1738)


Papa Clemente Vescovo servo dei servi di Dio
A tutti i fedeli, salute e Apostolica Benedizione.
Posti per volere della Clemenza Divina, benché indegni, nell'eminente Sede dell'Apostolato, onde adempiere al debito della Pastorale provvidenza affidato a Noi, con assidua diligenza e con premura, per quanto Ci è concesso dal Cielo, abbiamo rivolto il pensiero a quelle cose per mezzo delle quali - chiuso l'adito agli errori ed ai vizi - si conservi principalmente l'integrità della Religione Ortodossa, e in questi tempi difficilissimi vengano allontanati da tutto il mondo Cattolico i pericoli dei disordini.
Già per la stessa pubblica fama Ci è noto che si estendono in ogni direzione, e di giorno in giorno si avvalorano, alcune Società, Unioni, Riunioni, Adunanze, Conventicole o Aggregazioni comunemente chiamate dei Liberi muratori o des Francs Maçons, o con altre denominazioni chiamate a seconda della varietà delle lingue, nelle quali con stretta e segreta alleanza, secondo loro Leggi e Statuti, si uniscono tra di loro uomini di qualunque religione e setta, contenti di una certa affettata apparenza di naturale onestà. Tali Società, con stretto giuramento preso sulle Sacre Scritture, e con esagerazione di gravi pene, sono obbligate a mantenere un inviolabile silenzio intorno alle cose che esse compiono segretamente.
Ma essendo natura del delitto manifestarsi da se stesso e generare il rumore che lo denuncia, ne deriva che le predette Società o Conventicole hanno prodotto tale sospetto nelle menti dei fedeli, secondo il quale per gli uomini onesti e prudenti l'iscriversi a quelle Aggregazioni è lo stesso che macchiarsi dell'infamia di malvagità e di perversione: se non operassero iniquamente, non odierebbero tanto decisamente la luce. Tale fama è cresciuta in modo così considerevole, che dette Società sono già state proscritte dai Prìncipi secolari in molti Paesi come nemiche dei Regni, e sono state provvidamente eliminate.
Noi pertanto, meditando sui gravissimi danni che per lo più tali Società o Conventicole recano non solo alla tranquillità della temporale Repubblica, ma anche alla salute spirituale delle anime, in quanto non si accordano in alcun modo né con le Leggi Civili né con quelle Canoniche; ammaestrati dalle Divine parole di vigilare giorno e notte, come servo fedele e prudente preposto alla famiglia del Signore, affinché questa razza di uomini non saccheggi la casa come ladri, né come le volpi rovini la Vigna; affinché, cioè, non corrompa i cuori dei semplici né ferisca occultamente gl'innocenti; allo scopo di chiudere la strada che, se aperta, potrebbe impunemente consentire dei delitti; per altri giusti e razionali motivi a Noi noti, con il consiglio di alcuni Venerabili Nostri Fratelli Cardinali della Santa Romana Chiesa, a ancora motu proprio, con sicura scienza, matura deliberazione e con la pienezza della Nostra Apostolica potestà, decretiamo doversi condannare e proibire, come con la presente Nostra Costituzione, da valere in perpetuo, condanniamo e proibiamo le predette Società, Unioni, Riunioni, Adunanze, Aggregazioni o Conventicole dei Liberi Muratori o des Francs Maçons, o con qualunque altro nome chiamate. Pertanto, severamente, ed in virtù di santa obbedienza, comandiamo a tutti ed ai singoli fedeli di qualunque stato, grado, condizione, ordine, dignità o preminenza, sia Laici, sia Chierici, tanto Secolari quanto Regolari, ancorché degni di speciale ed individuale menzione e citazione, che nessuno ardisca o presuma sotto qualunque pretesto o apparenza di istituire, propagare o favorire le predette Società dei Liberi Muratori o Francs Maçons o altrimenti denominate; di ospitarle o nasconderle nelle proprie case o altrove; di iscriversi ed aggregarsi ad esse; di procurare loro mezzi, facoltà o possibilità di convocarsi in qualche luogo; di somministrare loro qualche cosa od anche di prestare in qualunque modo consiglio, aiuto o favore, palesemente o in segreto, direttamente o indirettamente, in proprio o per altri, nonché di esortare, indurre, provocare o persuadere altri ad iscriversi o ad intervenire a simili Società, Unioni, Riunioni, Adunanze, Aggregazioni o Conventicole, sotto pena di scomunica per tutti i contravventori, come sopra, da incorrersi ipso facto, e senza alcuna dichiarazione, dalla quale nessuno possa essere assolto, se non in punto di morte, da altri all'infuori del Romano Pontefice pro tempore.
Vogliamo inoltre e comandiamo che tanto i Vescovi, i Prelati Superiori e gli altri Ordinari dei luoghi, quanto gl'Inquisitori dell'eretica malvagità deputati in qualsiasi luogo, procedano e facciano inquisizione contro i trasgressori di qualunque stato, grado, condizione, ordine dignità o preminenza, e che reprimano e puniscano i medesimi con le stesse pene con le quali colpiscono i sospetti di eresia. Pertanto concediamo e attribuiamo libera facoltà ad essi, e a ciascuno di essi, di procedere e di inquisire contro i suddetti trasgressori, e di imprigionarli e punirli con le debite pene, invocando anche, se sarà necessario, l'aiuto del braccio secolare.
Vogliamo poi che alle copie della presente, ancorché stampate, sottoscritte di mano di qualche pubblico Notaio e munite di sigillo di persona costituita in dignità Ecclesiastica, sia prestata la stessa fede che si presterebbe alla Lettera se fosse esibita o mostrata nell'originale.
A nessuno dunque, assolutamente, sia permesso violare, o con temerario ardimento contraddire questa pagina della Nostra dichiarazione, condanna, comandamento, proibizione ed interdizione. Se qualcuno osasse tanto, sappia che incorrerà nello sdegno di Dio Onnipotente e dei Santi Apostoli Pietro e Paolo.

Clemente P.P. XII

Providas Romanorum Pontificum

Massoneria e Chiesa Cattolica - Bolla Providas Romanorum Pontificum di Benedetto XIV (1751)
Bolla Providas Romanorum Pontificum di Benedetto XIV (1751)


Giudichiamo doveroso, con un nuovo intervento della Nostra autorità, sostenere e confermare - in quanto lo richiedono giusti e gravi motivi - le provvide leggi e le sanzioni dei Romani Pontefici Nostri Predecessori: non soltanto quelle leggi e quelle sanzioni il cui vigore o per il processo del tempo o per la noncuranza degli uomini temiamo si possano rallentare od estinguere, ma anche quelle che recentemente hanno ottenuto forza e pieno vigore.

I. Di fatto Clemente XII, Nostro Predecessore di felice memoria, con propria Lettera apostolica del 28 aprile dell'anno dell'Incarnazione del Signore 1738, anno ottavo del suo Pontificato - Lettera diretta a tutti i fedeli e che comincia In eminenti - condannò per sempre e proibì alcune Società, Unioni, Riunioni, Adunanze, Conventicole o Aggregazioni volgarmente chiamate dei Liberi Muratori o des Francs Maçons, o diversamente denominate, già allora largamente diffuse in certi Paesi e che ora sempre più aumentano. Egli vietò a tutti e ai singoli Cristiani (sotto pena di scomunica da incorrersi ipso facto senza alcuna dichiarazione, dalla quale nessuno potesse essere assolto da altri, se non in punto di morte, all'infuori del Romano Pontefice pro tempore) di tentare o ardire di entrare in siffatte Società, propagarle o prestare loro favore o ricetto, occultarle, iscriversi ad esse, aggregarsi o intervenirvi, ed altro, come nella stessa Lettera più largamente e più ampiamente è contenuto.

II. Ma poiché, per quanto Ci è stato riferito, alcuni non hanno avuto difficoltà di affermare e diffondere pubblicamente che la detta pena di scomunica imposta dal Nostro Predecessore non è più operante perché la relativa Costituzione non è poi stata da Noi confermata, quasi che sia necessaria, perché le Apostoliche Costituzioni mantengano validità, la conferma esplicita del successore;

III. ed essendo stato suggerito a Noi, da parte di alcune persone pie e timorate di Dio, che sarebbe assai utile eliminare tutti i sotterfugi dei calunniatori e dichiarare l'uniformità dell'animo Nostro con l'intenzione e la volontà dello stesso Predecessore, aggiungendo alla sua Costituzione il nuovo voto della Nostra conferma;

IV. Noi certamente, fino ad ora, quando abbiamo benignamente concesso l'assoluzione dalla incorsa scomunica, sovente prima e principalmente nel passato anno del Giubileo, a molti fedeli veramente pentiti e dolenti di avere trasgredito le leggi della stessa Costituzione e che assicuravano di cuore di allontanarsi completamente da simili Società e Conventicole, e che per l'avvenire non vi sarebbero mai tornati; o quando accordammo ai Penitenzieri da Noi delegati la facoltà di impartire l'assoluzione a Nostro nome e con la Nostra autorità a coloro che ricorressero ai Penitenzieri stessi; e quando con sollecita vigilanza non tralasciammo di provvedere a che dai competenti Giudici e Tribunali si procedesse in proporzione del delitto compiuto contro i violatori della Costituzione stessa, il che fu effettivamente più volte eseguito; abbiamo certamente fornito argomenti non solo probabili ma del tutto evidenti ed indubitabili, attraverso i quali si sarebbero dovute comprendere le disposizioni dell'animo Nostro e la ferma e deliberata volontà consenzienti con la censura imposta dal predetto Clemente Predecessore. Se un'opinione contraria si divulgasse intorno a Noi, Noi potremmo sicuramente disprezzarla e rimettere la Nostra causa al giusto giudizio di Dio Onnipotente, pronunciando quelle parole che un tempo si recitavano nel corso delle sacre funzioni: "Concedi o Signore, te ne preghiamo, che Noi non curiamo le calunnie degli animi perversi, ma conculcata la perversità medesima supplichiamo che Tu non permetta che siamo afflitti dalle ingiuste maldicenze o avviluppati dalle astute adulazioni, ma che amiamo piuttosto ciò che Tu comandi". Così riporta un antico Messale attribuito a San Gelasio, Nostro Predecessore, e che dal Venerabile Servo di Dio il Cardinale Giuseppe Maria Tommasi fu inserito nella Messa che s'intitola Contro i maldicenti.

V. Tuttavia, affinché non si potesse dire che Noi avevamo imprudentemente omesso qualche cosa, al fine di eliminare agevolmente i pretesti alle menzognere calunnie e chiudere loro la bocca; udito prima il consiglio di alcuni Venerabili Nostri Fratelli Cardinali della Santa Romana Chiesa, abbiamo decretato di confermare la stessa Costituzione del Nostro Predecessore, parola per parola, come sopra riportato in forma specifica, la quale sia considerata come la più ampia ed efficace di tutte: la confermiamo, convalidiamo, rinnoviamo e vogliamo e decretiamo che abbia perpetua forza ed efficacia per Nostra sicura scienza, nella pienezza della Nostra Apostolica autorità, secondo il tenore della medesima Costituzione, in tutto e per tutto, come se fosse stata promulgata con Nostro motu proprio e con la Nostra autorità, e fosse stata pubblicata per la prima volta da Noi.

VI. Per la verità, fra i gravissimi motivi delle predette proibizioni e condanna esposti nella sopra riportata Costituzione ve n'è uno, in forza del quale in tali Società e Conventicole possano unirsi vicendevolmente uomini di qualsiasi religione e setta; è chiaro quale danno si possa recare alla purezza della Religione Cattolica. Il secondo motivo è la stretta e impenetrabile promessa di segreto, in forza del quale si nasconde ciò che si fa in queste adunanze, cui meritamente si può applicare quella sentenza che Cecilio Natale, presso Minucio Felice, addusse in una causa ben diversa: "Le cose oneste amano sempre la pubblica luce; le scelleratezze sono segrete". Il terzo motivo è il giuramento con il quale s'impegnano ad osservare inviolabilmente detto segreto, quasi che sia lecito a qualcuno, interrogato da legittimo potere, con la scusa di qualche promessa o giuramento di sottrarsi all'obbligo di confessare tutto ciò che si ricerca, per conoscere se in tali Conventicole si faccia qualche cosa contraria alla stabilità e alle leggi della Religione e della Repubblica. Il quarto motivo è che queste Società si oppongono alle Sanzioni Civili non meno che alle Canoniche, tenuto conto, appunto, che ai sensi del Diritto Civile si vietano tutti i Collegi e le adunanze formati senza la pubblica autorità, come si legge nelle Pandette (libro 47, tit. 22, De Collegiis et corporibus illicitis), e nella celebre lettera (n. 97 del libro 10) di C. Plinio Cecilio, il quale, riferisce che fu proibito per suo Editto, giusta il comandamento dell'Imperatore, che si tenessero le Eterie, cioè che potessero esistere e riunirsi Società e adunanze senza l'autorizzazione del Principe. Il quinto motivo è che in molti Paesi le citate Società e Aggregazioni sono già state proscritte e bandite con leggi dei Principi Secolari. Infine, l'ultimo motivo è che presso gli uomini prudenti ed onesti si biasimavano le predette Società e Aggregazioni: a loro giudizio chiunque si iscriveva ad esse incorreva nella taccia di pravità e perversione.

VII. Infine lo stesso Predecessore nella sopra riportata Costituzione esorta i Vescovi, i Superiori Prelati e gli altri Ordinari dei luoghi a non trascurare d'invocare l'aiuto del braccio secolare qualora occorra per l'esecuzione di tale disposizione.

VII. Tutte queste cose, anche singolarmente, non solo si approvano e si confermano da Noi, ma anche si raccomandano e si ingiungono ai Superiori Ecclesiastici; ma Noi stessi, per debito della Apostolica sollecitudine, con la presente Nostra Lettera invochiamo e con vivo affetto ricerchiamo il soccorso e l'aiuto dei Principi Cattolici e dei secolari Poteri - essendo gli stessi Principi Supremi e Podestà eletti da Dio quali difensori della fede e protettori della Chiesa - affinché sia loro cura adoperarsi nel modo più efficace perché alle Apostoliche Costituzioni si abbiano il dovuto ossequio e la più assoluta obbedienza. Ciò riportarono alla loro memoria i Padri del Concilio Tridentino (sess. 25, cap. 20), e molto prima l'aveva egregiamente dichiarato l'Imperatore Carlo Magno nei suoi Capitolati (tit. I, cap. 2), nei quali, dopo aver comandato a tutti e i suoi sudditi l'osservanza delle Sanzioni Ecclesiastiche, aggiunse queste parole: "In nessun modo possiamo conoscere come possano essere fedeli a noi coloro che si mostrano infedeli a Dio e disubbidienti ai suoi sacerdoti". Conseguentemente impose a tutti i Presidenti e ai Ministri delle sue province che obbligassero tutti e i singoli a prestare la dovuta obbedienza alle leggi della Chiesa. Inoltre comminò gravissime pene contro coloro che trascurassero di fare ciò, aggiungendo fra l'altro: "Coloro poi che in queste cose (il che non avvenga) saranno trovati negligenti e trasgressori, sappiano che non conserveranno gli onori nel nostro Impero, ancorché siano nostri figlioli; né avranno posto nel Palazzo, né con noi né coi nostri fedeli avranno società o comunanza, ma piuttosto pagheranno la pena nelle angustie e nelle ristrettezze".

IX. Vogliamo poi che alle copie della presente, ancorché stampate, sottoscritte di mano di qualche pubblico Notaio e munite del sigillo di persona costituita in dignità Ecclesiastica, sia prestata la stessa fede che si presterebbe alla Lettera se fosse esibita o mostrata nell'originale.

X. A nessuno dunque, assolutamente, sia permesso violare, o con temerario ardimento contraddire questa pagina della Nostra conferma, innovazione, approvazione, comandamento, invocazione, richiesta, decreto e volontà. Se qualcuno osasse tanto, sappia che incorrerà nello sdegno di Dio Onnipotente e dei Santi Apostoli Pietro e Paolo.

Dato in Roma, presso Santa Maria Maggiore, il 18 marzo dell'anno dell'Incarnazione del Signore 1751, undicesimo anno del Nostro Pontificato.

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