d. CURZIO NITOGLIA
7 luglio 2011
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●“L’eresia da individuale, col laicismo liberale, diventa sociale e
politica” (M. Ayuso).
●“Dalla forma data alla Società, a seconda che
sia in accordo o no con le Leggi divine, dipende il bene o il male delle anime.
Dinanzi a questa considerazione e previsione, come potrebbe, essere lecito per
la Chiesa […], rimanere spettatrice indifferente
davanti ai pericoli a cui vanno incontro i suoi figli, tacere o fingere di non
vedere situazioni che […], rendono difficile o praticamente impossibile
una condotta di vita cristiana?” (Pio XII, Radiomessaggio “La
solennità”, Pentecoste 1941).
Prologo
Miguel Ayuso, professore di ‘Diritto costituzionale’
all’Università Comillas di Madrid, ‘Presidente dell’Unione Internazionale dei
Giuristi Cattolici’, ha scritto nel 2008 un libro molto interessante sui
rapporti tra Stato e Chiesa, tradotto in italiano dalle “Edizioni Scientifiche
Italiane” di Napoli nel 2010, con il titolo La costituzione cristiana degli Stati[1]. Nel suo libro il celebre giurista prende in
considerazione anche il tema della “libertà religiosa” così come è stato
affrontato dal Decreto Dignitatis humanae del Concilio Vaticano II e lo
confronta con l’insegnamento del ‘Diritto Pubblico Ecclesiastico’, mettendo in
luce le diversità tra la dottrina tradizionale e l’insegnamento
pastorale del Vaticano II da un punto di vista scientificamente
giuridico.
Breve
excursus dei rapporti tra Stato e Chiesa
●Nell’Antichità Pagana non era neppure
concepibile l’idea della separazione tra potere temporale e spirituale. La sfera
politica e quella religiosa si identificavano. La religione era considerata una
virtù sociale o politica, mentre l’empietà era, oltre che un peccato, anche un
crimine politico assai grave, poiché l’unità della Città si basava sul principio
della pietà verso la Divinità[2].
●Il
Cristianesimo ha sempre
insegnato la dipendenza della Società civile da quella religiosa e a partire da
Costantino ha orientato anche in pratica il bene comune temporale verso quello
spirituale e soprannaturale. Questi due poteri sono distinti (a differenza che
nel paganesimo), ma non separati (a differenza che nel laicismo)[3].
●A
Partire Dalla Rivoluzione Francese si giunge alla neutralità o
separazione tra Stato e Chiesa, che va dall’indifferenza alla persecuzione. È
l’epoca della secolarizzazione o del laicismo, che hanno cercato di abbattere
indirettamente la Fede cristiana attaccando direttamente la Cristianità o la
costituzione cristiana degli Stati europei[4]. In quest’epoca si è cercato di distruggere
l’ordine naturale e divino mediante la Rivoluzione o sovvertimento dei rapporti
tra temporale e spirituale, natura e grazia, ragione e fede. In parte si è
riusciti nell’intento scristianizzando la Società civile mediante le idee e le
istituzioni politiche. L’eresia da individuale, col laicismo liberale, diventa
sociale e politica[5]. La Rivoluzione è una dottrina sociale o
politica, che vuole fondare la Società civile non su Dio, ma sull’Uomo. La
Contro-Rivoluzione è la dottrina politica che fonda lo Stato su Dio e la sua
Legge[6]. Ora “ad ogni azione corrisponde una reazione
uguale e contraria”. Quindi se la Rivoluzione ha “eretizzato” socialmente, la
Contro-Rivoluzione deve porre un rimedio non solo individuale ma sociale e
politico all’eresia sociale che è il laicismo liberale. Se la Rivoluzione vuole
annientare la Cristianità o lo Stato cristiano per poi distruggere la Fede
stessa, la Contro-Rivoluzione (che non è una Rivoluzione di segno contrario, ma
è il contrario per diametrum della Rivoluzione) vuole restaurare la
civiltà cristiana, ossia la morale sociale cristiana come è stata insegnata
dalla Tradizione apostolica e poi iscritta nelle costituzioni civili a partire
da Costantino[7].
●Il
Magistero della Chiesa viene citato da Ayuso per dimostrare quanto su
esposto. Pio VI
nell’Allocuzione al Concistoro del 9 marzo 1789 condanna le libertà
moderne e nell’enciclica Adeo nota del 1791 condanna la “Dichiarazione
dei diritti dell’uomo e del cittadino”. Gregorio XVI nell’enciclica Mirari
vos del 1832 condanna il cattolicesimo liberale. Leone XIII nell’enciclica Diuturnum
illud del 1881, nella Immortale Dei del 1885, nella Libertas
del 1888 e infine nella Annum ingressi del 1902 espone la dottrina
cattolica sui rapporti tra Stato e Chiesa e condanna ogni dottrina
separazionista dei due poteri. San Pio X
nell’enciclica Vehementer del 1906 e nella Notre charge
apostolique del 1910 condanna la separazione tra potere temporale e
spirituale e il modernismo politico o “Democrazia Cristiana”. Pio XI nella Quas primas del 1925
parla della Regalità sociale o politica di Cristo e condanna il laicismo. Infine
Pio XII nell’enciclica Summi
Pontificatus del 1939, nel Radiomessaggio Benignitas et humanitas del
1944 e nel Discorso ai Giuristi cattolici italiani del 1953 continua lo
stesso insegnamento di unione e subordinazione tra i due poteri e di condanna
della loro separazione[8].
Questione
sociale, politica e morale cattolica
●La Questione Sociale (ossia il rapporto tra
operai e datori di lavoro) non è solamente economico-finanziaria, ma
soprattutto morale e religiosa. Infatti, per Aristotele e S. Tommaso, l’economia è la virtù
di prudenza applicata alla famiglia; (diversa dall’affaristica,
crematistica o finanziaria, che è l’arte di arricchirsi) e la
politica è la virtù di prudenza applicata alla Società civile. Per
risolvere il conflitto, che è sorto nell’Ottocento tra operai e padroni -
secondo il Magistero - non basta una risposta puramente finanziaria o di
salario, ma occorre risalire più a monte e vedere la questione alla luce della
Morale e della Fede. Il problema operaio - secondo Leone XIII nell’encicliche Rerum
novarum del 1891, Permoti nos del 1895 e Graves de communi re
del 1901 - si risolve soprattutto con la virtù di Carità e di Giustizia e
poi con il giusto salario. Leone XIII
nell’enciclica Rerum novarum spiega benissimo che la “brama di
novità” o la “rerum novarum cupiditas” dal campo politico
(liberalismo) ha tracimato in quello economico-finanziario
(liberismo/socialismo). Quindi, per risolvere e confutare il problema liberista
e social-comunista (primato dell’economia o affaristica, materialismo storico),
bisogna prima rispondere all’errore liberale (primato della libertà come Fine
assoluto e non come mezzo per cogliere il Fine). Il Papa mostra il legame che
c’è tra Rivoluzione religioso-dogmatica e Rivoluzione morale,
poiché la Morale è la Fede praticata e vissuta (“agere sequitur esse”), e
poi tra Rivoluzione politica, che è l’eresia dogmatica e morale
trasferita dal livello individuale al campo sociale, e Rivoluzione
economico-finanziaria[9]. “Dopo l’eresia individuale viene la
Rivoluzione sociale o politica e dopo la Rivoluzione è il turno del boia” (Donoso Cortès, Saggio sul
Cattolicesimo, il Liberalismo e il Socialismo).
●Miguel Ayuso ha capito
perfettamente il carattere di contestazione della modernità del Magistero
ecclesiastico dell’Otto-Novecento. La Chiesa ha affrontato i temi di carattere
politico (liberalismo), culturale (tomismo/modernismo), economico-finanziario
(social-comunismo), offrendo una dottrina completa e organica sulla Regalità
sociale oltre che individuale, temporale oltre che spirituale, di
Cristo già su questa terra, oltre che in Paradiso.
La rottura
o Rivoluzione del Vaticano II
●Se La
Modernità è la Rivoluzione filosofica, dogmatica, morale, politica ed
economica (modernismo, liberalismo, liberismo, socialismo), la dottrina
cattolica tradizionale è la Contro-modernità o Contro-Rivoluzione. Purtroppo con
il Concilio Vaticano II si è “dimenticato con disinvoltura questa Tradizione.
[…]. Oblio accompagnato molte volte da disprezzo”[10]. La causa di tale rottura con la Tradizione
apostolica in materia di dottrina sociale Miguel Ayuso la trova nella “fase di
conformismo [conciliare e postconciliare] rispetto alla
modernità”[11]. Si badi bene: “modernità” significa pensiero
filosofico moderno soggettivista e relativista, che va da Cartesio a Hegel, e
non significa “farsi capire dall’uomo di oggi”, il che è del tutto legittimo e
normale, ma totalmente differente dall’ accondiscendenza ecclesiastico-pastorale
verso la “modernità”. La Chiesa aveva contestato e confutato la modernità con il
Magistero tradizionale del secolo XIX-XX, rifacendosi alla dottrina che inizia
da papa Gelasio I. Purtroppo con la Dichiarazione su “La Libertà religiosa” o
Dignitatis humanae si è capovolta o “rivoluzionata” la dottrina da
dommatica in pastorale e si è spinto i “cattolici a conformarsi alla
modernità […] e ad uscire dal ghetto in cui la Chiesa tradizionale li aveva
rinchiusi”[12], contravvenendo il motto di S. Paolo: “Nolite conformari huic
saeculo!”.
Il
Magistero tradizionale contrasta la modernità
●La conclusione che tira Miguel Ayuso è che, se il Magistero
costante e tradizionale della Chiesa ha contestato e confutato la modernità
soggettivistica e relativistica (liberalismo, modernismo, liberismo e
social-comunismo), l’insegnamento pastorale del Vaticano II è arrivato
addirittura alla “rinuncia della tradizionale dottrina politica – basata
sulla costituzione cristiana degli Stati – […] [e si è rivelato] incapace di
delineare una nuova strategia”[13], ossia non solo ha abbandonato la dottrina
sociale tradizionale sui rapporti tra Stato e Chiesa, ma non è riuscito neppure
a proporre un’alternativa filosofico-politica adeguata all’insorgere del nuovo
laicismo, sempre più radicale e parossistico.
Il
Vaticano II si è arreso alla modernità
●Ci Si È Arresi Di Fronte Alla Modernità
e post-modernità, senza colpo ferire, sperando di non essere perseguitati e
lasciati in pace, non si è voluto opporre una resistenza dottrinale (filosofica
e teologica) al mondo contemporaneo e si è taciuto e quindi fuggito davanti al
lupo, venuto a sbranare il gregge, sperando di essere risparmiati, come il
mercenario e il cattivo-pastore del Vangelo, il quale “tradisce le pecorelle non
solo fuggendo, ma anche tacendo” (San Gregorio Magno). La tattica
‘a-pastorale’ di non condannare, disapprovare e criticare l’errore, equivale
all’atteggiamento del mercenario, che tace quando vede il lupo venire invece di
gridare ed allertare il suo gregge. È per questo motivo che non solo
dottrinalmente vi è rottura tra insegnamento pastorale e non infallibile del
Vaticano II e Tradizione apostolica, ma pure pastoralmente, ossia nel calare la
dottrina e i princìpi nel caso pratico e nel modo di agire, il Vaticano II si è
rivelato un immenso fallimento, poiché invece di avvisare che un pericolo
incombeva negli anni Sessanta sulla Cristianità e la Fede cattolica (si pensi al
comunismo e al Sessantotto) ha voluto tacere per non fare “il profeta di
sventura”, e, analogamente nel post-concilio più recente (2005-2011) non si è
messo in guardia il gregge contro il pericolo del teo-conservatorismo, del
catto-liberalismo, del giudeo-cristianesimo e dell’ateismo-devoto, i quali
stanno facendo oggi strage anche di quel “piccolo gregge”, che aveva resistito
al modernismo e neo-modernismo. È evidente a tutti che per insegnare la verità
(per esempio 1+1=2) non si può approvare l’errore (per es. 1+1=3) e quindi non
si può non condannare.
●Combattere E Promuovere. Il professor
Ayuso commenta: “Si tratta non solo di combattere ciò che è socialmente
nocivo in relazione all’influsso che esercita sulle anime, ma altresì di
promuovere ciò che è socialmente benefico, in virtù del suo valore
intrinseco”[14]. Infatti non si può essere solamente “contro”
o limitarsi alla pars destruens o negativa, ma occorre anche proporre
qualcosa “pro”, ossia di positivo[15].
Non si può
tacere, altrimenti “lo grideranno le pietre”
●Pio XII aveva previsto
questo pericolo e lo aveva denunciato già nel 1941: “Dalla forma data alla
Società, a seconda che sia in accordo o no con le Leggi divine, dipende il bene
o il male delle anime. Dinanzi a questa considerazione e previsione, come
potrebbe, essere lecito per la Chiesa […], rimanere spettatrice
indifferente davanti ai pericoli a cui vanno incontro i suoi figli, tacere o
fingere di non vedere situazioni che […], rendono difficile o
praticamente impossibile una condotta di vita cristiana?” (Radiomessaggio “La
solennità”, Pentecoste 1941). Non si può tacere o far finta di non
vedere il pericolo di una situazione la quale rende difficile vivere
cristianamente. Ora la “libertà delle false religioni”, l’abbandono dell’ideale
dello Stato cattolico o della Regalità sociale di Cristo, sanciti dal Concilio
Vaticano II sono esattamente una situazione o un modo di vita, che rende
praticamente impossibile la pratica cristiana. Gli uomini di Chiesa sono
caduti in una sorta di “sordo-mutismo” per cui fan finta di non aver sentito in
modo di non dover parlare. Non si può rimanere spettatori indifferenti, che
guardano e non gridano: “al lupo, aiuto, pericolo, attenzione!”. Sarebbe
accettare praticamente ed implicitamente, anche se non esplicitamente e per
principio, l’errore e il male, ossia la negazione pratica del primo principio
per sé noto della morale: “malum vitandum, bonum faciendum”. Ora chi nega
i princìpi per sé noti non è scusabile per ignoranza invincibile, poiché essi
sono evidenti a tutti, si mostrano e non si dimostrano. Siccome gli uomini di
Chiesa oggi tacciono questa verità sociale, essa - come ha detto Gesù - è
“gridata dalle pietre”, ossia dai monumenti del passato, i quali testimoniano
una verità storica: “Vi fu un tempo in cui la filosofia del Vangelo governava
gli Stati” (Leone XIII,
Immortale Dei, 1885). Quale tremenda responsabilità non aver
voluto condannare l’errore, non aver voluto mettere in guardia la Cristianità e
i fedeli cristiani contro il pericolo. Non avendolo “disapprovato” o condannato,
implicitamente lo si è approvato. “Un Papa buono non è un buon
Papa” diceva padre Innocenzo Colosio. “Il medico pietoso fa la piaga
cancrenosa”, recita il proverbio popolare. L’eccesso di “bontà” può diventare la
massima crudeltà (“summa bonarietas, summa malvagitas”).
●Pars Destruens et Construens.
Miguel Ayuso spiega egregiamente che “la
Chiesa non opera in politica soltanto ‘negativamente’, mediante condanne
[…], ma interviene altresì positivamente, dichiarando quali sono i
princìpi che devono presiedere all’organizzazione di una comunità”[16]. La neutralità, il pluralismo o
l’indifferenza dello Stato in materia religiosa non sono princìpi conformi alla
Tradizione apostolica sui rapporti Stato-Chiesa così come è insegnata dalla S.
Scrittura, dai Padri ecclesiastici del IV secolo e dal Magistero, a partire da
papa Gelasio I (496) sino a Pio XII (1958).
La
Cristianità è già esistita e non va inventata
●San Pio X ha insegnato
formalmente - riprendendo il Magistero tradizionale di suoi predecessori,
continuato poi dai suoi successori sino a Pio XII – che “la Civiltà cristiana non
deve essere inventata, né la Città deve essere costruita sopra le nuvole. Essa è
esistita ed esiste; è la Civiltà cristiana, è la Città cattolica. Non si tratta
che di instaurarla o stabilirla, e restaurarla o ristabilirla, incessantemente,
sulle fondamenta naturali e divine, contro gli attacchi sempre nuovi dell’utopia
malsana, della rivoluzione e dell’empietà: omnia istaurare in Cristo”
(Notre charge apostolique, 1910). La soluzione del problema politico
(rapporti tra Stato e Chiesa) e sociale (rapporti tra mondo del lavoro e
capitale) è semplicissima, perché non c’è nulla da inventare, basta
instaurare o fondare una Polis o Civitas cattolica, basata
sulla Legge divina e naturale nei luoghi ove non abbia ancora iniziato ad
esistere e restaurarla o ripararla là ove c’era già, ma è stata assaltata
dalla Rivoluzione, che vuol separare lo Stato dalla Chiesa, gli operai dai
padroni, la giustizia dalla carità, l’economia dalla morale, distruggendo così
la Civitas christiana. Sino al Sessantotto c’erano ancora vestigia,
tracce o “rovine” di questa Civiltà cristiana, (che era stata solo ferita, anche
se gravemente) e bastava restaurarne le “rovine” come si fa con le opere d’arte
dei secoli passati. Oggi essa è stata annichilata o colpita a morte dall’assalto
della rivoluzione giudaico-massonica, che ha invaso anche l’ambiente ecclesiale,
come ha denunciato Paolo VI
stesso: “il fumo di Satana è penetrato nella Chiesa di Dio”. Perciò adesso anche
in Europa (la culla della Cristianità) occorre non più restaurare la
Civiltà cristiana, ma addirittura instaurarla, però sempre sugli stessi
fondamenti (Legge eterna e naturale) e princìpi (cooperazione di subordinazione
o gerarchizzazione del temporale allo spirituale).
●La
Nuova Cristianità. Non bisogna inventare la “nuova cristianità” come
hanno fatto Maritain (Umanesimo integrale, 1936)[17] e Dignitatis humanae (1965),
costruendola sulle “nuvole” della dottrina liberale e laicista della separazione
tra Stato e Chiesa. Leone XIII già
prima di papa Sarto aveva scritto: “Ci fu un tempo in cui la filosofia del
Vangelo governava gli Stati” (Immortale Dei, 1885). Questa è la dottrina
sociale sostanzialmente immutabile della Chiesa: lo Stato fondato sulla Legge
naturale e divina e diretto dai princìpi della retta filosofia e della
Rivelazione soprannaturale, in cooperazione di subordinazione gerarchizzata con
il potere spirituale. Vi possono essere delle sfumature accidentali in questa
dottrina (plenitudo potestatis oppure potestas indirecta in
temporalibus ratione peccati), ma non essenziali (libertà delle false
religioni messe sullo stesso piano dell’unica vera Religione, e indifferenza
religiosa della Società civile o separazione tra Stato e Chiesa).
La nuova
Cristianità maritainiana e conciliare
●Il Concilio Vaticano II. Purtroppo nella
Dichiarazione Dignitatis humanae si riscontra una frattura, una mutazione
sostanziale, con la dottrina tradizionale contenuta nella S. Scrittura e nella
Tradizione apostolica (che sono le due fonti della Rivelazione), sotto la guida
del Magistero costante della Chiesa (da papa Gelasio I a Pio XII). Papa Pacelli
ha detto di questo insegnamento sui rapporti tra Stato e Chiesa che “è
definitivamente stabilito quanto ai suoi punti fondamentali, è
sufficientemente ampio per essere adattato alle molteplici vicissitudini
dei popoli, purché ciò non avvenga a scapito dei suoi princìpi immutabili e
permanenti. […]. Esso è in ogni aspetto obbligatorio. Né ci si può
allontanare da esso senza pericolo per la Fede e l’ordine morale”
(Discorso al Congresso dell’Azione Cattolica Italiana, 29 aprile 1945).
●Rottura e Non Continuità. È proprio ciò
che ha fatto Dignitatis humanae. Ora, se l’insegnamento pastorale
del Vaticano II discorda da quello dogmatico costante ed infallibile
della Chiesa, deve essere cambiato e reso conforme alla Tradizione apostolica.
Specialmente oggi, di fronte all’assalto finale del laicismo aggressivo e di
quello mascherato da teo-conservatorismo, bisogna ritornare alla Tradizione
apostolica e innanzi tutto riproporre la dottrina della
cooperazione subordinata tra Stato e Chiesa per poi cercare di lavorare
praticamente alla restaurazione delle condizioni affinché possa rinascere
la Civiltà cristiana, permettendo agli uomini singoli, alle famiglie e ai corpi
intermedi di realizzare facilmente le loro finalità prossime ordinate al Fine
ultimo soprannaturale. La Civiltà cristiana non deve essere inventata ex
novo, ma oramai instaurata, poiché purtroppo non c’è più nulla da
restaurare. La post-modernità e il post-concilio hanno distrutto le vestigia, le
rovine o i ruderi della Cristianità che ancora restavano.
La Chiesa
non può non fare “politica”
●L’Uomo È Un Animale naturalmente Socievole.
Da ciò la necessità di insegnare, oggi più che mai, la dottrina sociale
della Chiesa e di non rinchiudersi nelle sacrestie, come volevano i cattolici
liberali, mascherando tale cedimento al cattolicesimo liberale sotto una
maschera di eccessivo spiritualismo o angelismo disincarnato, il cui motto è
“non bisogna fare politica!”. Invece la realtà, e quindi la verità, è che l’uomo
è composto di anima e di corpo, che è un animale razionale e anche
sociale ossia politico, fatto per vivere in Societas o in
Polis, e non è un angelo, un ente disincarnato o un monaco, che vive
isolato. I monaci sono casi “eccezionali” ed “eroici” che confermano la regola.
●Il
Pericolo Dell’Angelismo O Dello Spiritualismo Esagerato. L’errore dei
conservatori e di alcuni “tradizionalisti” cattolici attuali è quello di
eliminare l’elemento sociale dalla natura umana, che invece è stata creata da
Dio naturalmente socievole (Aristotele,
Politica, VI; San Tommaso
D’Aquino, De regimine principum, lib. I, cap. 14), e di voler
rendere l’uomo un singolo individuo (come il liberalismo individualista) senza
spazio sociale e politico, per indirizzarlo, con una spinta puramente naturale
(anche se viene dal prete, che resta sempre un uomo anche se consacrato e non è
Dio, ma solo uno strumento di Dio per aiutare i fedeli a fare la Volontà di Dio,
che non necessariamente è quella del sacerdote) verso una vita consacrata alla
quale invece chiama solo Dio e nella quale si persevera solo con l’aiuto di Dio.
“Non siete voi che avete scelto Me, ma sono Io che ho scelto voi” ha detto Gesù
nel Vangelo ai Suoi Apostoli. La vocazione è un consiglio e non un precetto e
non si può obbligare a seguire un consiglio sotto pena di peccato[18]. Occorre contestare, confutare e contrastare
il laicismo, in teoria e in pratica, rovesciare tale modo di vita sovversivo e
rivoluzionato, fare la storia piuttosto che subirla passivamente e tentare di
creare le condizioni di un vivere sociale, che faciliti quello spirituale. Come
“la Grazia presuppone la natura, la perfeziona, e non la distrugge” (San
Tommaso), così la Fede presuppone l’umanità civilizzata[19], la perfeziona, la mantiene in vita e non la
deve distruggere. Parimenti la vocazione sacra presuppone la vita familiare,
sociale e politica, la perfeziona e non la deve annientare. Se non vi fosse una
società familiare, non vi potrebbe essere un “chiamato” e, se la Società civile
invece di aiutare l’individuo e la famiglia a cogliere il proprio Fine, li
ostacolasse, i “vocati” sarebbero molto di meno. È per questo che occorre “dare
a Cesare quel che è di Cesare [obbedienza alle leggi temporali conformi a quella
naturale] e a Dio quel che è di Dio [l’adorazione]”.
È
possibile uno Stato cattolico oggi?
●Dottrinalmente. La questione sembrerebbe
a prima vista e superficialmente un anacronismo, come conviene anche Miguel
Ayuso[20]. Infatti storicamente non esiste oggi
nessuno Stato cattolico, ma la questione dottrinale che ci si pone è se
sia possibile farlo rivivere. In teoria o quanto al principio
dottrinale la risposta è evidente: lo Stato non può essere neutrale, data la
socievolezza naturale dell’uomo, della famiglia e della Società civile,
che debbono tutte e tre dare a Dio il culto e l’adorazione che Gli è dovuta.
In pratica o nei fatti, però, ci si trova di fronte
all’enorme problema della pastorale sulla Libertà religiosa (Dignitatis
humanae) del Vaticano II, che non si è contrapposta alla modernità o alla
Società permissivista[21], ma è entrata in dialogo simpatizzante con
essa ed ha accelerato la secolarizzazione o scristianizzazione della Società.
Miguel Ayuso porta l’esempio della Ley de libertad religiosa del 1967,
chiesta da Paolo VI al generale
Francisco Franco e il conseguente nuovo Concordato spagnolo del 1978[22], simile a quello italiano del 1984 (che ha
abrogato il Concordato del 1929), definito da Giovanni Paolo II “ideale”, in quanto si
è passati (in Spagna come in Italia) dallo Stato confessionale, che riconosceva
la Religione cattolica come Religione ufficiale dello Stato, allo Stato neutro
in materia religiosa. Ayuso commenta: “Stiamo assistendo alla separazione
consapevole e voluta tra la Chiesa e la Società, dopo che è stata
consumata la separazione tra la Chiesa e lo Stato”[23]. Oggi ci troviamo in una Società
anti-cristiana per principio e in pratica, che sarebbe meglio chiamare
“Dis-società” (Marcel De Corte) o
“Sinagoga di Satana” (Apoc., II, 9), che è la “contro-Chiesa” o il
“pericolo giudaico-massonico” (Ernest
Jouin)[24]. Se la dottrina cattolica sui rapporti tra
Stato e Chiesa è immutabile[25], purtroppo “il linguaggio […] in seguito al
Concilio Vaticano II, si distingue nettamente dal precedente. […]. Il
diritto alla libertà religiosa solleva non poche difficoltà dal punto di
vista del Magistero tradizionale”[26]. Vale a dire non vi è continuità reale tra
Tradizione apostolica e Dignitatis humanae (d’ora in poi ‘DH’),
anche se essa viene affermata, ma non dimostrata. Ayuso riscontra in
‘DH’ una sorta di eterodossia pubblica, vale a dire un
errore in materia di dottrina sociale e politica[27].
●Prudenzialmente. Ayuso si domanda se sia
realistico un ritorno immediato allo Stato cattolico. La realtà odierna,
in cui o non si prende neppure in considerazione il problema dei rapporti
gerarchizzati tra potere politico e spirituale o lo si ritiene attualmente
insostenibile, “e - ciò è ancor peggio - da parte della stessa gerarchia
ecclesiastica”[28], non favorisce praticamente tale
ritorno immediato, anzi lo rende umanamente impossibile e solo miracolosamente
attuabile. Certamente occorre evitare i due errori opposti per eccesso
(fanatismo ideologico semplicistico: tutto e subito) e per difetto
(opportunismo pragmatistico: rinunzia dei princìpi e/o acquiescenza pratica con
l’errore), ma bisogna sempre tendere all’ideale o alla dottrina della
cooperazione gerarchizzata e subordinata tra Stato e Chiesa, che è “una morale
invariabile dell’ordine politico […], non è qualcosa di meramente
facoltativo, […], ma è il costitutivo interno [o l’essenza] della
Società civile”[29], anche se in pratica essa oggi è
difficilmente attuabile nell’immediato o nel futuro prossimo, ma
non assolutamente impossibile da realizzarsi gradualmente o nel futuro
remoto. Occorre quindi “rimettere in piedi – come scrive Ayuso – la dottrina
della Chiesa […] sulle basi della Tradizione”[30]. Soprattutto non bisogna mai
disperare, né quanto alla salvezza eterna della propria anima e né
quanto alla salvezza temporale della Società, la quale deve e può tornare
a portare a compimento il suo dovere e cogliere il suo fine: il benessere
temporale dei cittadini subordinatamente a quello spirituale. Infatti Dio è
Causa Prima dell’uomo, “animale razionale” dotato di un’anima spirituale
ed immortale, come pure dell’uomo “animale sociale”, che vive in una
società imperfetta di ordine naturale (famiglia) e perfetta di ordine temporale
(Stato) e soprannaturale (Chiesa). Per cui lo Stato deve lavorare in
cooperazione gerarchica subordinata con la Chiesa, come il corpo con l’anima.
Dio è onnipotente e provvido sia per la singola anima e la sua salvezza eterna
sia per la famiglia e la Società (civile e religiosa). Quindi si deve sperare
la salvezza eterna della propria anima come pure l’instaurazione del Regno
sociale di Cristo e lavorare per essi. Infatti “chi vuole il fine, prende i
mezzi”.
Conclusione
●“La Chiesa non può, senza tradire la
propria missione, smettere di affermare che esiste una legge morale naturale
[…] alla quale devono essere sottomessi i poteri pubblici. Questo è il nucleo
dello Stato cattolico”[31], come ha insegnato Pio XI nella sua prima enciclica Ubi
arcano Dei del 1922, sintetizzata nel motto di papa Ratti “Pax Christi in
Regno Christi”. Il “peccato originale” della modernità è consistito
nell’aver posto nell’uomo e non in Dio il fondamento della vita sociale e dello
Stato (“eritis sicut Dii”). L’antropocentrismo sociale o politico
è il ‘principio e fondamento’ della filosofia e civiltà moderna, come
l’antropocentrismo individualistico lo è del modernismo. L’eresia dogmatica
modernistica si è trasformata in Rivoluzione sociale liberale o modernismo
politico (cfr. S. Pio X, Notre
charge apostolique, 1910)[32]. Tutte o quasi tutte le Rivoluzioni sociali
nascono da errori filosofici ed eresie dogmatico-morali.
●La
Verità Filosofica, Dogmatica E Morale è stata sintetizzata
teocentricamente dal motto di San
Paolo: “Non est Potestas nisi a Deo”, la contro-chiesa l’ha
rivoluzionata antropocentricamente in: “Non est potestas nisi ab Homine”[33]. Così l’eresia dogmatica modernistica ha
influito sulla Rivoluzione politica democristiana e questa ha finito per
demolire le ultime tracce o “rovine” di una civiltà, che era ancora cristiana
prima di essere demo-cristianizzata. Certamente ‘DH’ ha avuto un ruolo
filosofico, teologico e politico in questo processo di laicizzazione o
secolarizzazione. Il vescovo spagnolo mons. José Guerra Campos aveva invitato a
“riedificare la dottrina [sociale] della Chiesa” a causa delle notevoli
“incoerenze nella predicazione attuale”[34]. Con ‘DH’ si assiste al fenomeno di
penetrazione del laicismo in ambiente cattolico ed ecclesiale sino al punto che
la separazione tra Stato e Chiesa è predicata dagli stessi uomini di Chiesa. Il
post-concilio ha aggravato l’errore laicista di ‘DH’ sino al punto di far
rivedere i Concordati con la Spagna (1978) e l’Italia (1984) in senso
separazionista, definito come “ideale” da Giovanni Paolo II per quanto riguarda
il Concordato italiano del 1984. Lo stesso Giovanni Paolo II, nella Lettre
apostolique aux Eveques français dell’11 febbraio 2005 in occasione del
primo centenario della legge francese del 1905 sulla separazione tra Stato e
Chiesa (condannata da San Pio X in
Vehementer, 1906), ha scritto: “Il principio della laicità […] appartiene
alla dottrina sociale della Chiesa”. Ossia il “libero Stato e libera
Chiesa” di Cavour sono diventati dottrina sociale cattolica!
●Solo Dio ci può far uscire da
una situazione di apostasia generale, che è penetrata sin nel Santuario e nelle
menti dei gerarchi della Chiesa. Egli, infatti, ci ha promesso: “Portae
inferi non praevalebunt adversus eam”.
d. CURZIO NITOGLIA
7 luglio 2011
http://www.doncurzionitoglia.com/forma_societa_stati_liberta_reli.htm
NOTE
[2] M.
Ayuso, La costituzione cristiana
degli Stati,
“Edizioni Scientifiche Italiane”, Napoli, 2010, p. 13. Cfr. J. A. Widow, El ombre, animal
politico, Santiago del Cile, Editorial Universitaria, 1984.
[3] Ibidem, p. 14.
[4] Ib., p. 18. Cfr. anche Ramòn Orlandis, Pensamientos y
occurrencias, Barcellona, Balmes, 2000; Francisco Canals, Polìtica española:
pasado y futuro, Barcellona, Acervo, 1977.
[5] Ib., p. 21.
[6] Ivi. Cfr. A. De
Mun, Ma vocation sociale, Parigi, Lethielliieux, 1908.
[7] Ib., p. 22.
[8] Ib., pp. 24-26. Cfr. M. Ayuso, La revoluciòn liberal y sus
metamorfosis ante el pensamento catòlico, in J. M. Sànchez, Polìtica y religiòn en
la crisis de la modernidad, Madrid, Fundaciòn Tomàs Moro, 2000; A. Gambra, Los catòlicos y la
democrazia. Génesis històrica de la democrazia cristiana, Madrid, Speiro,
1982.
[9] M. Ayuso,
La costituzione cristiana degli Stati,
cit., p. 27.
[10] Ib., p. 28.
[11] Ivi. Cfr. F. Rodrìguez, Introduciòn a la
polìtica social, Madrid, Civitas, 1979; M. Ayuso, La polìtica, officio del
alma, Buenos Aires, Nueva Hispanidad, 2007; Id., Koinòs. El pensamiento politico de Rafael Gambra, Madrid, Speiro, 1998; D. Castellano, L’ordine della
politica, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1996, tr. spagnola, La
naturaleza de la polìtica, Barcellona, Scire, 2006; Id., De Christiana Republica,
Napoli, ESI, 2004; Id.,
Costituzione europea, diritti umani e libertà religiosa, Napoli,
ESI, 2005; Id., L’ordine
politico-giuridico, Napoli, ESI, 2007; Id., La politica tra Scilla e
Cariddi, Napoli, ESI, 2010; A. d’Ors,
Ensayos de téoria polìtica, Pamplona, Eunsa, 1979; F. E. de Tejada, Europa, tradizione,
libertà, Napoli, ESI, 2005; J.
Ousset, Pour Qu’il Règne, Parigi, Office international, IIa ed.,
1970.
[12] Ib., p. 29. Sulla Tradizione apostolica e le novità del Vaticano II
cfr. Brunero Gherardini,
Concilio Ecumenico Vaticano II. Un discorso da fare, Frigento,
Casa Mariana Editrice, 2009; Id.,
Tradidi quod et accepi. La Tradizione, vita e giovinezza della
Chiesa, Frigento, Casa Mariana Editrice, 2010; Id.,Concilio Vaticano II. Il discorso
mancato, Torino, Lindau, 2011; Id.,
Quaecumque dixero vobis. Parola di Dio e Tradizione a confronto con
la storia e la teologia, Torino, Lindau, 2011.
[13] M. Ayuso,
La costituzione cristiana…, cit., p. 36.
[14] La costituzione cristiana…,
cit., p.
38.
[15] Cfr. A. Millàn Puelles, Sobre el hombre y
la sociedad, Madrid, Rialp, 1976.
[16] La costituzione cristiana…, cit., p. 39. Cfr. V.
Rodrìguez, Temas clave del humanismo cristiano, Madrid, Speiro,
1984.
[17] Cfr. J.
Meiinvielle, Il cedimento dei cattolici al liberalismo. Critica a
Maritain, Roma, Sacra Fraternitas Aurigarum, 1991.
[18] Cfr. P. C.
Landucci, La sacra vocazione, Roma, Paoline, 1956.
[19] Cfr. M. de
Corte, Essai sul la fin d’une civilisation, Parigi, De Médicis,
1949.
[20] La costituzione cristiana…,
cit., p.
71.
[21] J. Guerra Campos,
Amor, deber y permissivismo, Madrid, Adue, 1978.
[22] M. Ayuso,
Las murallas de la ciudad, Buenos Aires, Nueva Hispanidad, 2001.
[23] La costituzione cristiana…,
cit., p.
75.
[24] Cfr. J.
Meinvielle, Influsso dello gnosticismo ebraico in ambiente cristiano,
Roma, Sacra Fraternitas Aurigarum, 1989.
[25] Cfr. D.
Castellano, L’aristotelismo cristiano di Marcel De Corte, Firenze,
Pucci-Cipriani, 1975; Id., La
razionalità della politica, Napoli, ESI, 1993; J. Orlandis, Historia y espìritu,
Pamplona, Eunsa, 1975;
[26] Ib., p. 84. Cfr. L.
E. Palacios, Nota critica a la declaratiòn conciliar sobre libertad
religiosa, in “Anales de la Real Academia de Ciencias Moralesy Politicas”,
Madrid, n. 56, 1979, pp. 45 ss.
[27] La costituzione cristiana…,
cit., p.
85.
[28] La costituzione cristiana…,
cit., p.
91.
[29] La costituzione cristiana…,
cit., p.
89. Cfr. J. Guerra Campos,
Hacìa la estabilizatiòn polìtica, Madrid, Uniòn Editorial, 1983;
M. Ayuso, Une culture pour
l’Europe de démain, Parigi, Editions Univeristaires, 1992; D. Castellano, Razionalismo e diritti
umani, Torino, Giappichelli, 2003.
[30] La costituzione cristiana…,
cit., p.
91.
[31] La costituzione cristiana…,
cit., p.
106.
[32] D. Composta – D.
Castellano, Questione cattolica e questione
democristiana, Padova, Cedam, 1987.
[33] Cfr. C.
Fabro, La svolta antropocentrica di Karl Rahner, Milano, Rusconi,
1974; Id., L’avventura della
teologia progressista, Milano, Rusconi, 1974.
[34] J. Guerra Campos,
La Iglesia y la comunidad polìtica,
XIV centenario
del III Concilio di Toledo, 1989
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