EBREI E CONCILIO V. II

di Léon de Poncins

Sopra:
allegoria della Chiesa e della Sinagoga sulla cattedrale di Strasburgo (XV
secolo).
A sinistra, la
Chiesa trionfante con lo stendardo del Vangelo e il calice dei Sacramenti
del Nuovo
Testamento. A destra, la Sinagoga con lo stendardo spezzato dell'Antico
Testamento
e una benda
sugli occhi, simbolo della cecità dovuta al rifiuto di Gesù Cristo.
Il visconte
Lèon de Poncins (1897-1975) è ben conosciuto dagli estimatori di quel
genere di scritti che trattano della cosiddetta «guerra occulta», ovvero di
quella lotta segreta che i vertici della Rivoluzione conducono da almeno tre
secoli contro la Chiesa cattolica. Durante il Concilio Vaticano II, de Poncins
seguì, denunciò le mosse e contrastò gli sforzi di oscure lobby
internazionali per influenzare la Santa Sede, trarre in inganno l'opinione
pubblica mondiale e snaturare il dibattito conciliare sul problema ebraico. A
tale scopo, egli pubblicò, poco prima dell'approvazione della Dichiarazione
Nostra Ætate, il presente studio incentrato sulle opere anticristiane del
Prof. Jules Marx Isaac.
|
l
Presentazione
Uno dei
cambiamenti più dirompenti introdotti dal Vaticano II nella dottrina cattolica è
certamente quello relativo all'insegnamento della Chiesa sul popolo ebraico.
Fino a quarant'anni fa, infatti, tutti i teologi, poggiando saldamente sui
Vangeli, sull'insegnamento dei Padri della Chiesa e sul Magistero ecclesiastico
di quasi duemila anni, ritenevano che con la venuta di Gesù Cristo e con
l'avvento della Nuova Alleanza
suggellata con il Suo Sangue, il nuovo Israele di Dio
non fosse più il popolo dell'Antica Alleanza, ma tutti gli uomini chiamati a far
parte della Chiesa cattolica mediante il battesimo. Era inoltre opinione comune
che gli ebrei contemporanei del Salvatore e quelli vissuti in seguito (nella
misura in cui condividevano il «crocifiggilo» dei loro padri) fossero
deicidi, ossia che si fossero macchiati del peggiore delitto:
l'uccisione del Figlio di Dio e il rifiuto della Sua messianicità
e divinità. Questo era ciò che credevano tutti i cattolici almeno fino al 1965,
quando con l'approvazione del documento conciliare Nostra Ætate venne
introdotta una nuova dottrina secondo la quale gli ebrei non erano affatto
responsabili della morte di Gesù (addossata ingiustamente ai romani, semplici
esecutori materiali della crocifissione), e che dunque non dovevano più essere
ritenuti come maledetti da Dio per il loro enorme peccato. Proseguendo su questa
linea di pensiero e di azione si andò ben oltre proclamando ancora in vigore
l'Antica Alleanza tra Dio e il suo popolo 1,
e dunque sostenendo di fatto che Dio non aveva rigettato Israele a causa del suo
rifiuto di Cristo e della salvezza offerta dalla Redenzione da Lui operata sul
Calvario 2;
che l'antisemitismo era un sentimento alimentato nella popolazione
dall'insegnamento cristiano preconciliare 3,
e che tale sentimento sarebbe poi sfociato nella feroce persecuzione degli ebrei
messa in atto dal nazismo e nell'Olocausto, di cui, dunque, la Chiesa sarebbe
responsabile. Ed ecco che i massimi rappresentati della Sposa di Cristo, senza
macchia e senza peccato, si sono prostrati e hanno chiesto perdono ai successori
di Caifa per il delitto commesso da «popoli cristiani» (!?), fomentati
nel loro odio verso gli ebrei da una lettura «distorta» dei Vangeli e
dall'eccessiva foga di alcuni oratori cristiani dei primi secoli. Sta di fatto
che questo documento conciliare - leggere
per credere - non è corredato da alcuna nota, e questo
perché questa strampalata tesi imposta ai fedeli di tutto l'orbe cattolico
poggia sul nulla! Non un solo passo della Sacra Scrittura, non un solo Santo,
non un solo Papa - almeno fino al 1962 - ha mai sostenuto una simile teoria. Al
contrario, come risulta dalla lettura di questo agevole scritto, tutti i Santi,
tutti i Padri della Chiesa e tutti i Papi hanno ribadito con fermezza la
dottrina tradizionale. Ciononostante, tranne qualche voce fuori dal coro
«politicamente scorretta» e quindi messa subito a tacere, il popolo cristiano,
lentamente avvelenato da altre nuove dottrine partorite dal Concilio
(ecumenismo, libertà religiosa, ecc...), ha accettato passivamente questo
diktat e si è allineato con le novità. In realtà, dietro alla facciata
dell'ecumenismo, il vecchio Israele continua a coltivare l'antico desiderio di
assorbire il cristianesimo (nell'impossibilità di annientarlo) dopo averlo
«purgato» dalla sua pretesa di religione divina. In fondo, non si tratta di una
novità: già nell'era apostolica, la Chiesa dovette combattere la prima eresia,
quella giudaizzante, la quale pretendeva che fosse imposta ai pagani che
aderivano al cristianesimo la legge di Mosè. Tale eresia venne solennemente
condannata da San Pietro e da San Paolo durante il primo Concilio della Chiesa
tenutosi a Gerusalemme (At 15, 1-21). Al di là di ogni calcolo umano, di
ogni volontà di compromesso e di qualsivoglia disegno di pace terrena, noi
crediamo che ogni tradimento della verità evangelica sia un tradimento della
fede che abbiamo ricevuto nel battesimo e che vogliamo conservare intatta fino
alla nostra morte, anche se ciò comportasse l'incomprensione dei nostri fratelli
e persino la persecuzione da parte di alcuni di essi, certi come siamo che
presto il Signore ristabilirà la verità nella sua pienezza.


Paolo
Baroni
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I
NOSTRA ÆTATE
NOSTRA ÆTATE
Il 20
novembre 1964, l'assise dei Vescovi, Arcivescovi e Cardinali di tutto il mondo,
riuniti in Concilio a Roma (3ª Sessione), presentò uno Schema riguardante
l'atteggiamento e la posizione della Chiesa cattolica a riguardo degli ebrei e
dell'ebraismo. Dietro un'innocente apparenza
di unità ecumenica, di carità cristiana, di filiazione
spirituale comune e di riconciliazione delle chiese, questo Schema sottintendeva
un fatto di una portata gravissima, poiché asseriva implicitamente che da
duemila anni a questa parte la Chiesa si era sbagliata, e che doveva quindi
riparare e rivedere completamente il suo contegno verso gli ebrei. Questo
obiettivo soddisfaceva la potente propaganda condotta in quegli anni dai
portavoce delle grandi organizzazioni internazionali ebraiche (B'nai
B'rith 4,
Congresso Mondiale Ebraico, ecc...), che miravano ad ottenere una «revisione
e una purificazione» dell'insegnamento cristiano a riguardo dell'ebraismo,
propaganda che riassumeremo in seguito brevemente. Questo Schema suscitò subito
alcune violente reazioni nel mondo musulmano e tra i cattolici di rito
orientale. Giovanni XXIII
(1881-1963) pensò che, essendo quest'argomento di una portata politica e
dottrinale molto grave, richiedesse una matura riflessione; rifiutò quindi di
ratificarlo e rimandò la decisione alla successiva e ultima Sessione del
Concilio, la cui riapertura era stata fissata per il 14 settembre 1965 5.
Riassumiamo ora brevemente i fatti, poiché è necessario conoscerli per afferrare
il significato reale di questo problema, certamente uno dei più gravi trattati
dal Concilio. Novantanove Padri conciliari votarono «no», 1.651 «sì», e 242
votarono «sì», ma «con riserva». Lo Schema, d'altra parte, era provvisorio;
nella 4ª Sessione del 1965 avrebbe avuto luogo lo scrutinio definitivo. Nel
corso delle Congregazioni generali, i Vescovi orientali intervennero per dire
che erano contrari al fatto stesso di una Dichiarazione conciliare riguardante
gli ebrei. Ecco un estratto della Dichiarazione Nostra Ætate inerente
questo tema, votata dai Padri conciliari il 20 novembre 1964 6:



A prima
vista, questa mozione sembrerebbe conforme alla dottrina perenne della Chiesa,
la quale, pur cercando di tutelare la comunità cristiana proteggendola dalle
influenze ebraiche, ha sempre condannato tutte le persecuzioni. Anche uno
scrittore ebreo in buona fede come Max Isaac Dimont (1912-1992),
affermava: «Se lo avessero desiderato, i Papi e i sovrani del Medioevo
avrebbero potuto togliere gli ebrei dalla circolazione, ma non lo fecero.
Quando, per ragioni sociali, economiche e anche religiose, la presenza degli
ebrei diventava indesiderabile, li cacciavano senza massacrarli. La Chiesa
insegna che ogni essere umano ha un'anima, e che ad un uomo non basta quasi
tutta una vita per salvare la propria. Solamente quando la religione perse tutta
la sua influenza sull'uomo avvenne che un popolo occidentale poté freddamente
concepire lo sterminio di milioni di esseri umani con il semplice pretesto che
per essi non vi era spazio sulla terra» 7.
In realtà, la mozione votata a Roma, dimostrò da parte di molti Padri conciliari
una profonda misconoscenza dell'ebraismo. Sembra che essi si siano attenuti solo
all'aspetto umanitario del problema, presentato abilmente dai portavoce
dell'ebraismo mondiale e da una stampa completamente animata da elementi
israeliti.
II
ORIGINI DELLE RIFORME
PROPOSTE AL CONCILIO
ORIGINI DELLE RIFORME
PROPOSTE AL CONCILIO
Infatti,
all'origine delle riforme proposte al Concilio onde modificare la condotta e la
dottrina secolari della Chiesa verso l'ebraismo e verso la Massoneria, vi furono
diverse personalità e organizzazioni ebraiche: Jules Marx Isaac
(1877-1963), Label Katz (1918-1975), Presidente del B'nai B'rith,
Nahum Goldmann (1895-1982), del Congresso Mondiale Ebraico, ecc... Tra le
personalità ebraiche sopracitate, ve n'è una che ha svolto un compito
preminente: lo scrittore Jules Isaac, un ebreo d'Aix-En-Provence, ex ispettore
generale della Pubblica Istruzione Francese, autore di testi classici e
dell'Histoire de France (Ed. Malet-Isaac), nonché membro del B'nai
B'rith. Durante il Concilio, dove aveva trovato appoggio tra i Vescovi
progressisti, Jules Isaac è stato il principale teorico e promotore della
campagna contro l'insegnamento tradizionale della Chiesa in materia di ebraismo.
Vediamo ora la posizione che egli assunse per far prevalere la propria tesi.
Dopo la perdita della moglie e della figlia, morte in un campo di concentramento
nazista, egli dedicò i suoi ultimi vent'anni di vita allo studio critico dei
rapporti tra l'ebraismo e il cristianesimo, e consacrò a questo studio due libri
importanti: Jésus et Israël, pubblicato nel
1946 e ristampato nel 1959; Genèse de l'antisémitisme,
pubblicato nel 1948 e ristampato nel 1956.
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Jules Marx Isaac | Label Katz | Nahum Goldmann |
Ecco il
nocciolo della tesi sostenuta dall'Isaac: bisogna finalmente farla finita con
l'antisemitismo, il cui risultato è stato il massacro degli israeliti europei ad
Auschwitz e in altri campi di sterminio durante la Seconda Guerra mondiale.
L'«antisemitismo cristiano», a base teologica, è l'antisemitismo più
temibile 8.
Infatti, l'atteggiamento dei cristiani verso gli ebrei e verso l'ebraismo è
stato sempre fondato sul racconto della Passione tale quale è stato riportato
dai quattro Evangelisti, e sull'insegnamento che ne hanno fatti i Padri della
Chiesa: in particolare, San Giovanni Crisostomo, Sant'Ambrogio, Sant'Agostino,
San Gregorio Magno, Sant'Agobardo, ecc... Jules Isaac ha tentato di demolire
questa base teologica fondamentale, contestando il valore storico dei racconti
evangelici e screditando gli argomenti avanzati dai Padri della Chiesa per
preservarla dall'influenza degli ebrei, accusati di nutrire intenzioni
sovversive contro l'ordine cristiano 9.
Subito dopo la guerra, egli cominciò ad organizzare riunioni nazionali e
internazionali con personalità cattoliche filo-semite favorevoli alla sua tesi.
Nel 1947 10,
dopo incontri di questo genere tra ebrei e cattolici, nei quali figuravano da
parte ebraica personaggi come Edmond Fleg (1874-1963) e Samy
Lattés (1902-1987), e dalla parte cattolica filo-semiti come Henri Irénée
Marrou (1904-1977), Padre Jean-Guénolé-Marie Daniélou
s.j. (1905-1974) 11,
e Padre Vieillard, membro della Segreteria dell'Episcopato francese.
Isaac redasse una relazione, stilata in diciotto punti, sulla «Revisione
dell'insegnamento cristiano nei confronti di Israele». Nello stesso anno,
egli fu invitato alla Conferenza Internazionale di Seelisberg, in Svizzera, alla
quale parteciparono settanta persone provenienti da diciannove Paesi diversi,
tra cui Padre Callixte Lopinot, Padre
Démann, il pastore Adolf Freudenberg (1894-1977) e il Gran Rabbino
Jacob Kaplan (1895-1994). La Conferenza adottò in sessione plenaria i «Dieci
punti di Seelisberg», i quali proponevano alle chiese cristiane le necessarie
misure da prendere per emendare l'insegnamento religioso nei riguardi degli
ebrei. In seguito, con il Gran Rabbino di Francia, con gli ebrei Edmond Fleg e
Léon Algazi (1890-1971), e con
alcuni amici cattolici come Henri Marrou, Jacques Madaule (1898-1993),
Jacques Nantet, oltre ad altri amici protestanti come il Prof.
Lovsky e Jacques Martin, egli fondò la prima Amitié
Judéo-Chrétienne («Amicizia ebraico-cristiana»), seguita presto dalla
fondazione di altre Amitiés ad Aix, a Marsiglia, a Nimes, a Montpellier,
a Lione, e infine a Lille, dove egli ottenne la protezione del Cardinale
Achille Liénart (1884-1973) 12.
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Edmond Fleg | Henri Irénée Marrou | Padre Daniélou s.j. |
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Adolf Freudenberg | Jacob Kaplan | Cardinal Liénart |
Più tardi,
egli fondò anche altre associazioni similari nell'Africa del Nord. Nel 1949,
egli entrò in relazione con alcuni membri del clero di Roma che fecero in modo
che egli potesse essere ricevuto in udienza privata da Pio XII
(1875-1958), presso il quale perorò la causa del giudaismo, chiedendogli
espressamente di prendere in esame i «Dieci punti di Seelisberg». Nel 1959,
Jules Isaac tenne una conferenza alla Sorbona sulla necessaria revisione
dell'insegnamento cristiano nei confronti degli ebrei, che terminò con un
appello alla giustizia e all'amore per la verità a Giovanni XXIII. Poco dopo,
egli si incontrò con molti prelati appartenenti alla Curia romana, e in
particolare con il Cardinale
Eugene-Gabriel-Gervais-Laurent Tisserant (1884-1972),
con il Cardinale André-Damien-Ferdinand Jullien
(1882-1965), con il Cardinale Alfredo Ottaviani (1890-1979), con il
Cardinale Augustin Bea (1881-1968) 13,
e il 13 giugno 1960, fu ricevuto da Giovanni XXIII, al quale chiese la condanna
«dell'insegnamento del disprezzo» e gli consigliò la creazione di una
sotto-commissione incaricata di studiare tale problema. Più tardi, il Prof.
Jules Marx Isaac «ebbe la gioia di sapere che le sue proposte erano state
prese in considerazione dal Papa e trasmesse per lo studio al Cardinale
Bea», il quale creò allora, all'interno del Segretariato per l'Unità dei
Cristiani, un gruppo di studiosi con l'incarico specifico di esaminare i
rapporti tra la Chiesa ed Israele.
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Cardinal Tisserant | Cardinal Ottaviani | Cardinale Bea |
Nel 1964,
la questione fu sottoposta al Concilio, per sfociare poi finalmente nella
votazione del 20 novembre 1964.
III
JULES ISAAC E L'INSEGNAMENTO CRISTIANO
JULES ISAAC E L'INSEGNAMENTO CRISTIANO
Jules Isaac
ha consacrato due libri per criticare e abbattere i due pilastri
dell'insegnamento cristiano in tema di ebraismo. Nella prima di queste due opere
- Jésus et Israël - pubblicata nel 1949 (di 596 pagine), e ristampata nel
1959 14,
Jules Isaac critica gli Evangelisti, e specialmente San Giovanni e San
Matteo. «Lo storico ha il diritto e il dovere - il dovere assoluto - di
considerare i racconti evangelici come testimonianze faziose (contro gli
ebrei), con questa aggravante circostanza: che essi sono gli unici testimoni e
tutti e quattro vanno
nella stessa direzione; noi non abbiamo né testimonianze
ebraiche (di un certo valore), né testimonianze pagane per confrontarle con le
prime e confutarle. Ora, in nessuna altro documento è più evidente e più
accentuato il partito preso dagli Evangelisti; per contro, in nessun
altro caso l'assenza di documenti non-cristiani è più deplorevole come lo
è per tutto ciò che riguarda la storia della Passione [...]. Tuttavia, è
chiaro che tutti e quattro gli Evangelisti hanno avuto la stessa preoccupazione,
ovvero quella di ridurre al minimo le responsabilità romane, al
fine di aggravare quelle ebraiche [...]. D'altra parte, il partito
preso presenta sfumature diverse: Matteo oltrepassa di molto non solo Marco e
Luca, ma forse anche Giovanni. Bisogna stupirsene? I fratelli nemici sono i
più accaniti; ora, Matteo è giudeo, fondamentalmente giudeo, il più giudeo
degli Evangelisti. Secondo una tradizione che sembra fondata, egli scrisse "in
Palestina e per i palestinesi", per dimostrare, rifacendosi all'Antico
Testamento, che Gesù Cristo era veramente il Messia predetto dalla Sacra
Scrittura [...]. Ma tutto questo è stato storicamente provato? È
lecito dubitarne. Non è affatto sorprendente constatare che dei tre
sinottici, il più parziale sia Matteo, e che il suo racconto della
Passione sia il più tendenzioso; per il momento, il più imparziale - o il
meno imparziale - è Luca, il solo Evangelista non ebreo, il solo proveniente dai
"gentili". L'accusa cristiana contro Israele, l'accusa di deicidio, accusa di
crimine - essa stessa criminale - è la più grave, la più nociva, e la più
iniqua. Gesù Cristo è stato condannato al supplizio della Croce, supplizio
romano,
da Ponzio Pilato, procuratore romano [...]. Ma
i quattro Evangelisti, unanimi su questo punto, affermano che Gesù Cristo è
stato consegnato nelle mani dei romani dai giudei; solo sotto l'irresistibile
pressione degli ebrei, Pilato, desideroso di presentare Gesù innocente, lo
condannò al supplizio. Dunque, non sui romani, semplici esecutori, ma sugli
ebrei incombe la responsabilità del delitto; essa pesa su di loro, di un peso
soprannaturale che li schiaccia [...]. Solo Matteo (Mt 27, 24-25) sa e
dice che il procuratore Pilato si lavò le mani, secondo il costume ebraico, per
sgravarsi della responsabilità del sangue innocente costretto a far versare.
Solo Matteo nota anche che "tutto il popolo" esclamò: "Il suo sangue ricada
su di noi e sui nostri figli". Marco, Luca e Giovanni non sanno niente, e
non dicono niente né dell'abluzione delle mani, né della terribile esclamazione.
Questo versetto, che ha fatto tanto male, e che è stato sfruttato a
danno del popolo ebraico per tanti secoli e da tanti autori cristiani, si
trova solamente nel Vangelo di Matteo, avvicinandosi così ai vangeli
apocrifi, e non corrispondendo per nulla alla verità
storica» 15.
In breve: dal racconto della Passione rivisto e corretto da Jules Isaac, gli
Evangelisti appaiono come menzogneri matricolati, dei quali il più
velenoso è senza dubbio Matteo. «A lui la palma per aver lanciato con mano
sicura il dardo avvelenato che non si può più estrarre» 16.
Jules Isaac conclude affermando perentoriamente: «Mai il genere
tendenzioso di un racconto, mai la preoccupazione "a carattere dimostrativo"
appare con maggior evidenza, un'evidenza che prorompe e culmina in questi
versetti (24-25), generando convinzioni in ogni spirito libero. No, Pilato non
si è lavato le mani secondo il costume israelita. No, Pilato non ha sfoggiato la
sua innocenza. No, la folla ebraica non ha esclamato "il suo sangue ricada su di
noi e sui nostri figli" [...]. Perché insistere oltre? La ragione è
chiara. Lo è per tutti gli uomini di buona fede. Direi: lo è anche davanti a Dio
stesso» 17.



IV
JULES ISAAC E I PADRI DELLA CHIESA
JULES ISAAC E I PADRI DELLA CHIESA
Nella
seconda di queste opere - Genèse de l'antisémitisme - pubblicato nel
1956, Jules Isaac si sforzò di screditare i Padri della Chiesa. Ci è impossibile
riassumere in poche parole un volume di 350 pagine. Limitiamoci a citare alcuni
passi tra i più caratteristici: «È verissimo che nel mondo pagano c'è stata
una forte corrente d'antisemitismo, di molto anteriore all'antisemitismo
cristiano; è altrettanto vero che questo antisemitismo ha talvolta scatenato
sanguinosi conflitti o dei "pogrom". Siccome c'è stato un antisemitismo pagano,
la cui sorgente risale al comandamento divino, in che cosa il cristianesimo
troverebbe la sua giustificazione per averlo ereditato (dopo esserne stato esso
stesso per lungo tempo la vittima), e più ancora, dopo aver spinto fino al
parossismo la virulenza, la malvagità, le calunnie e gli odi mortali? Contro il
giudaismo e i suoi adepti, nessuna arma si è rivelata più temibile
dell'"insegnamento del disprezzo" inculcato soprattutto dai Padri della Chiesa
del IV secolo; e in questo insegnamento nessuna tesi è stata più nociva di
quella del "popolo deicida". La mentalità cristiana ne
è rimasta impregnata fin nelle profondità del suo
subcosciente [...]. Non riconoscerlo e non sottolinearlo, equivale ad
ignorare o a camuffare la più grande sorgente dell'antisemitismo
cristiano» 18.
«Essa è la grande sorgente dove i sentimenti cristiani si sono alimentati
senza certamente originarla. L'"insegnamento del disprezzo" è una creazione
teologica» 19.
«Ascoltiamo dapprima emergere lungo i secoli, quale sordo rumore, il coro
delle accuse, delle imprecazioni cristiane - lasciatemelo dire - pronunziate da
coloro che si dicono cristiani, perché esse mal si accordano con le parole di
carità, di misericordia e di amore fraterno, che sono gli insegnamenti
fondamentali e la gloria di Gesù Cristo. "Deicida": tale è l'accusa lanciata
senza riserve e senza distinzione alcuna contro tutto il popolo
ebraico» 20.
«La cieca violenza delle masse ignoranti si ricollega intimamente alla fredda
scienza dei teologi. Accusa fondamentale alla quale è legato il tema del castigo
capitale, della terribile maledizione che grava sulle spalle di Israele,
spiegando (e giustificando in anticipo) il suo deplorevole destino, le sue più
crudeli prove, le peggiori violenze commesse contro di lui, i torrenti di sangue
che scorrono continuamente dalle sue piaghe aperte e vive [...]. Di modo
che, per un abile meccanismo alternativo di sentenze dottrinali e di furori
popolari, si fa ricadere su Dio ciò che, visto dalla sfera terrestre, è senza
dubbio il risultato della cattiveria umana, di questa perversità, diversamente,
ma abilmente sfruttata di secolo in secolo, di generazione in generazione e che
culminò ad Auschwitz, nelle camere a gas e nei forni crematori della Germania
nazista» 21.
«Bisogna riconoscerlo con tristezza: quasi tutti i Padri della Chiesa
hanno partecipato, ognuno con la propria pietra, a queste gesta di
lapidazione morale (non senza conseguenze materiali): Sant'Ilario di
Poitiers (315-367) come San Girolamo (347-420), Sant'Efrem (306-373) come San
Gregorio di Nissa e Sant'Ambrogio come Sant'Epifanio (315-403), giudeo di
nascita, e San Cirillo di Gerusalemme, e taccio. Ma in questa illustre corte,
venerabile sotto altri punti di vista, due nomi, tra tutti, hanno diritto ad una
menzione speciale: l'allegoria scultorea medievale raffigurante l'oratore greco
San Giovanni Crisostomo (dal greco «bocca d'oro»; N.d.R.) per
l'abbondanza e la ferocia delle invettive, e per lo straripamento degli
oltraggi; e il gran dottore della latinità, Sant'Agostino, per la sua
meravigliosa e (pericolosa) ingegnosità nell'elaborazione di una dottrina
coerente» 22.
Dopo questa globale rassegna dei Padri della Chiesa 23,
passiamo ora ai singoli casi, citando alcuni passi dello studio che Jules Isaac
ha consacrato ai grandi Dottori: San Giovanni Crisostomo,
Sant'Agostino, San Gregorio Magno e
Sant'Agobardo.

l San Giovanni Crisostomo

l Sant'Agostino

l San Gregorio Magno e Sant'Agobardo
«Consideriamo ora
l'insegnamento della Chiesa nell'alto Medioevo. Non se ne può trovare una così
perfetta espressione se non nel capolavoro di San Gregorio Magno (540-604), il
quale s'interpone tra Sant'Agostino e Sant'Agobardo, alla fine del IV secolo.
Dopo i Padri della Chiesa, nessuna opera ha avuto maggiore eco ed accoglienza,
soprattutto nella cristianità e nella cattolicità d'Occidente. Nessun esempio
può essere più convincente, poiché noi sappiamo già per
averlo visto agire come capo della Chiesa e come capo di Stato che, lungi
dall'essere un fanatico, questo grande Papa si è immortalato per le qualità
insigni: generosità di cuore, elevazione morale, equità e umanità. "Ebbri
d'orgoglio, i giudei hanno posto tutta la loro energia a chiudere la loro
intelligenza alla parola degli inviati di Dio. Perdendo l'umiltà, essi hanno
perduto l'intelligenza della verità". Ecco il tema del popolo carnale,
strettamente collegato con il tema precedente (del giudaismo degenerato alla
venuta di Cristo)» 30.
«Imitando il quarto Evangelista, San Gregorio fà un continuo abuso del
termine "giudei" per designare il partito degli avversari di Gesù Cristo, e ciò
significa votare tutto il popolo ebraico al disprezzo e all'odio dei fedeli: "I
giudei hanno consegnato il Signore e l'hanno accusato [...]. Nemmeno i
migliori esempi sono stati sufficienti per condurre questa rozza nazione a
servire Dio per amore e non per timore [...]. Essa è stata fedele solo
alla lettera dei precetti divini [...], e ha cercato nelle parole divine
non un mezzo di santificazione, ma un'occasione di superbia» 31.
«Il tema del "popolo carnale" è infinitamente pericoloso, poiché conduce con un
crescendo fatale a quello del popolo "della Bestia", dell'"Anticristo" e del
"demonio", animato da un odio perverso, diabolico, contro Dio e i suoi
difensori» 32.
«Tali sono gli insegnamenti del grande Papa, per lui di carattere puramente
dottrinale, e in pratica conciliabili con i doveri umanitari di carità cristiana
e di rispetto alla legalità. Per lui, ma non necessariamente per gli altri
[...]. Gli spiriti e i cuori mediocri, sempre e dovunque in maggioranza,
traevano necessariamente da un tale insegnamento l'orrore dell'ignominia
scolpita sulla fronte del popolo ebraico: i suoi delitti, la sua maledizione, e
la sua perversione satanica. Non occorre altro, in quest'epoca ed in ogni epoca,
per scatenare la barbarie della "Bestia"» 33.
«Non tralascerò da parte mia di dire e di ripetere dove conduca un tale
insegnamento lanciato a grande velocità tra la schiera
dei fedeli ignoranti e crudeli; non si tratta
unicamente di "ingiuste violenze" che si condannavano, a fior di labbra, ma
delle più odiose conseguenze di delitti, di omicidio, di genocidi, di massacri
in massa, o dei mostruosi "pogrom"» 34.
«È troppo semplice credere o lasciar credere che le peggiori violenze verbali
siano inoffensive, come se esse non rischiassero di generare le peggiori
violenze di fatti. Tra la bocca che oltraggia e il braccio che
colpisce, chi è il più colpevole? Lasciamo dunque a Sant'Agobardo, a
dispetto degli apologisti, la sua parte e il suo peso di
responsabilità» 35.
«E così, mediante un'infiltrazione metodica, l'uomo cristiano, che non è un
angelo, si trova irresistibilmente condotto a sognare il castigo, la vendetta e
il sangue. Venga l'occasione, sia essa la crociata, la peste, o la carestia, o
le collere trattenute, accumulate nel fondo dei cuori, rafforzate nella facile
credenza popolare in assurde calunnie ereditate dal paganesimo (l'accusa
dell'omicidio rituale); le ire esplodono, e c'è sempre qualche miccia per
accenderle, e succedono i mille e un "pogrom" del Medioevo che, in seguito, la
pia eloquenza e la scienza teologica, sapranno innalzare al piano di "castigo
provvidenziale" e di "vendetta divina"» 36.
«Per sostenere il contrario, si richiede un inveterato e forsennato partito
preso, o la sottomissione cieca ad una tradizione che tuttavia, come si sa, non
è "normativa", che non dovrebbe dunque imporsi come regola di pensiero nemmeno
al figlio più docile della Chiesa. In realtà, si tratta di una tradizione
vivace, infinitamente nociva, di una tradizione delittuosa di cui
ho già parlato, e che conduce - lo ripeto - ad Auschwitz e ad altri luoghi, dove
sei milioni d'israeliti sono stati assassinati solo perché giudei! [...]
E questo a disonore non solo del popolo tedesco, ma dell'intera cristianità.
Senza i secoli di catechesi, di predicazione e di vituperio cristiani, la
catechesi, la propaganda e il vituperio hitleriani, sarebbero stati
impossibili» 37.
«Come dimenticare che la cristianità, soprattutto dall'XI secolo in poi, ha
praticato contro i giudei una politica di avvilimento e di "pogrom" che si è
protratta, presso alcuni popoli cristiani, fino all'epoca contemporanea, di cui
ancora oggi constatiamo la sopravvivenza nella cattolicissima Polonia, e di cui
il sistema hitleriano non è altro che una copia atrocemente perfezionata? Fino a
quando le Chiese e i popoli cristiani non avranno riconosciuto le loro
responsabilità iniziali, e fino a che non avranno il vivo desiderio di
ritrattarle, l'antisemitismo conserverà la sua virulenza. Non molto tempo fa,
l'Arcivescovo di York osservava che esiste in Gran Bretagna un antisemitismo
latente, che serpeggia ovunque e il contrario sarebbe veramente sorprendente,
poiché la sorgente permanente di questo antisemitismo latente è costituita
dall'insegnamento religioso cristiano in tutte le sue forme» 38.


V
QUELLO CHE JULES ISAAC
ESIGEVA DAL CONCILIO
QUELLO CHE JULES ISAAC
ESIGEVA DAL CONCILIO
Dopo aver
letto i libri di Jules Isaac, di Josué Jéhouda (1892-1966), di Isidor
Isaac Rabi (1898-1988), di Elia Benamozegh (1822-1900), di Albert
Memmi e di altri autori ebrei contemporanei, si comprende benissimo la
manovra e il tranello tesi ai Padri Conciliari. «La Chiesa -
scrive Jules Isaac - è la sola colpevole; i giudei sono completamente
innocenti, scevri da ogni responsabilità, che ricade quindi unicamente sulla
Chiesa, il cui ammaestramento è la sorgente inesauribile dell'antisemitismo,
quello stesso antisemitismo che ha fermentato lungo i secoli per poi sfociare
nel luogo maledetto: Auschwitz. Solo la Chiesa, perciò, deve compiere un atto di
riparazione emendando e rettificando il suo millenario
insegnamento».
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Isidor Isaac Rabi | Albert Memmi | Elia Benamozegh |
Dopo queste
rimostranze, Jules Isaac passò alle realizzazioni pratiche. Egli domandò, o
piuttosto, pretese dal Concilio le seguenti assicurazioni:
-
La condanna e la soppressione di ogni discriminazione razziale, religiosa o nazionale nei confronti degli ebrei;
-
La modifica o la soppressione delle preghiere liturgiche riguardanti gli ebrei, e in particolare quelle del Venerdì Santo;
-
L'affermazione che i giudei non sono affatto responsabili della morte di Cristo, la cui responsabilità cade sull'intera umanità;
-
La soppressione o l'annullamento di quei passi evangelici che riportano il cruciale episodio della Passione, e in particolare quello di San Matteo che Jules Isaac tratta freddamente da menzognero e da falsario;
-
Che la Chiesa confessi di addossarsi tutti i torti che da duemila anni persistono in uno stato di guerra latente tra ebrei e cristiani e altri uomini;
-
La promessa che la Chiesa avrebbe assunto in futuro, in modo definitivo, un atteggiamento di umiltà, di contrizione, e di perdono verso
gli israeliti, o, infine, che essa avrebbe fatto ogni sforzo per riparare il torto causato, emendando e rettificando il suo insegnamento tradizionale secondo le sue direttive.
VI
L'AMICIZIA EBRAICO-CRISTIANA
L'AMICIZIA EBRAICO-CRISTIANA
Malgrado
l'insolenza del suo ultimatum, e a dispetto della sua virulenta
requisitoria contro i Vangeli e contro l'insegnamento dei Padri della Chiesa -
il quale trova il suo fondamento nelle parole stesse di Cristo - Jules Isaac
incontrò proprio a Roma, presso i Prelati moderni, potenti appoggi, a cominciare
dai numerosi adepti dell'Amicizia ebraico-cristiana. Nel numero del 23
gennaio 1965, il settimanale Terre de Provence,
pubblicato ad Aix, pubblicò il resoconto di una conferenza
tenuta da Mons. Robert Marie-Joseph François de Provenchères
(1907-1992), Arcivescovo di quella Diocesi, all'Amicizia
ebraico-cristiana in occasione dell'inaugurazione del «Viale Jules
Isaac», episodio che aveva avuto luogo la mattina stessa. L'articolo in
causa esordiva in questi termini: «Una densa folla si è stipata
nell'anfiteatro Ziromski per ascoltare la conferenza che Mons. de Provenchères
doveva tenere, nel quadro dell'Amicizia ebraico-cristiana sul seguente tema: "Il
Decreto conciliare sui rapporti tra i cattolici e i non-cattolici". Il Decano
Palanque ricordò dapprima la commovente cerimonia che aveva avuto luogo in
mattinata alla Montée Saint-Eutrope in presenza del sindaco, il signor Mouret,
del signor Schouraki e del signor Armand Lunel, Presidente degli amici di Jules
Isaac. In questa riunione, che verteva sullo Schema conciliare della 3ª Sessione
del Concilio, venne ancora una volta evocata la figura di Jules Isaac. Mons. de
Provenchéres ha presentato una documentazione di prima mano, avendo egli stesso
partecipato al Concilio. In seguito, esprimendogli la nostra riconoscenza per il
suo gesto, gli si cedette la parola. Mons. de Provenchéres rivelò quanto la sera
di quella memorabile giornata di festa egli fosse felice di rendere la sua
testimonianza, giacché i lavori conciliari gli avevano procurato una grande
gioia. Parlando di Jules Isaac, egli disse che fin dal primo incontro, nel 1945,
provò un senso di stima profonda verso lui, stima rispettosa che ben presto si
colorò con una sfumatura d'affetto. Lo Schema conciliare sembrò essere la
ratifica solenne di quella che fu la loro conversazione. L'origine di tale
Schema si doveva ad una richiesta di Jules Isaac al Vaticano, esaminata da più
di duemila Vescovi. Questa iniziativa fu presa da un laico e da un laico ebreo.
Mons. de Provenchéres osservò allora che spesso i grandi atti storici cominciano
da dei fatti e vengono consacrati in seguito; così [...] l'incontro di
Jules Isaac con Giovanni XXIII fu il segno della nascente amicizia
ebraico-cristiana [...]. Mons. de Provenchéres fece in seguito una
relazione particolareggiata del ruolo svolto da Jules Isaac a Roma nella
preparazione del Concilio. Poi, il Decano Palanque, ringraziando
Mons. de Provenchéres, rilevò il ruolo che il Vescovo di
Aix aveva svolto per il felice cammino di questo Schema» 39.
E poiché in questo capitolo trattiamo dell«Amicizia ebraico-cristiana, è molto
interessante vedere con quale altezzosa e sprezzante ironia ne parli Josué
Jéhouda, uno dei capi spirituali dell'ebraismo contemporaneo 40:
«L'espressione corrente "giudeo-cristiana", che indica l'origine giudaica del
cristianesimo, ha falsato persino il corso della Storia universale a
causa della confusione che provoca negli spiriti. Abolendo infatti le
distinzioni fondamentali tra il messianismo ebraico e quello cristiano, essa
congiunge due nozioni radicalmente contrastanti. Mettendo esclusivamente
l'accento su "cristiana" a discapito di "giudeo", essa fà scomparire il
messianismo monoteista, dottrina valevole su tutti i piani del pensiero, e
lo riduce ad un messianismo prettamente confessionale, preoccupato come il
messianismo cristiano della salvezza individuale dell'anima. L'espressione
"giudeo-cristiana", qualora designi provenienza comune, è senza dubbio la più
letale nozione. Si fonda infatti su una "contradictio in adjecto", e ha
inoltre falsato il corso della Storia. Essa unifica in una sola espressione,
due nozioni inconciliabili, e vuole dimostrare che non c'è differenza tra
giorno e notte, tra caldo e freddo, o tra nero e bianco; essa porta dunque una
rovinosa confusione sulla quale tuttavia si tenta di edificare una civiltà.
Il cristianesimo offre al mondo un messianismo limitato [...];
persino Spinoza, il pensatore più lontano dal monoteismo storico d'Israele,
scrive: "A riguardo di quello che certe Chiese affermano circa l'assunzione
della natura umana da parte di Dio, confesso che il loro sembra un linguaggio
assurdo come di chi affermasse che un cerchio si sia rivestito della natura
di un quadrato" 41.
L'esclusivismo dogmatico che la cristianità professa deve infine
cessare [...]. La testardaggine cristiana pretende di essere
la sola erede d'Israele e propaga l'antisemitismo. Questo scandalo presto o
tardi deve terminare: prima finirà e prima scomparirà il clima di menzogna nel
quale si
avvolge l'antisemitismo» 42.
Questo si chiama parlar chiaro; ma andiamo avanti: «Il cristianesimo si
fonda su una fede scaturita da un mito che si riallaccia alla
storia ebraica, e non ad una sua precisa tradizione trasmessa dalla Legge
scritta e orale, come lo è invece per Israele» 43.
«La cristianità pretende tuttavia di portare nel mondo il "vero" messianismo
che cerca di convertire tutti i pagani, ebrei compresi. Ma finché
persiste il messianismo monoteista d'Israele, anche allo stato virtuale, il
messianismo cristiano si presenta tale qual'è in realtà, ovvero
un'imitazione che si dilegua alla luce del messianismo
autentico» 44.
Sembra che i cristiani abbiano dato prova di una certa ingenuità precipitandosi
con entusiasmo nel tranello dell'Amicizia ebraico-cristiana, ma bisogna
temere che anche in questo caso, ancora una volta, essi non siano state vittime
del tutto innocenti della doppiezza talmudica. Quando Jules Isaac e gli altri
capi dell'ebraismo vennero a Roma, furono sollecitati di non ricordare questi
passi presenti nei loro scritti; parlarono di carità cristiana, di unità
ecumenica, di filiazione biblica comune, di Amicizia ebraico-cristiana,
di lotta comune contro il razzismo e di martirio del popolo israelita. Hanno
avuto partita vinta, poiché i 1.651 Vescovi, Cardinali, Arcivescovi e Padri
Conciliari hanno approvato la riforma dell'insegnamento cattolico conformandolo
alle direttive di Jules Isaac. I capi delle organizzazioni ebraiche non hanno
detto al Papa e ai Vescovi: «I vostri Evangelisti sono bugiardi patentati. I
vostri Padri della Chiesa sono falsari ed ingiusti perché hanno sparso nel mondo
l'odio contro gli ebrei e hanno scatenato la barbarie della "Bestia". Essi sono
stati i precursori di Hitler e di Streicher, e sono quindi i veri responsabili
di Auschwitz e dei sei milioni di ebrei vittime del nazismo». Queste accuse
si possono leggere chiaramente nei libri di Jules
Isaac, libri che sono in vendita in tutte le librerie,
ma, come sembra, i Padri conciliari non li hanno mai letti, come non hanno mai
letto i libri di Jéhouda, di Benamozegh, di Rabi, di Memmi e di tanti altri. No,
Isaac e i capi delle grandi organizzazioni ebraiche non hanno detto con Josué
Jéhouda, uno dei maestri del pensiero ebraico contemporaneo: «Il vostro
monoteismo è un falso monoteismo, una bastarda e falsificata imitazione del solo
vero monoteismo, quello ebraico, e se il cristianesimo non ritorna alle fonti
ebraiche, esso è condannato senza rimedio». Essi non hanno detto con quella
gloria del pensiero ebraico contemporaneo che è il rabbino di Livorno Elia
Benamozegh: «La religione cristiana non è che una falsa religione
sedicente divina. Per lei e per il mondo non c'è altra via di salvezza che
ritornare ad Israele» 45.
Essi non hanno detto con Memmi: «Per gli ebrei, la vostra religione
è una bestemmia e una sovversione. Per noi, il vostro Dio è il
diavolo, ossia il concentrato del male sulla terra» 46.
Essi non hanno detto con Rabi: «La conversione dell'ebreo al cristianesimo
equivale al tradimento e all'idolatria perché implica la grande
bestemmia, ovvero la credenza nella divinità di un uomo» 47.
Essi sono stati molto abili nel non spaventare Roma manifestando con chiarezza
il loro pensiero, riuscendo così ad avere dalla loro parte un certo numero di
prelati. Tutto ciò costituisce una storia piuttosto insolita. Com'è possibile
che diversi Vescovi progressisti che, nella loro opposizione al cattolicesimo
tradizionale (qualificato come «integrismo»), siano arrivati a servirsi di tutte
le armi, comprese quelle avvelenate dall'odio ebraico contro i cristiani?
Ciononostante, si può giustamente supporre che essi costituissero una minoranza.
Ma allora, come spiegare il successo degli ebrei in questo frangente? Esso deve
la sua fortuna alle due seguenti ragioni:




-
La maggioranza dei Padri conciliari ignorava il ruolo svolto dalle organizzazioni ebraiche e da Jules Isaac nella preparazione dello Schema; essi, d'altronde, non avevano mai letto le opere di quest'ultimo;
-
Presi nel loro insieme, i Padri conciliari conoscevano male la questione ebraica, e si lasciavano facilmente ingannare dalle disquisizioni giudaiche, molto abilmente presentate con sottili e temibili «argomentazioni» del genere di quelle di Jules Isaac.
Comunque
siano andate le cose, la manovra fu condotta con grande abilità, e riuscì. La
votazione lo conferma: 1.651 Padri ritennero che il racconto della Passione,
secondo la versione di Jules Isaac, era da preferirsi a quella di San Giovanni e
di San Matteo. Questi 1.651 Vescovi, Arcivescovi e Cardinali ammisero che
l'insegnamento di San Giovanni Crisostomo, di Sant'Agostino, di San Gregorio
Magno, di Sant'Ambrogio e di Sant’Agobardo doveva essere emendato e rettificato
secondo le ingiunzioni di Jules Isaac, di cui lo scrittore ebraico Rabi,
recentemente affermava che il suo libro Jésus et Israël è stata
«l'arma da guerra più indovinata contro quell'insegnamento cristiano
particolarmente nocivo» 48,
ossia l'insegnamento codificato dai summenzionati Padri della Chiesa.
Modificando la liturgia del Venerdì Santo e sopprimendo, fra l'altro, la
«preghiera degli improperi», questi 1.651 Vescovi diedero ragione a Jules
Isaac che, parlando di questa preghiera, disse: «Non è facile dire ciò che in
essa maggiormente colpisca: se la sua bellezza o la sua
iniquità» 49.
Apparentemente, i Vescovi hanno creduto che l'iniquità di questa preghiera
superasse la sua bellezza 50.
In poche parole, il voto del 20 novembre 1964, dietro le apparenze della carità
cristiana, della riconciliazione delle Chiese e dell'unità ecumenica, è un'altra
tappa nella via del cedimento, dell'abbandono del cristianesimo tradizionale, e
del ritorno all'ebraismo.
VII
LA LOTTA DELL'EBRAISMO CONTRO
LA TRADIZIONE CATTOLICA
LA LOTTA DELL'EBRAISMO CONTRO
LA TRADIZIONE CATTOLICA
In realtà,
dietro le sembianze della ricerca di un'unità ecumenica, di una riconciliazione
tra le religioni e di altri vocaboli altrettanto seducenti,
si trattava di demolire il baluardo della Tradizione cattolica, definita da Josué Jéhouda come «l'antica fortezza dell'oscurantismo cristiano». Secondo Jéhouda, ci sono stati tre tentativi di «raddrizzamento del cristianesimo», che «miravano ad epurare la coscienza cristiana dai miasmi dell'odio»; tre tentativi di raddrizzamento della teologia cristiana divenuta asfissiante e paralizzante; «tre brecce aperte nella vecchia fortezza dell'oscurantismo cristiano». In realtà, tre tappe importantissime nell'opera di distruzione del cristianesimo tradizionale:
si trattava di demolire il baluardo della Tradizione cattolica, definita da Josué Jéhouda come «l'antica fortezza dell'oscurantismo cristiano». Secondo Jéhouda, ci sono stati tre tentativi di «raddrizzamento del cristianesimo», che «miravano ad epurare la coscienza cristiana dai miasmi dell'odio»; tre tentativi di raddrizzamento della teologia cristiana divenuta asfissiante e paralizzante; «tre brecce aperte nella vecchia fortezza dell'oscurantismo cristiano». In realtà, tre tappe importantissime nell'opera di distruzione del cristianesimo tradizionale:
-
Il Rinascimento;
-
La Riforma protestante;
-
La Rivoluzione Francese.
In questi
tre grandi movimenti, Jéhouda intravede l'opera meravigliosa di
scristianizzazione alla quale ognuno di essi, sotto diverse forme, ha
potentemente contribuito. Egli non ce lo dice così brutalmente, in quanto è
molto abile nel maneggiare gli artifici del linguaggio, ma ciò erompe con
evidenza dai suoi scritti, come ce lo dimostrano alcune citazioni estratte dalle
sue opere: «Il Rinascimento, la Riforma protestante e la Rivoluzione Francese
rappresentano i tre tentativi di raddrizzamento della mentalità cristiana
per mettersi al diapason con lo sviluppo progressivo della ragione e della
scienza, e mentre il cristianesimo dogmatico andava oscurandosi, gli ebrei si
emancipavano gradualmente». Parlando del Rinascimento, egli sostiene:
«Possiamo affermare che se il Rinascimento non fosse stato deviato dal suo
corso iniziale a svantaggio del mondo greco dualizzato, avremmo avuto senza
dubbio un mondo unificato dal pensiero e dalla dottrina creatrice della
Kabbalah» 51.
Passiamo ora alla Riforma: «Con la Riforma, che esplose in Germania
cinquant'anni dopo la fine del Rinascimento, l'universalità della Chiesa venne
distrutta. Prima di Lutero e Calvino, Johannes
Reuchlin 52,
discepolo di Pico della Mirandola, scosse la coscienza cristiana
sostenendo fin dal 1494 che niente era superiore alla sapienza ebraica
[...]. Con il ritorno alle sorgenti antiche, Reuchlin preconizzò anche il
ritorno alle sorgenti ebraiche. Finalmente, egli ebbe la rivincita sul
convertito Joan Pfefferkorn, il quale chiedeva a gran voce la distruzione
di tutti i Talmud esistenti in circolazione. Lo spirito nuovo che stava per
rivoluzionare l'intera Europa [...] si manifestò a proposito degli ebrei
e del Talmud [...]. Tuttavia, non senza meraviglia, si trovarono tra i
protestanti tanti antisemiti quanti tra i cattolici». In breve, conclude
Jéhouda, «la Riforma fu la rivolta contro la Chiesa cattolica, che a sua volta è
già una rivolta contro la religione d'Israele» 53.
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Johannes Reuchlin | Pico della Mirandola | J. Pfefferkorn |
Parlando
poi della Rivoluzione Francese, Jéhouda affermava: «Il terzo tentativo di
raddrizzamento della posizione cristiana, si compie dopo il fallimento di
unificazione della cristianità per mezzo della Riforma, sotto la spinta della
Rivoluzione Francese [...], la quale segnò l'inizio dell'ateismo nella
storia dei popoli cristiani. Questa Rivoluzione, avendo assunto un atteggiamento
nettamente antireligioso, si prolungò nel comunismo russo, e contribuì
potentemente alla scristianizzazione dell'Europa» 54.
E per coronare questo raddrizzamento della mentalità cristiana, giunsero Karl Marx (1818-1883) e Friedrich Nietzsche (1844-1900).
«Nel XIX secolo, vennero effettuati, rispettivamente da Marx e da Nietzche,
due nuovi tentativi per risanare la mentalità del mondo cristiano» 55.
In verità, «il senso profondo della Storia è identico in tutte le epoche, ed
è una lotta sorda o aperta tra le forze che lavorano per il progresso
dell'umanità e le forze che si aggrappano a valori cristallizzati, ostinandosi a
mantenere ciò che sussiste a detrimento di ciò che deve ancora venire»
56.
Per i pensatori ebrei, la riforma conciliare doveva costituire una nuova tappa
nella via dell'abbandono, del cedimento e della distruzione della Tradizionale
cattolica, svuotata a poco a poco della sua sostanza.
VIII
SOLO IL MONOTEISMO D'ISRAELE
È DI ESSENZA DIVINA
SOLO IL MONOTEISMO D'ISRAELE
È DI ESSENZA DIVINA
In realtà,
si trattava di un nuovo episodio e di una nuova battaglia nel quadro del
millenario scontro ebraico-cristiano. Ecco come Jéhouda, Rabi, Benamozegh e
Memmi ci dipingono questo scontro: «Il cristianesimo - ci dice Jéhouda -
rifiuta ostinatamente di considerare Israele come suo padre sul piano
spirituale [...]; credere che il cristianesimo rappresenti la "pienezza"
del giudaismo, che esso sia il suo punto culminante, o che il giudaismo sia
stato completato dal cristianesimo, significa viziare in radice il monoteismo
universale [...]. È giunto il momento in cui sarà necessario operare
l'indispensabile purificazione della coscienza cristiana mediante la
dottrina del monoteismo universale ebraico» 57.
«L'antisemitismo cristiano, pur dicendosi messianico, pretende di sostituire
il messianismo d'Israele con la fede in un Dio crocifisso che assicurerebbe ad
ogni fedele la salvezza personale. Abbassando il messianismo ebraico mettendolo
al livello del paganesimo, il cristianesimo tende a convertire tutti i giudei ad
un messianismo ridotto [...]. Ma fino a quando il messianismo monoteista
di
Israele persisterà, anche solo in modo virtuale, quello
cristiano apparirà sempre per quello che è: un'imitazione che
crolla alla luce del messianismo autentico [...], e
l'antisemitismo persisterà fino a che la cristianità rifiuterà di affrontare il
suo vero problema, che è dovuto al tradimento dei messianismo
monoteista» 58.
«La testardaggine cristiana pretende di essere la sola erede d'Israele
e propugna l'antisemitismo. Presto o tardi questo scandalo deve finire; prima
finirà e prima scomparirà il clima di menzogna nel quale si avvolge
l'antisemitismo» 59.
Ascoltiamo ora il rabbino Elia Benamozegh, uno dei maestri del pensiero ebraico
contemporaneo: «Se il cristianesimo accetta di rivedere il suo pensiero
sull'ebraismo, esso sarà sempre la vera religione dei gentili» 60.
«La religione dell'avvenire deve poggiare su qualche religione positiva o
tradizionale, avvolta dal misterioso prestigio dell'antichità. Ora, tra tutte le
religioni antiche, l'ebraismo è la sola che afferma di possedere l'ideale
religioso per l'intera umanità, poiché l'opera del cristianesimo non è che una
copia che dev'essere posta davanti all'originale [...]. Siccome è la
Madre incontrastata, essa è la religione più antica che diventerà la più
nuova [...] di fronte al cristianesimo [...] con la sua pretesa
origine divina e la sua infallibilità [...]. Per sostituire
un'autorità che si dichiara infallibile e che nasce soltanto nell'anno uno
dell'era cristiana o dell'égira musulmana [...], occorre trovare un'altra
infallibilità molto più seria che, iniziata con la storia dell'uomo sulla
Terra, con lui terminerà» 61.
«La riconciliazione sognata tra i primi cristiani, come condizione della
Parusìa, o avvento finale di Gesù Cristo, il ritorno degli ebrei nella Chiesa,
senza il quale - tutte le diverse confessioni cristiane sono d'accordo su questo
fatto - l'opera della Redenzione rimane incompleta, questo ritorno, diciamo, si
effettuerà, com'è stato atteso, ma nell'unico modo serio, logico e duraturo, e
soprattutto nell'unico modo proficuo per il genere umano. Si attuerà
l'unificazione dell'ebraismo e delle religioni che ne sono scaturite, e, secondo
la parola dell'ultimo dei Profeti, sigillo dei Veggenti - come i dottori
chiamano Malachia - si avrà il ritorno cordiale dei figli al loro
Padre» 62.

IX
SUPPOSTO CHE GESÙ CRISTO
SIA STORICAMENTE ESISTITO...
SUPPOSTO CHE GESÙ CRISTO
SIA STORICAMENTE ESISTITO...
Passiamo
ora a Rabi: «Tra gli ebrei e i cristiani - dice Rabi - esiste una
divergenza insormontabile. Essa riguarda Gesù. Ammesso che sia storicamente
esistito, per l'ebreo egli non è nè Dio, nè il figlio di
Dio. Tuttalpiù, si potrebbe ammettere, come ultima concessione, la tesi di
Giuseppe Klauzer: né Messia, né profeta, né legislatore, né fondatore di una
religione, né Tanna, né rabbi fariseo; per la nazione ebraica, Gesù è un grande
moralista e un artista in parabole [...]. Il giorno in cui verrà liberato
dai racconti dei miracoli e dal misticismo, il
libro di morale di Gesù Cristo (il Vangelo; N.d.R.)
sarà uno dei più preziosi gioielli della letteratura ebraica di tutti i
tempi» 63.
«Talvolta, mi capita di immaginare, nell'ultimo secolo, l'ultimo ebreo vivente
in piedi davanti al suo Creatore, com'è scritto nel Talmud; il giudeo, legato
da giuramento, resta in piedi fin dal Sinai. Immagino dunque quest'ultimo
israelita che sarà sopravvissuto agli oltraggi della Storia e ai richiami del
mondo. Che dirà dunque egli per giustificare la sua resistenza all'usura del
tempo e alla pressione degli uomini? Lo sento; egli dice: "Non credo alla
divinità di Gesù Cristo". È logico che questa professione di fede sia di
scandalo per il cristiano. Ma la professione di fede dei cristiani non è forse
di scandalo per noi ebrei? Per noi [...], la conversione al
cristianesimo implica la più grande bestemmia, ossia la credenza nella
divinità di un uomo» 64.
Questi scritti sono relativamente recenti. Ritorniamo ora a duemila anni fa e
rileggiamo il racconto della Passione: «Poi quelli che avevano arrestato
Gesù, lo condussero dal sommo sacerdote Caifa, presso il quale già si erano
riuniti gli scribi e gli anziani [...]. I sommi sacerdoti e tutto il
Sinedrio cercavano qualche falsa testimonianza contro Gesù, per condannarlo a
morte; ma non riuscirono a trovarne alcuna, pur essendosi fatti avanti molti
falsi testimoni. Finalmente se ne presentarono due, che affermarono: "Costui ha
dichiarato: 'Posso distruggere il tempio di Dio e ricostruirlo in tre giorni'".
Alzatosi il sommo sacerdote gli disse: "Non rispondi nulla? Che cosa
testimoniano costoro contro di te"? Ma Gesù taceva. Allora il sommo sacerdote
gli disse: "Ti scongiuro, per il Dio vivente, perché ci dica se tu sei il
Cristo, il Figlio di Dio". "Tu l'hai detto", gli rispose Gesù, "anzi io vi dico:
d'ora innanzi vedrete il Figlio dell'uomo seduto alla destra di Dio e venire
sulle nubi del cielo". Allora il sommo sacerdote si stracciò le vesti dicendo:
"Ha bestemmiato! Perché abbiamo ancora bisogno di testimoni? Ecco, ora avete
udito la bestemmia; che ve ne pare"? "È reo di morte"»! (Mt 26,
57-66) 65.
A distanza di duemila anni, le posizioni reciproche rimangono immutate, e lo
scontro ebraico-cristiano resta irriducibile.

X
ISRAELE E LE RIVOLTE DELLO SPIRITO
ISRAELE E LE RIVOLTE DELLO SPIRITO
L'antagonismo ebraico si è
manifestato in modo continuo - anche se sotterraneo - nel corso di duemila anni
di scontro giudeo-cristiano. «L'ebreo - ci dice James Darmesteter
(1849-1894) - è stato il campione della ragione contro lo spirito mitico;
nella notte intellettuale del Medioevo, solo in lui il pensiero ha potuto
trovare un asilo. Provocato dalla Chiesa che vuole persuaderlo, dopo aver
inutilmente cercato di convertirlo con la forza, egli mina con l'ironia e con
l'avvedutezza delle sue controversie, e, come nessun altro, sa trovare i punti
vulnerabili della sua dottrina. L'intelligenza dei Libri Sacri, e ancor più la
terribile sagacità di chi è oppresso, sono i suoi mezzi per scoprire tali punti.
Egli è il dottore dell'incredulo; tutte le rivolte dello spirito gli si
presentano all'ombra o a cielo scoperto. Egli lavorò nell'immensa fucina di
bestemmie del grande Imperatore Federico e dei Prìncipi di Svevia o d'Aragona;
egli foggiò tutto questo micidiale arsenale di ragionamento e d'ironia che offrì
poi agli scettici del Rinascimento e ai libertini del Seicento. E il sarcasmo di
Voltaire non è altro che la rumorosa eco d'una parola mormorata sei secoli
prima, nell'ombra del ghetto, e, prima ancora, (nei contro-vangeli del I e II
secolo) all'epoca di Celso e di Origene, e alle origini stesse della religione
di Cristo» 66.
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James Darmesteter | Elie Faure |
Dal canto
suo, Elie Faure (1873-1937), le cui opere sono state recentemente
ristampate e assai pubblicizzate, parla di «questo sogghigno sarcastico
(Heine, Offenbach) verso tutto ciò che non è ebraico [...]. La sua
spietata analisi e il suo irresistibile sarcasmo hanno agito come il
vetriolo». Seguendo il corso della nostra Storia, «è facile seguire la
traccia, e benché non sia possibile quantificare la diffusione del pensiero
ebraico, solo dopo il suo passaggio ci possiamo rendere conto della sua potenza
demolitrice. Sigmund Freud, Albert Einstein, Marcel Proust, Charlie Chaplin ci
aprirono, in tutti i sensi, prodigiose vie che abbatterono le strettoie
dell'edificio classico greco-latino e cattolico in cui da cinque o sei secoli il
dubbio ardente dell'anima ebraica stava aspettando le occasioni per demolirlo.
Poiché occorre notare che proprio il suo polo scettico sembra emergere per primo
dal completo silenzio che avvolge l'azione dello spirito ebraico nel Medioevo,
silenzio in mezzo al quale, dal Rinascimento in avanti, prorompono alcune voci,
e che oggi è annichilito da un grandissimo fracasso». Sì, «si può forse
considerare diversamente l'ebreo che da un demolitore armato dal dubbio
corrosivo che fin dai tempi dei greci ha sempre opposto Israele all'idealismo
sentimentale dell'Europa? [...] La sua missione storica è chiaramente
definita, e forse per sempre. Essa sarà il fattore principale di ogni periodo
apocalittico, come lo fu alla fine del mondo antico, e come lo sarà alla fine
del mondo cristiano in cui viviamo» 67.
XI
L'IMPERIALISMO EBRAICO
L'IMPERIALISMO EBRAICO
I cittadini
dell'orgoglioso impero britannico, a quel tempo al culmine della sua potenza,
che la mattina del 9 febbraio 1923 lessero i giornali, sicuramente non fecero
alcuna attenzione alle poche righe apparse sul settimanale ebraico Jewish
World («Mondo ebraico»), righe temibili perché profetiche per coloro che
seppero coglierne il senso. Il Jewish World diceva: «La dispersione
degli ebrei ne ha fatto un popolo cosmopolita. Infatti, esso è l'unico popolo
veramente cosmopolita, e, come tale, esso deve agire - e in realtà agisce - come
dissolvente di ogni distinzione di razza e di nazionalità. Il grande ideale
dell'ebraismo non consiste nel fatto che un giorno gli ebrei si riuniranno in
qualche
angolo della Terra per fini separatisti, ma che il
mondo intero sarà imbevuto dell'insegnamento ebraico, e che quindi in
una fraternità universale delle nazioni - in realtà, un più vasto
ebraismo - tutte e le razze e le religioni separate scompariranno [...].
Essi andranno ben oltre. Con la loro attività letteraria e scientifica, con la
loro supremazia in tutti i settori dell'attività pubblica, essi si accingono a
fondere gradualmente i pensieri e i sistemi non-ebraici, o non rispondenti agli
stampi ebraici» 68.
«Già fiammeggia all'orizzonte l'aurora del "Nostro Giorno"», scrive un
loro moderno profeta abbacinato dalla visione del vicino trionfo 69.
Il sogno messianico può prendere le più svariate forme, ma lo scopo finale resta
immutabile: il trionfo dell’ebraismo, della legge ebraica e del popolo ebraico.
Sotto l'aspetto universalistico, si tratta, in verità, di un imperialismo
ebraico che pretende di governare e asservire il mondo. Scrive Elie Faure:
«Il popolo ebraico, fin dai tempi di Gesù Cristo - tuttora non accolto dal
suo popolo - si crede il popolo eletto in quanto strumento di una potenza
superiore. Rispetto agli altri popoli, esso si crede a tutt'oggi il popolo
eletto, perché rappresentante di una forza soprannaturale [...]. Per lui
l'al di là non esiste. Per quanto se ne sia spesso parlato, Israele non vi ha
mai creduto. Il patto d'alleanza non è che un contratto bilaterale nettamente
preciso e positivo. Se l'ebreo obbedisce, lo fà esclusivamente per avere il
dominio del mondo [...]. Israele è un terribile realista: vuole la
ricompensa quaggiù sulla terra per chi fà il bene e il castigo per chi vive nel
male [...]. Perfino nei momenti più oscuri della loro storia - e della
Storia universale - questi eterni vinti conservano nel cuore fedele la promessa
di un'eterna vittoria» 70.

XII
LA DIVINITÀ DI GESÙ CRISTO,
OSTACOLO PER IL MESSIANISMO EBRAICO
LA DIVINITÀ DI GESÙ CRISTO,
OSTACOLO PER IL MESSIANISMO EBRAICO
Ma per
raggiungere tale scopo, occorre abolire il cristianesimo, che rappresenta un
ostacolo insormontabile sul cammino dell'imperialismo ebraico. Fino alla venuta
di Gesù Cristo, la posizione d'Israele era semplice e chiara: secondo i Profeti,
per grazia di Yahwéh, Israele era stato chiamato a reggere il mondo; se il
popolo dei servi d'Israele si fosse conformato alle esigenze divine, sarebbe
venuto il tempo in cui Israele avrebbe regnato su tutta la Terra. Ma ecco che
all'improvviso in Galilea nacque un Profeta: un Profeta - Uomo e Dio - anch'Egli
della stirpe reale di Davide, e quindi figlio dell'Alleanza. «Non pensate che
io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto per
abolire, ma per dare compimento» (Mt 5, 17). E
come prova della Sua missione, compie una serie di prodigi inauditi; le folle
affascinate lo seguono... Però - ecco l'enorme gravità della Sua missione - egli
interpreta la promessa in un senso completamente nuovo e diverso così da
distruggere l'orgoglioso edificio ebraico spiritualizzandolo e
universalizzandolo. La realizzazione delle promesse veniva trasferita dal piano
materiale a quello spirituale; oltrepassando il quadro nazionale, essa non era
più unicamente indirizzata agli ebrei, fino a quel momento i soli beneficiari,
ma veniva estesa al mondo intero... Non si trattava più della supremazia di una
razza o di un popolo, né del trionfo di una nazione di privilegiati: il popolo
eletto veniva declassato al rango di un popolo qualsiasi in mezzo ad altri
popoli. L'orgoglio e il nazionalismo religioso degli ebrei non ammisero questo
livellamento; esso era contrario alle promesse messianiche, e allontanava
irrimediabilmente il momento della sottomissione di tutti regni della Terra ad
Israele. I capi dei sacerdoti e dei farisei non potevano tollerare una simile
bestemmia e un simile attentato ai loro privilegi, e, quindi, per liberarsi di
quel pericoloso agitatore, lo consegnarono ai romani e lo fecero condannare a
morte. Ma Gesù Cristo risuscitò e la Sua predicazione si propagò nel mondo
antico con la rapidità della fiamma. Gli ebrei denunciarono i Suoi discepoli
alle autorità romane quali ribelli dell'impero; Roma li perseguitò
incessantemente, offrendoli in pasto alle belve, bruciandoli, scuoiandoli o
crocifiggendoli. Ciononostante, l'ondata cristiana progredì senza tregua,
conquistando le alte sfere del potere imperiale; poi bruscamente il mondo
oscillò e si inclinò in favore della Chiesa di Cristo. Il 28 ottobre dell'anno
312, avvenne la battaglia di Ponte Milvio, alle porte di Roma, che vide
Costantino contro Massenzio; il primo fu vincitore, mentre il secondo annegò
nelle acque del Tevere. «Una sola battaglia fu sufficiente per cambiare
l'assetto del mondo e l'aspetto religioso [...]. La vittoria di
Costantino è giustamente considerata il punto di partenza di una nuova era,
quella dell'Impero cristiano [...]. A partire da quel momento, per
ragioni che non sono ancora state completamente chiarite, il vincitore -
Costantino - legò il proprio destino a quello della Chiesa di Cristo. Grande e
sorprendente rivoluzione, deplorata dagli uni ed esaltata dagli altri, essa
rimane una delle più importanti della Storia umana; il regno di Costantino non è
che il preludio di un fenomeno che continua e si
completa durante quel periodo caotico e straordinario che
fu il IV secolo. Ma la fortuna inaudita della Chiesa doveva comportare la rovina
della Sinagoga. Per questo motivo, il IV secolo fu un'epoca fatale che sfociò in
un avvenire di angoscia, di lutto e di catastrofe» 71.
Gli israeliti non hanno mai accettato e mai accetteranno questa sconfitta. La
rottura fu totale e definitiva; lo scontro divenne ormai irriducibile da
entrambe le parti. «Se l'ebreo ha ragione, la cristianità non è che
un'illusione. Se invece ha ragione il cristiano, l'ebreo è, nella migliore delle
ipotesi, un anacronismo o tuttalpiù l'immagine di ciò che non ha più ragione di
esistere. Per l'ebreo, il cristianesimo rappresenta la rinuncia di un monopolio,
e la rinuncia ad una "interpretazione nazionalista" - per non dire razzista -
dell'"elezione"; esso è l'apertura alla fratellanza umana, e, nello stesso
tempo, un grande "amen" detto a Dio, e a tutto ciò che Dio decide: è
l'accettazione della sofferenza e della morte, la rinuncia all'orgoglioso io
[ ...]. Che io sappia, il cristianesimo non ha mai sottoposto ad una
prova così difficile nessun altro popolo. Perché per nessun altro popolo il
passaggio al cristianesimo ha significato, a più o meno lunga scadenza, la sua
scomparsa come tale. Presso nessun altro popolo, le tradizioni che bisognava
abbandonare per abbracciare la fede in Cristo, erano così intimamente legate a
tutte le manifestazioni di appartenenza ad una nazionalità. E qui tocchiamo
l'altra ragione (o pretesto) che giustifica il "no" dell’ebreo a Cristo, il
quale non corrispondeva all'idea che l'ebreo si era fatto del Messia e della
salvezza» 72.
«Pretendendo di essere il vero "Israele" - Israele secondo lo spirito e non
secondo la spregevole carne - la teologia cristiana vuole sostituire
definitivamente Israele. Peccato però che Israele non sia scomparso e che non
voglia scomparire» 73.
«Il cristianesimo si preoccupa essenzialmente della salvezza individuale di
ogni uomo. L'ebraismo mira invece alla salvezza della casa d'Israele, la sola
che può permettere la salvezza di settanta nazioni dell'Universo» 74.
«Israele si presenta
nella Storia come un popolo particolare perché esso è
contemporaneamente religione e nazione, senza nessuna possibilità di separare
questi due fattori, cosa possibile invece per tutti gli altri popoli. Senza
dubbio, Israele è proprio una razza, non nel senso biologico, come l'ha preteso
il razzismo, ma nel senso etico della Storia» 75.
«Il cammino con cui la fede cristiana ha conquistato la sua indipendenza,
doveva rapidamente e fatalmente trascinarla in una guerra aperta contro Israele
"secondo la carne", poiché la Chiesa si proclama il solo Israele di Dio e il
solo Israele secondo lo spirito. Ma si coglie bene tutta la gravità di una tale
rivendicazione? Essa è peggiore della diffamazione del popolo ebraico, e
significa tentare di carpirle perfino la scintilla della vita e il fuoco sacro,
e persino la sua stessa anima. Di più: essa significa sottrarre ad Israele il
suo posto al Sole e il suo statuto privilegiato nell'impero, perché tali sono
gli stretti legami e l'intreccio dello spirituale e del temporale» 76.
Ritorniamo dunque al medesimo punto: abbattere la religione cristiana,
nata dal suo seno, è una necessità vitale per Israele, il quale la considera
come il suo più temibile avversario; Jules Isaac lo ripete continuamente nei
suoi scritti. Il seguente passo, estratto da una sua opera relativamente
recente, mostra con forza lo stato d'animo di gran parte della gioventù ebraica
contemporanea: «Viviamo nell'entusiastica attesa di tempi nuovi e inauditi, e
crediamo di scorgerne già i segni precursori: l'agonia decisamente iniziata
delle religioni, delle famiglie e delle nazioni. Nutriamo solo collera,
disprezzo e ironia per i ritardatari della Storia che si abbarbicano a questi
residui [...]. Ahimè! Sia che ci sbagliamo completamente o che siamo
rientrati dopo, in un periodo di riflusso, o che io sia semplicemente
invecchiato, mi vedo costretto ad ammettere che questi residui avevano la
tenacia della gramigna e si ostinavano a restare quali strutture profonde della
vita dei popoli e del loro essere collettivo [...]. Apparentemente,
eravamo condannati, e, per lungo tempo, ad accettare le religioni e le nazioni.
Ancora una volta, io non giudico, ma mi limito a constatare» 77.
Nel suo libro Le malheur d'Israël («La disgrazia di Israele»), lo
scrittore ebreo A. Roudinesco fornisce una magnifica risposta a
tutti questi anatemi pieni di collera: «La sopravvivenza fino a nostri giorni
di questa piccola comunità, malgrado le persecuzioni e le sofferenze inaudite, è
stata definita il "miracolo ebraico". Questa sopravvivenza non è un miracolo, ma
tuttalpiù è una disgrazia. Il vero miracolo ebraico è la conquista spirituale
dell'umanità attraverso il cristianesimo. La missione del popolo eletto è
terminata da molto tempo. Quelli che, tra gli ebrei, sperano di poter un giorno
completare il cristianesimo con un messianismo rinnovato, ignorano le leggi
essenziali dell'evoluzione dell'umanità» 78.




NOTE
1 Che il Nuovo Patto
sostituisca l'Antico, ormai privo di alcuna efficacia salvifica e reso inutile
dal sacrificio di Cristo, i cristiani lo hanno cantato per secoli nel bellissimo
inno eucaristico Tantum Ergo, in cui appunto si dice che «le figure
dell'Antico patto cedano alle verità del nuovo rito» («Et antiquum
documentum novo cedat ritui»).
2 Eppure, a riguardo del
rigetto di Israele da parte di Dio, il Vangelo parla un linguaggio che non dà
spazio ad equivoci: «E Gesù, emesso un alto grido, spirò. Ed ecco il velo del
tempio si squarciò in due da cima a fondo» (Mt 27-50-51). Il Dio d'Israele
ha abbandonato il Tempio di Gerusalemme per abitare in ogni anima in grazia di
Dio.
3 In realtà, l'antisemitismo
era stato condannato ben prima del Vaticano II. Il 21 marzo 1928, al termine di
una riunione plenaria, i Rev.mi Padri della Suprema Sacra Congregazione del
Sant'Ufficio approntarono un documento che condannava «tutti gli odi e le
animosità tra i popoli, e massimamente l'odio contro il popolo un tempo eletto
da Dio, quell'odio che oggi volgarmente suole designarsi con il nome di
"antisemitismo"» (cfr. La Civiltà Cattolica, 1928, vol. II, pagg.
171-172).
4 «Associazione fraterna
ebraica fondata negli Stati Uniti nel 1843. Nella lingua ebraica "B'nai B'rith"
significa "i figli dell'alleanza". Lo scopo di questa associazione è di
mantenere la tradizione e la cultura ebraiche e di lottare contro
l'antisemitismo [...]. I membri si chiamano "Fratelli", ricevono
un'iniziazione e si riuniscono in Logge» (cfr. D. Ligou, Dictionnaire Universel de la
Maçonnerie, Ed. P.U.K, Evry 1987); «Si può supporre che i dodici
fondatori del B'nai B'rith fossero già massoni affiliati alle Logge americane,
dal momento che essi scelsero un rituale che è un misto del Rito di York e del
Rito americano degli Odd Fellows» (cfr. Tribune Juive, n. 997/1986;
cit. in Epiphanius, Massoneria
e sètte segrete: la faccia occulta della Storia, Trento s. d., pag.
478).
5 «Io sono il capo - disse
con il suo linguaggio bonario e un po' dissacratore Giovanni XXIII al Prof.
Jules Isaac - ma devo consultare anche gli altri, far studiare dagli uffici i
problemi sollevati. Qui non siamo in una monarchia assoluta» (cfr. P. S.
Schmidt s.j., Agostino Bea, il
Cardinale dell'unità, Ed. Città Nuova, 1987, pag. 354). Lo schema venne poi
definitivamente votato e ratificato il 28 ottobre 1965 nell'ambito della
Dichiarazione Nostra Ætate, sulle relazioni della Chiesa con le religioni
non-cristiane (La religione ebraica, § 4).
6 Cfr. I documenti del
Concilio Vaticano II, Ed. Paoline, Roma 1979, pagg.
577-578.
7 Cfr. M. I. Dimont, Les juifs, Dieu et
l'Histoire («Gli ebrei, Dio e la Storia»), Ed. Robert Laffont, Parigi
1964.
8 Che ciò corrisponda al
pensiero di molti ebrei, lo ricaviamo da un aneddoto: nel 1938, l'Austria veniva
annessa alla Germania di Hitler. L'ebreo Sigmund Freud (1856-1939), che in quei
giorni si trovava a Vienna, venne sollecitato da un suo stretto collaboratore a
lasciare la città per non rischiare la cattura da parte dei nazisti. Il padre
della psicanalisi rispose con queste parole «I nazisti non li temo. Il nemico
è la religione, la Chiesa cattolica» (cfr. D. E. Innocenti, Critica alla
psicoanalisi, Sacra Fraternitas Aurigarum in Urbe, Roma 1988,
pag.115).
9 Ad ulteriore conferma, ecco
un breve estratto di un articolo apparso nel febbraio del 1936 sulla rivista
Catholic Gazete di Londra, contenente alcuni brani di conversazioni di
ebrei parigini tenute nel corso di riunioni segrete: «Abbiamo già compiuto
gran parte del nostro lavoro, però non possiamo dire di aver realizzato lo scopo
della nostra opera. Abbiamo ancora un lungo cammino da percorrere prima di poter
abbattere il nostro principale nemico: la Chiesa cattolica. Dobbiamo metterci
bene in mente che la Chiesa cattolica è l'unica istituzione che si è posta e
rimarrà ad intralciare il nostro cammino per quanto durerà la sua esistenza. La
Chiesa cattolica, con il suo lavoro metodico e con i suoi insegnamenti educativi
e morali, forma nei propri figli una tale mentalità che li manterrà troppo fieri
di sé stessi per sottomettersi alla nostra dominazione e per inginocchiarsi ai
piedi del futuro Re d'Israele». Poco tempo dopo, il settimanale parigino
Le réveil du peuple precisò che si trattava di dichiarazioni fatte nel
corso di una riunione dell'Ordine massonico B'nai B'rith (cfr. Chiesa
Viva, nº 178, ottobre 1987, pag.16).
10 Tutte le notizie che
seguono, sono state estratte da dichiarazioni dello stesso
Isaac.
11 Padre Daniélou venne poi
creato Cardinale da Paolo VI nel 1969 nonostante fosse un fautore della
nouvelle théologie condannata sotto Pio XII. La sua morte improvvisa, a
causa di un infarto, fece all'epoca molto scalpore. Il gesuita morì, infatti,
sulle scale della casa di Mimi Santoni una spogliarellista di ventiquattro anni
con indosso una forte somma di denaro. Si affermò che il Cardinale fosse stato
lì per usufruire dei servizi carnali della ragazza, e che potesse essere un suo
cliente abituale; la versione riferita da Santoni durante l'interrogatorio era
che il prelato si trovava lì per donare alla ragazza la somma di denaro con cui
essa avrebbe pagato la cauzione del suo amante. Si scoprì che il Cardinale non
era nuovo a perseguire la conversione e il sostentamento economico di prostitute
o spogliarelliste.
12 Secondo alcuni autori, il
Cardinale Liénart era affiliato alla Massoneria.
13 «Ma chi era il Cardinale
Agostino Bea? Molti l'hanno indicato di origini ebraiche [...]. Gesuita
tedesco, già confessore di Pio XII e amico di Giovanni XXIII, Bea era professore
di Sacra Scrittura e rettore dal 1930 al 1940 del Pontificio Istituto Biblico. l
suoi stretti legami con l'alta Massoneria ebraica sono noti e documentati: come
l'incontro con il presidente del B'nai B'rith Label Katz avvenuto il 16 febbraio
1963 a Roma [...]. Ma Bea era in contatto anche col Gran Maestro delle
Logge unite di Germania Pinkerneil» (cfr. Epiphanius, op. cit., pag.488).
Circa le sue origini ebraiche, notiamo che «negli ultimi secoli troviamo in
Germania e in Austria diverse personalità che portano il cognome "Beha",
equivalente fonetico del cognome sefardita "Beja", che i loro antenati sefarditi
portavano in Spagna dove vivevano. Ma il Cardinale Bea non era l'unico
cripto-ebreo in Vaticano; oltre a lui agirono attivamente in tal senso altri
ebrei sedicenti convertiti come i Monsignori John Oesterreicher e l'agostiniano
Gregory Baum, ai quali si unirono i Vescovi Kempe, ausiliario della Diocesi di
Linburg (Germania) e Sergio Mendez Arceo, Vescovo di Cuernavaca, nel Messico
(Mendez è un tipico cognome ispano-ebraico; egli era discendente di sefarditi
che tentarono di giudaizzare la popolazione messicana dei Cotija)» (cfr.
Chiesa Viva, nº 179, novembre 1987, pagg. 16-17).
14 Cfr. J. M. Isaac, Jésus et Israël, Nouvelle
Edition Paris, Fasquelle 1959.
15 Cfr. J. M. Isaac, L'einsegnement du mépris
(«L'insegnamento del disprezzo»), pag. 141.
16 Cfr. J. M. Isaac, Jésus et Israël, pag.
483.
17 Ibid., pag.
493.
18 Cfr. J. M. Isaac, Genèse de l'Antisémitisme,
Ed. Calmann-Lévy, Parigi 1956, pag. 327.
19
Ibid.
20 Ecco alcuni estratti di
scritti dai Padri della Chiesa a proposito del deicidio e dell'odio ebraico
verso Cristo e i cristiani: San Giustino (100-165) scrive: «Voi avete ucciso
il Giusto e prima di lui i suoi profeti, e ora respingete perfidamente coloro
che sperano in lui e colui che l'ha inviato, il Dio onnipotente e autore
dell'Universo; voi li disonorate per quanto è in voi, e nelle vostre sinagoghe
elevate imprecazioni contro coloro che credono in Cristo, perché non avete il
potere di portare le mani su di noi grazie a coloro che ora ci governano, ma
ogni volta che l'avete potuto, l'avete fatto» (cfr. Dial. cum
Tryphone, 16, 4; PG 6, 511); Origene (185-253) pensava che il popolo
ebraico in quanto tale avesse commesso «il più grande dei delitti» (cfr.
Contra Celsum, IV, 32; PG 11,1087), quello di uccidere il Figlio
di Dio. Sant'Ambrogio (339-397) parlava degli ebrei come di un «popolo
parricida» e addossava a tutti loro la responsabilità della morte di Gesù:
«Egli (Gesù) è stato ucciso dal popolo degli ebrei tutto intero, ed
essi lo perseguitano ancora con il loro odio» (cfr. Psal. 39, 14;
PL 14, 1062); San Cirillo d’Alessandria (370-444) parla degli ebrei
divenuti «dominicidi» (kyrioktoni), e prima di lui da San Gregorio
Nazianzeno (329-390), che accusa gli ebrei di aver ucciso Cristo «con mani
deicide»
(chersi taìs theoktonis) (cfr. PG 37,466). Secondo San Cirillo di Gerusalemme (387), «Israele ha crocifisso il Figlio del Padre (celeste) e l'ha rigettato fuori dalla vigna» (cfr. Cath. XI); scrive Teodoreto di Ciro: «Fino a oggi, gli ebrei continuano ad esecrare il Salvatore» (cfr. in Psal. 109, 28).
(chersi taìs theoktonis) (cfr. PG 37,466). Secondo San Cirillo di Gerusalemme (387), «Israele ha crocifisso il Figlio del Padre (celeste) e l'ha rigettato fuori dalla vigna» (cfr. Cath. XI); scrive Teodoreto di Ciro: «Fino a oggi, gli ebrei continuano ad esecrare il Salvatore» (cfr. in Psal. 109, 28).
21 Cfr. J. M. Isaac, Jésus et Israël, pag.
351.
22 Cfr. J. M. Isaac, Genèse de l’Antisémitisme,
pag. 161.
23 Così San Gregorio di Nissa
apostrofa gli ebrei: «Assassini del Signore, assassini dei profeti, nemici di
Dio, uomini che odiano Dio, avversari della Grazia, avvocati del diavolo, razza
di vipere, discendenti dei farisei, sinagoga di Satana, peccatori, uomini
perversi, lapidatori, nemici di ogni probità» (cfr. Oratio in Christi
resurrectionem).
24 Secondo San Giovanni
Crisostomo, gli ebrei, dopo la morte di Gesù, si diedero a commettere i più
grandi mali e perciò «Dio li odia» (nel senso che odia il male che
commettono). Con lui, Sant'Atanasio (295-373), un altro Padre della Chiesa,
afferma che «gli ebrei non sono il popolo del Signore, ma i capi di Sodoma e
Gomorra» (cfr. De Incarnatione, 40, 7).
25 Cfr. J. M. Isaac, Jésus et Israël, pag.
256.
26 Cfr. J. M. Isaac, Genèse de l'Antisémitisme,
pagg. 162-164, 165-166. L'Isaac si riferisce a Julius Streicher (1885-1946), un
maestro di Norimberga nominato dal Führer, nel 1925, Gauleiter
della Franconia, che condusse per vent'anni una ferocissima campagna antisemita
che si concluse con la sua impiccagione al processo di Norimberga il 16 ottobre
1946.
27 Cfr. J. M. Isaac, Genèse de l'Antisémitisme,
pag. 166.
28 Ibid.,
pagg.167.
29 Ibid., pagg. 168,
172, 267, 289.
30
Ibid.
31 Ibid., pag.
289.
32 Ibid., pag.
290.
33
Ibid.
34 Pogrom è un termine
russo che significa «distruzione». Si trattava di sommosse popolari con massacri
e saccheggi contro le minoranze ebraiche accusate di usura, frode, omicidi
rituali, frequenti soprattutto nell'Europa centrorientale nell'Ottocento e agli
inizi del Novecento.
35 Cfr. J. M. Isaac, Genèse de l'Antisémitisme,
pag. 285.
36 Cfr. J. M. Isaac, Jésus et Israël, pag.
365-508.
37
Ibid.
38 Ibid., pag.
572.
39 Cfr. Terre de
Provence, del 23 gennaio 1965.
40 Cfr. J. Jèhouda, L'antisémitisme, miroir du
monde («L’antisemitismo, specchio del mondo»), Ed. Synthésis, Ginevra
1958.
41 Non è un caso che Jèhouda
citi in suo favore il filosofo ebreo Baruch Spinoza (1632-1677), le cui
relazioni con la Kabbalah ebraica e il conseguente ritorno continuo della
dottrina cabalistica nelle sue tesi, sono note a tutti gli studiosi di questo
particolare settore (vedi, ad esempio, J. Meinvielle, Influsso dello
gnosticismo ebraico in ambiente cristiano, Sacra Fraternitas Aurigarum in
Urbe, Roma 1988, pagg. 184-189).
42 Cfr. J. Jèhouda, op. cit., pagg.
135-136.
43 Ibid., pag.
132.
44 Ibid., pag.
155.
45 Cfr. E. Benamozegh, Israël et l'Humanité,
Ed. Albin Michel, Parigi 1961; la prima edizione di quest'opera risale al
1914.
46 Cfr. A. Memmi, Portrait d'un juif
(«Ritratto di un ebreo»), Ed. Gallimard, Parigi 1962.
47 Cfr. I. I. Rabi, Anatomie du judaisme
français («Anatomia dell'ebraismo francese»), Les Editions de Minuit, Parigi
1962.
48
Ibid.
49 Cfr. J. M. Isaac, Genèse de l'Antisémitisme,
pag. 309.
50 Ecco il testo della
preghiera incriminata del Venerdì Santo, eliminata dal Messale Romano da
Giovanni XXIII: «Preghiamo anche per i perfidi giudei, affinché il Signore
Dio nostro tolga il velo dai loro cuori, in modo che essi pure con noi
riconoscano Gesù Cristo Nostro Signore»; da notare che etimologicamente il
termine «perfidi» (dal latino pérfidis) significa «privi di fede», e
quindi, lungi dall'essere un vocabolo offensivo, esso risponde benissimo alla
dottrina cattolica espressa in questa bellissima preghiera. La stessa sorte è
toccata alla preghiera presente nel Prefazio della Messa della III
Domenica di Quaresima secondo il rito ambrosiano: «Oh, quanto perfida e
testarda è la malvagia stirpe dei giudei, i quali si gloriano della loro carnale
discendenza, al tempo stesso che si rifiutano di riconoscere il Padre che sta
nei cieli. O gente ingrata, già molte volte colpita da esemplari castighi, che
disdegna il Padre presente senza saper conservare l'assente. Ben è giusto invece
che noi a grandi voci esultiamo, per aver ottenuto il posto e il regno dei
giudei, in grazia di Cristo, Nostro Signore».
51 Cfr. J. Jèhouda, op. cit., pag.
168.
52 «Con Johannes Reuchlin,
l'umanista di Pforzheim (nipote di Melantone, socio di Lutero nella Riforma
Protestante), la lotta per l'introduzione della Kabbalah nella cristianità
prende vigore. (Egli) si servì della sua conoscenza dell'ebraico, come di
una chiave che lo aiutò a penetrare nel meraviglioso mondo della scienza
cabalistica [...]. Reuchlin pubblicò due opere: "De verbo mirifico"
("La parola miracolosa") e "De arte cabalistica" ("Sull'arte della
Kabbalah") [...]. Giustamente temendo un nuovo prevalere dell'ebraismo, il
domenicano Santiago Hochstratten, professore di teologia e inquisitore di
Colonia, si assunse il compito di confutare Johannes Reuchlin nella sua
"Distruzione della Kabbalah". In essa, dimostrò che la dottrina cabalistica non
era affatto a sostegno dei dogmi cristiani, ma anzi li negava, e che i libri di
Reuchlin pullulavano di proposizioni erronee» (cfr. J. Meinvielle, op. cit., pagg.
164-165).
53 Cfr. J. Jèhouda, op. cit., pagg.
169-172.
54 Ibid., pagg.
170-172.
55 Cfr. J. Jèhouda, op. cit., pag.187. Il
vero nome dell'ebreo Marx era Mordekkai Levi.
56 Ibid., pag.
186.
57 Ibid., pagg.
10-11.
58 Ibid., pagg.
154-160.
59 Ibid., pag.
136.
60 Cfr. E. Benamozegh, op. cit., pag.
18.
61 Ibid., pagg.
34-35.
62 Ibid., pag.
48.
63 Cfr. I. I. Rabi, op. cit., pag.
204.
64 Ibid., pag.
188.
65 Ecco come San Luca descrive
il medesimo episodio: «Appena fu giorno, si riunì il consiglio degli anziani
del popolo, con i sommi sacerdoti e gli scribi; lo condussero davanti al
sinedrio e gli dissero: "Sei tu il Cristo, diccelo". Gesù rispose: "Anche se ve
lo dico, non mi crederete; se vi interrogo, non mi risponderete. Ma da questo
momento starà il Figlio dell'uomo seduto alla destra della potenza di Dio".
Allora tutti esclamarono: "Tu dunque sei il Figlio di Dio". Ed egli disse loro:
"Lo dite voi stessi: io lo sono". Risposero: "Che bisogno abbiamo ancora di
testimonianza? L'abbiamo udito noi stessi dalla sua bocca"» (Lc 22,
67-71). Il racconto di San Marco è
molto più simile a quello di San Matteo.
molto più simile a quello di San Matteo.
66 Cfr. A. Spire, Quelques juifs («Alcuni
ebrei»), Ed. B. Grasset, Parigi 1928.
67 Cfr. E. Faure, L'ame juive («L'anima
ebraica»); cit. in La question juive vue par vingt-six éminentes
personnalités juives («La questione ebraica vista da ventisei eminenti
personalità ebraiche»), Ed. EIF, Parigi 1934.
68 Cfr. Jewish World,
del 9 febbraio 1923. Al British Museum, ho potuto verificare
personalmente l'esattezza di questa citazione (N.d.A.).
69 Cfr. A. Nossig, Integrales Judentum, Ed.
Renaissance-Verlag, Berlino 1922.
70 Cfr. E. Faure, art. cit.
71 Cfr. J. M. Isaac, Genèse de l'Antisémitisme,
pagg. 155-156.
72 Cfr. F. Fejto, Dieu et son juif («Dio e
il suo ebreo»), pagg. 34-190-192.
73 Cfr. J. Jèhouda, op.
cit.
74
Ibid.
75
Ibid.
76 Cfr. J. M. Isaac, Genèse de l'Antisémitisme,
pag. 150.
77 Cfr. A. Memmi, op. cit., pag.
186.