domenica 19 maggio 2013

L'OLOCAUSTO ( Pio XII e l'olocausto )

DON CURZIO NITOGLIA

In questo articolo voglio fornire ai lettori cattolici le indicazioni storiche su tale avvenimento, poiché di esse ci si serve teologicamente (a partire da Jules Isaac) per potare avanti le novità dottrinali (“Nostra Aetate”, 1965) e liturgiche (Preghiera del Venerdì Santo, del Messale riformato da Paolo VI nel 1970) iniziate col Vaticano II e continuate nel ‘post-concilio’.
È soltanto per questo motivo, puramente religioso e teologico, che parlo di questo problema, che tanto disordine e male ha introdotto nell’ambiente ecclesiale. Per nulla animato da spirito polemico, partitico, ‘politico’ o di odio razziale, mi permetto di scrivere queste righe, sperando che illuminino i lettori cattolici e facciano riflettere anche gli israeliti, infatti la loro reazione, qualora fosse sproporzionata e ‘arrogante’, li potrebbe rendere di nuovo invisi in ambiente cattolico. Il celebre scrittore israelita bernard lazare (L’antisemitisme son histoire et ses causes, [1849] Documents et Témoignages, rist. Vienne, 1969) ha scritto che “gli ebrei, almeno in parte, hanno causato i loro mali” (p. 12) e che “la causa delle persecuzioni contro il giudaismo va ricercata proprio nello spirito del Talmud e non nel comportamento dei popoli ospitanti” (p. 14).
Speriamo che queste righe portino luce alle menti e pace nei cuori.

Pio XII e l’olocausto 
Pio XII è stato accusato, a partire dal 1963, di essere stato filo-hitleriano, di aver taciuto, di fronte alla ‘shoah’, tale accusa è stata ripresa con forza da ambienti israelitici per chiedere a Benedetto XVI di non beatificare papa Pacelli. Una buona difesa di Pio XII è stata fatta da uno storico social-comunista francese, Paul Rassinier (L’opération “Vicarie”. Le rôle de Pie XII devant l’Histoire, Paris, La Table Ronde, 1965). Lo storico francese è stato membro della resistenza anti-tedesca ed è stato internato in un campo di concentramento, torturato dalla Gestapo e reso invalido al 95 %. Tuttavia ha avuto il coraggio di scrivere la verità: «L’azione di Pio XII non era ispirata unicamente agli interessi della Chiesa, contrariamente a ciò che si vuol far credere, e gli ebrei non erano esclusi dalla sua sollecitudine» (Ibidem, p. 19). Sino al 20 febbraio 1963, giorno in cui un regista protestante Hochhuth, mise in scena una “commedia” intitolata “Il Vicario”, fortemente denigratoria di Pacelli, i personaggi più in vista del mondo ebraico, avevano lodato pubblicamente papa Pacelli, per la sua azione – durante il conflitto – in favore degli ebrei. Ma a partire dal 1963 i primi a divulgare la “commedia” di Hochhuth furono proprio il “Movimento Sionista Mondiale” appoggiato dallo Stato d’Israele (Ibidem, p. 15). Mentre Hochhuth da buon protestante, per odio al Papato, asseriva che Pio XII non avendo parlato esplicitamente dell’Olocausto di sei milioni di ebrei, si era macchiato di “crimini contro l’umanità”, Rassinier, agnostico e non animato da odio anti-papista, Pio XII era intervenuto «per salvare la pace di tutti» (Ivi). Sarebbe stato, quindi, altamente sconveniente che il Papa avesse parlato solo o specialmente a favore degli israeliti, trascurando e mettendo in secondo piano gli altri uomini che hanno sofferto terribilmente le conseguenze della seconda guerra mondiale, si pensi agli otto milioni di tedeschi. Rassinier vede nel «tentare tutto contro la guerra, senza abbandonare il resto dell’umanità a se stessa, pensando ai soli ebrei » (Ibidem, p. 23), la grandezza di Pio XII. Invece l’ebraismo internazionale gli rimprovera soprattutto questo. Dunque il Papa comprese la salvezza degli israeliti in quella di tutti gli uomini, di ogni razza e religione, come Pastore universale (cattolico) del genere umano. Egli non ha mai voluto prendere parte per uno dei belligeranti contro l’altro, anche sotto minaccia, prima del nazional-socialismo e poi dell’anglo-americanismo.
L’entità della persecuzione anti-ebraica
Esiste un documento (telegramma) scritto da Harold Tittmann, collaboratore di Myron Taylor, rappresentante personale del presidente americano Roosvelt presso la S. Sede, spedito il 5 gennaio 1943, in cui si legge: «Pio XII, mi ha detto che temeva che i rapporti sulle atrocità segnalategli dagli Alleati, fossero fondati, ma mi ha fatto capire  che pensava potessero essere esagerati per scopi di propaganda bellica» (Documenti diplomatici del Dipartimento di Stato, sulla seconda guerra mondiale, serie II).
Anche lo storico israelita George Mosse deve ammettere che:«Chi affermava la realtà dello sterminio non era creduto […]. Pio XII disse: “fornitemi una documentazione completa sui fatti, e non esiterò a condannare lo sterminio degli ebrei”. Naturalmente nessuno era in grado di fornire una tale documentazione» (Intervista sul nazismo, Milano, Mondatori, 1992, p. 76).
Il pericolo di una difesa “incompleta” di Pio XII
I cattolici, spinti da una sorta di complesso di inferiorità, cercano di difendere, timidamente, Pacelli sostenendo che se avesse parlato avrebbe peggiorato la situazione. Rassinier, invece, dice che il Papa voleva salvare tutti e non solo una parte (fossero ebrei o no). Inoltre egli, giustamente, parlava solo davanti a notizie certe.
Ancora oggi, le prove certe della volontà di sterminio fisico degli ebrei, da parte del III Reich germanico non ci sono. Ci sono solo affermazioni di espulsione (soluzione definitiva geografica e non fisica del problema ebraico). Nel 1960 il dottor Kubovy del Centro di documentazione di Tel-Aviv doveva ammettere che non si trovava alcun documento, firmato da Hitler, Himmler o Heydrich, che parli di sterminio fisico degli ebrei. Nel 1981 Laqueur (Le terribile secret, Francoforte, 1981, p. 190) scriveva: «sino ad oggi non si è trovato alcun ordine scritto di Hitler per eliminare la comunità ebraica europea». La scrittrice israelita Hanna Arendt, nel suo libro Eichman à Jérusalem scrive «in aprile 1944, due mesi prima dello sbarco in Normandia, vi erano ancora 250 mila ebrei nella  Francia occupata dai tedeschi e tutti sono sopravvissuti» (p.270). Addirittura nell’aprile 1944, Eichmann propose al delegato sionista Brandt lo scambio di un milione di ebrei in cambio di 10 mila camion (Bauer, Juifs à vendre, Paris, Liana Levi, 1996, pp. 227-229), ma lo scambio venne rifiutato.
La questione spinosa delle “camere a gas” e dei “forni crematori”
Nessuno storico nega l’esistenza di campi da concentramento o da lavoro tedeschi (come pure di ogni altra nazione belligerante). È altresì certo che vi furono delle deportazioni di ebrei (come di altri prigionieri di guerra), naturalmente sono stati maltrattati, come ogni internato in campo di prigionia, più di qualcuno è stato malmenato sino alla morte, quando non aveva più la forza di lavorare, il che è un delitto. Ma la questione capitale, è quella se vi siano state delle camere a gas o forni crematori, per uccidere sei milioni di ebrei. Roger Garaudy, internato per 33 mesi in un campo di concentramento tedesco, ha chiesto un dibattito scientifico per appurare la verità, senza negare o affermare nulla ‘a priori’. Il Garaudy scrive: «ho notato che l’unico film presentato ai giudici del tribunale di Norimberga rappresentava la camera a gas di Dachau che (…) non fu mai terminata e quindi mai funzionante. (..) È possibile che si tratti di una montatura fabbricata dai servizi americani operanti a Dachau (…). Ciò non implica necessariamente la negazione dell’esistenza di qualsiasi camera a gas, quindi non arrivo a tale negazione. Domando soltanto un dibattito scientifico e pubblico per stabilire definitivamente quale fosse l’arma del delitto» (I miti fondatori della politica israeliana, Genova, Graphos, 1997, p. 108). Il filosofo francese continua «più di un terzo  degli ebrei, scomparsi dall’Europa – secondo il Reitlinger – morì non di violenza fisica diretta ma di lavori forzati, di malattie, di fame, di mancanza di cure mediche. La diversità di questi diversi metodi di assassinio, dei quali non affermo né nego nessuno, esige un grande sforzo di ricerca» (I miti fondatori…, pp. 108-112).
Quello che è importante da un punto di vista teologico è che la neo-religione laica dell’ “olocaustismo ebraico” tende a rimpiazzare l’Olocausto di Gesù Salvatore dell’umanità. Ora siccome l’ “olocaustismo ebraico” deve essere provato, cerchiamo di chiedere, gentilmente ma fermamente, le prove del supposto sterminio fisico totale (tramite gas o crematori) del popolo ebraico europeo, né più né meno come fece Pio XII.
In base all’ “olocaustismo” si chiede (teologicamente) di non beatificare Pio XII perché ha taciuto sulla “shoah”, di non promulgare il Messale Romano del 1962, poiché contiene una preghiera anti-semita. Come si vede il mito dell’ “olocausto” è un’arma non solo politica per la fondazione e il mantenimento dello Stato d’Israele (cfr. ariel toaff, Ebraismo virtuale, Milano, Rizzoli, 2008); economica per ottenere finanziamenti (cfr. normann finkelstein, L’industria dell’olocausto, Milano, Rizzoli, 2002) per le organizzazioni dei “cacciatori di nazisti”; di ricatto per poter bombardare col fosforo bianco i Palestinesi, ma anche “teologica” per sminuire il cristianesimo e innalzare l’ebraismo. È, quindi, nostro dovere sacerdotale difendere l’Olocausto di Gesù vero Redentore soprannaturale dell’uomo e rivisitare, mettendo al suo reale posto storico e contingente, la “shoah”. L’olocausto è l’unica “religione” (laica) di Stato ad essere protetta e garantita dal braccio secolare: nessuno è punito se bestemmia Cristo, ma se si opina sulla reale entità dell’olocausto ebraico si finisce in galera.
Vi è, addirittura, una corrente “a-teologica” sviluppatasi dopo e secondo la “shoah”, la quale nega l’onnipotenza, la provvidenza e anche l’esistenza di Dio, poiché non è intervenuto e ha taciuto (come il suo Vicario in terra, papa Pacelli) durante l’olocausto, essa è stata portata avanti da pensatori israeliti hans jonas (Il concetto di Dio dopo Auschwitz. Una voce ebraica, Genova, Il Melangolo, 1989) e protestanti johan baptist metz (Cristiani ed ebrei dopo Auschwitz, Brescia, Queriniana, 1981). Quindi – in quanto “Quindicinale cattolico antimodernista” - non possiamo non prendere posizione di fronte all’olocausto, poiché esso è tirato in ballo per negare, niente po’ po’ di meno che, l’esistenza di Dio. Non si può ignorare il problema, anche, anzi specialmente, dal punto di vista religioso.
Lo storico tedesco Ernest Nolte stigmatizza la tendenza di coloro che accusano di antisemitismo o “negazionismo” (negazione assoluta di ogni persecuzione degli ebrei da parte nazista) e ammette il fondamento di scientificità storica del “revisionismo” (rivisitare le fonti e i documenti riguardanti la “shoah” , per giungere ad una valutazione oggettiva, serena e meno emotiva o ‘interessata’ della sua entità). Egli scrive che: «L’intensificazione della tesi dell’unicità della ‘shoah’ (…) potrebbe, un giorno (…) avere per conseguenza il contrario esatto di ciò che viene perseguito» (Controversie. Nazionalsocialismo, bolscevismo, questione ebraica nella storia del Novecento, Milano, Corbaccio, 1999, p. 17). Egli continua «è possibile che [Hitler]. Pensasse alla ‘soluzione finale territoriale’ (…). Tuttavia, sino all’ottobre del 1941 l’emigrazione degli ebrei tedeschi fu permessa» (Ibidem, p. 30). Perciò »l’opinione diffusa che qualsiasi dubbio sull’olocausto e i sei milioni di vittime debba venir considerato come (…) un atteggiamento malvagio, disumano e da proibire, non può assolutamente essere accettato dalla scienza» (ibidem, pp. 56-57). Inoltre lo stesso Nolte spiega che: «In un telegramma di Gerhard Rieger, rappresentante del World Jewish Congress a Ginevra, il numero complessivo degli ebrei che si trovavano sotto la giurisdizione tedesca viene stimato tra i 3,5 e i 4 milioni circa» (Ibidem, p62). Quindi la cifra dei sei milioni, che è diventata un “dogma”, andrebbe rivisitata.
Certamente, l’uccisione di un innocente è sempre un crimine, onde l’odio e la violenza fisica contro un ebreo in quanto ebreo è un delitto inaccettabile, ma anche la sacralizzazione, l’assolutizzazione, la mitizzazione della persecuzione degli ebrei, quasi fosse un “unicum aeternum” è una forzatura, che si rivela, infine, per l’eterogenesi dei fini, controproducente. L’ambasciatore Sergio Romano scrive «la regola secondo cui ogni fatto storico è costretto, prima o poi, a passare in seconda fila, soffre di un’eccezione. Vi è un avvenimento – il genocidio degli ebrei durante la seconda guerra mondiale – che diventa col passar degli anni sempre più visibile, incombente ed ingombrante» (Lettera a un amico ebreo, Milano, Longanesi, 1997, p. 15).
Conclusione
Si parla tanto di “dialogo”, “anti-inquisizione”, “tolleranza”, “libertà di pensiero”, ma guai solo a chiedersi se, storicamente, la persecuzione che gli ebrei europei hanno realmente subito nel 1942-45, sia stata quella dello sterminio totale, fisico, tramite ‘camere a gas’ e ‘forni crematori’. Anzi si son fatte fare delle leggi “inquisitorie” che proibiscono persino di porsi tale domanda, sotto pena di incarcerazione. Infine ci serve di tale “dogma” per scopi politici, economici, bellici e persino teologici, negando Dio e ingiungendo al Papa di fare o non fare questo o quello, in nome dell’antisemitismo e della ‘shoah’.
 
don Curzio Nitoglia
31 gennaio 2009

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