domenica 12 maggio 2013

GIUDEO-PROTESTANTESIMO ANGLICANO


 
d. CURZIO NITOGLIA
30 dicembre 2010

 
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 Lo scisma anglicano
I protestanti in Inghilterra, dopo lo scisma di Enrico VIII, erano composti da una rete di famiglie diventate economicamente e politicamente molto potenti. I due tratti distintivi della Cristianità pre-riformistica erano stati: a) il primato dello spirituale sul temporale, della Chiesa sullo Stato; b) l’opposizione della Chiesa cattolica all’usura e alla “crematistica”[A]. Di conseguenza, la separazione del Regno dal Papato e il desiderio di trarre profitto dall’usura diventarono uno dei principali incentivi alla lotta rivoluzionaria anglicana contro l’egemonia della Chiesa nella cultura europea. Infatti non si può chiamare religione in senso proprio l’anglicanesimo, nato dalla lussuria del re Enrico VIII, dalla sete di rivolta contro Pietro e dal desiderio di arricchirsi a spese dei beni della Chiesa romana. Piuttosto esso è un concentrato delle tre concupiscenze (sensualità, orgoglio ed avarizia) erette a “contro-religione”. Questa rudimentale alleanza tra libertinismo (libero divorzio), liberalismo (separatismo tra Stato e Chiesa), ipercapitalismo (inteso come “crematistica” o arte di arricchirsi in quanto fine, vedi nota n° 1) e rivoluzione fece la sua prima comparsa in Inghilterra quando il Re, volendo divorziare dalla sua legittima sposa, si separò dal Papa facendosi “papa” di se stesso e le famiglie “nobiliari” si arricchirono, molto poco nobilmente, con i profitti delle terre della Chiesa, diventando l’élite conservatrice della Gran Bretagna, ove, come anche nel resto del mondo, non sempre nobiltà è sinonimo di élite o “aristocrazia” e viceversa.
Ebraismo in Inghilterra
Gli anglicani in materia economica si ispirarono agli ebrei (cfr. M. Jones, The revolutionary Jew, New York, 1991), che erano stati ufficialmente espulsi dall’Inghilterra nel 1290 dopo l’omicidio rituale del piccolo Richard da Norwitch[B]. Espulsioni di questo tipo solitamente riguardavano gli ebrei che volevano continuare ad essere praticanti (soltanto 16.000 ebrei abbandonarono l’Inghilterra nel 1290), mentre la maggioranza continuava nel proprio precedente stile di vita da marrani sotto la maschera del cristianesimo. Gli ebrei rimasti come marrani fornirono una rete naturale e un sistema di sostegno per gli altri ebrei, che tornarono segretamente in Inghilterra nel corso dei secoli successivi, a partire da Oliviero Cromwell. Allora i tempi erano oramai maturi per un allargamento sempre più vasto  dell’influenza ebraica sulla cultura inglese, dietro la maschera della fede “riformata” o anglicana. Il cambiamento nella cultura inglese durante questo periodo e la conseguente crescita della Gran Bretagna come nazione filo-semitica sono stati notati da molti. Barbara Tuchman, storica statunitense, ha osservato che «lInghilterra cambiò» nel corso del XVI secolo, anche se «non si può fissare una data esatta [...] di quando il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe è diventato il Dio inglese» (1) e «Gli eroi del Vecchio Testamento sostituirono i Santi cattolici» (2).
La “sola Scriptura” come grimaldello di giudaizzazione
La Tuchman ritiene che la ragione principale della ebraizzazione dell’inghilterra fu la traduzione more rabbinico da parte di William Tyndale della Bibbia, che cominciò ad essere contrabbandata in Inghilterra nel 1526, trasportata da mercanti ebrei sefarditi nei falsi fondi di botti di vino. La traduzione di Tyndale della Bibbia – secondo Tuchman – fece dell’Inghilterra una nazione giudaizzante, da allora fino al momento dell’accordo Balfour (1917), che stabilì la presenza ebraica in Palestina, perché ogni volta che la Bibbia viene strappata al suo contesto diventa un «fermento rivoluzionario di straordinaria violenza» (3). La “sola Scriptura” condusse naturalmente alla giudaizzazione e la giudaizzazione condusse naturalmente alla rivoluzione, come oggi la “sola Missa” può condurre alla giudaizzazione del mondo cattolico ancora legato alla Tradizione apostolica, specialmente se si accetta il “dogma” olocaustico (secondo l’ottica modernistica dell’evoluzione eterogenea del dogma) e ci si consegna alla finanza ebraica, il che equivale ad “affidare la pecora al lupo”. È ciò che è già avvenuto (teologicamente) in ambiente ecclesiale con la Dichiarazione Nostra aetate e (economicamente) con lo “Ior” (la banca vaticana) consegnato negli anni Settanta-Ottanta ai massoni e ai finanzieri ebrei, che hanno portato la finanza vaticana al collasso. Una volta che la Chiesa fu ripudiata come giudice della Scrittura, la Scrittura non fu più letta secondo «lo spirito», ma veniva letta, secondo «la lettera o la carne», ossia nello stesso modo in cui la leggono gli ebrei: come una prescrizione per stabilire il paradiso in terra e, infine, un paravento per la bramosia, l’orgoglio e la sensualità. Il Vangelo diventa «carnale» appena viene separato dalla Chiesa (“lo spirito vivifica, la lettera uccide”, san Paolo), il che significa che diventa una giustificazione per le violazioni della castità o l’usura e le speculazioni finanziarie, di cui in Europa la Svizzera è maestra assieme ad Amsterdam/Anversa mentre nel mondo lo sono Londra e New York.
Cromwell e il Puritanesimo
Questa tendenza giudaizzante raggiunse la sua piena fioritura quando Oliviero Cromwell divenne dittatore in Inghilterra perché, come la Tuchman sostiene; «Con i Puritani arrivò uninvasione dellebraismo trasmessa per mezzo dellAntico Testamento» (4). La Tuchman accenna anche al fatto che la Scrittura divenne un pretesto per l’avidità quando afferma che i Puritani «seguivano alla lettera lAntico Testamento per la ragione che vi vedevano i propri volti riflessi» (5). Inoltre il Puritanesimo significò la fine della morale cristiana e l’importazione di «abitudini ebraiche» (secondo Cunningham, come riportato dalla Tuchman, «La tendenza generale del puritanesimo è stata quella di scartare la morale cristiana e di mettere le abitudini ebraiche al suo posto») (6). La naturale conseguenza dell’importazione di «abitudini ebraiche» nella vita inglese – un cambiamento che ha avuto luogo nel XVI secolo – fu «una regressione della moralità sociale ad un livello molto basso, manifestatasi in patria e allestero» (7). La prima manifestazione di questa morale regredita fu la diffusione della povertà (in maniera parossistica soprattutto durante la “Rivoluzione industriale” ottocentesca, la quale ha occasionato la rivoluzione comunista sovietica), povertà che doveva diventare tipica della vita inglese da allora in avanti, per secoli. «Dalla metà del XVI secolo» conclude la Tuchman «è stato possibile parlare di una rivoluzione, un movimento politico internazionale, deciso a rovesciare la visione medievale del mondo e sostituirla con qualcosa di nuovo» (8).
Dal talmudismo al super-capitalismo
Quel «qualcosa di nuovo» in Inghilterra significava la giustificazione dell’avidità, della bramosia, dell’orgoglio e della sensualità, giustificazione che in seguito sarebbe stata conosciuta come super-capitalismo liberista ed avrebbe portato al potere dei rivoluzionari tutti benestanti grazie al furto delle proprietà della Chiesa (vedi Il Gattopardo di Cesare Tommasi Di Lampedusa) e decisi ad imitare gli ebrei sia in teologia che in economia. Nessuno di questi progressi nella finanza avrebbe potuto essere realizzato senza la collaborazione intenzionale degli ebrei, e questa collaborazione avvenne in molti modi. Come gli ebrei, le famiglie benestanti di cui sopra supportarono «le forze eretiche nella religione e il liberalismo in politica» (9). In economia ciò significava usura, un sistema che Lord Francis Bacon (+ 1626) avrebbe difeso in modo esplicito in uno dei suoi saggi. L’Inghilterra divenne una “seconda Giudea” non solo perché si leggeva la Bibbia tradotta in inglese dai rabbini, ma soprattutto perché le famiglie più importanti, i promotori della distribuzione capillare delle traduzioni eretiche usavano la Bibbia – che ora tutti avevano il diritto di interpretare a modo proprio – come una giustificazione per il loro coinvolgimento nell’usura, nell’orgoglio e nella sensualità e perché usarono i mezzi economici per consolidare il loro potere politico. La libertà, in questo come in altri ambiti della vita, implicava il diritto dei potenti di determinare ciò che era vero. Tutti erano ora liberi di interpretare la Bibbia come meglio credevano. Se tale interpretazione non corrispondeva agli interessi dei potenti, la forza maggiore sarebbe diventata l’ultima ratio. Quando difatti i dissidenti divennero più forti della “chiesa” di Stato, il risultato fu la guerra civile; ma per ora questo riguardava il futuro del Paese. Una volta reciso il legame ecclesiale che univa l’Inghilterra e Roma, fu fatalmente indebolito anche quello che univa tra di loro gli inglesi perché, una volta che l’Inghilterra smise di essere cattolica e divenne una nazione “ideologica”, favorì gli stranieri (come succede oggi nell’Europa di Maastricht) che sostenevano il nuovo governo contro i nativi che – quasi sicuramente – si sarebbero opposti ad esso, ma anche contro quelli che semplicemente non capivano chiaramente cosa stesse accadendo. Sia i dissidenti che gli sprovveduti furono spazzati via nella stessa marea straniera che favorì l'immigrato sul nativo. Il protestante è stato, a questo proposito, extracomunitario, straniero o apolide per eccellenza. Anche se era un proto-puritano in Inghilterra, un ugonotto in Francia o un calvinista nei Paesi Bassi, la sua segreta obbedienza andava all’oscura congiura proveniente da Ginevra e non al suo Paese d’origine (come avviene oggi con i sionisti che non vivono in Israele), i cui interessi furono sempre manipolati a favore delle élites che presero il potere in questi Paesi.
Lo spirito protestantico e il super-capitalismo
L’Inghilterra era il Paese che avrebbe trasformato la finanza in un’arma molto più potente di tutti gli eserciti di Filippo II di Spagna. Rivoluzione, presso gli anabattisti di Münster, significava comunismo. In Inghilterra, invece, voleva dire quello che sarebbe diventato noto non come il “contrario del comunismo” (materialismo collettivista), ma come un “comunismo di segno opposto”, ossia un materialismo individualista anziché collettivista, in breve una “rivoluzione conservatrice”, oggi promossa dai neoconservatori, cioè il super-capitalismo liberista. Come Marx aveva giustamente compreso, l’inizio del supercapitalismo era stato il furto, il furto, in questo caso, delle proprietà della Chiesa. Il furto era continuato quando la ricchezza della Chiesa fu messa al servizio del regno di Mammona, vale a dire quando le famiglie inglesi, diventate ricche attraverso l’accaparramento delle proprietà ecclesiastiche, decisero di concorrere al monopolio ebraico sull’usura e di mettersi in affari. Proprio come è successo nel Risorgimento italiano.
 
d. CURZIO NITOGLIA
 
30 dicembre 2010
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Note
[A] La “crematistica” o “affaristica” - secondo Aristotele e san Tommaso d’Aquino - è l’arte di arricchirsi sempre di più, in quanto la ricchezza materiale rappresenta il fine dell’uomo e non più un mezzo per vivere dignitosamente. Mentre l’ “economia” è la virtù di prudenza applicata al mantenimento materialmente decoroso della famiglia o del focolare domestico, subordinatamente al Fine ultimo.
[B] Cfr. A. Toaff, Pasque di sangue, Bologna, Il Mulino, 1a ediz., 2007.
 
1) Barbara W. Tuchman, Bible and Sword, NewYork, New York University Press, 1956, p. 54.
2) Ivi.
3) Jacques Maritain, Three Reformers: Luther-Descartes, Rousseau, New York, Charles Scribner’s Sons, [1925] 1937, p. 142 (tr. it., Tre riformatori: Lutero, Cartesio, Rousseau, Brescia, Morcelliana, .1928).
4) Barbara W. Tuchman, op. cit., p. 79.
5) Barbara W. Tuchman, op. cit., p. 80.
6) Barbara W. Tuchman, op. cit., p. 82.
7) Ivi.
8) Ivi.
9) William Thomas Walsh, Philip II, New York: Sheed and Ward, 1937, p. 171.
 
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