lunedì 13 maggio 2013

don curzio - IL NUOVO [DIS]ORDINE MONDIALE:dalla dissocietà alla dissociazione


 
 

 
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La vita ebraica è composta da due elementi: arricchirsi e protestare
(Nahum Goldmann, Le paradoxe juif, Parigi, Stock, 1976, p. 67).
 
L’impasse ebraica: “un passato che non passa” (la shoah)
e “un futuro che non arriva” (il falso “messia”)
 
Il dramma attuale del giudaismo, che sembra essere giunto allo zenit ed aver iniziato la sua discesa, è quello di essere tirato verso due parti opposte (come un torturato legato a due cavalli, che corrono uno verso nord e l’altro verso sud): il passato e il futuro, ma vissuti in maniera innaturale[1], poiché per definizione il passato è passato, andato via, finito, e il futuro presto o tardi si avvicina e si rende presente e la memoria perenne e costante della shoah è un “passato che non passa”, mentre l’attesa talmudica del messia è sempre in fieri. Ciò impedisce all’ebraismo di vivere nel momento presente: schiavo del passato sempre incombente e vittima del futuro mai prossimo, esso vive fuori della realtà[2]. David Banon ha scritto che la speranza futura messianica è l’essenza stessa del giudaismo attuale sino al punto che, se il messia dovesse arrivare realmente e cessasse la speranza futura, crollerebbe l’edificio intero del talmudismo rabbinico[3].

Senza Padre né messia e con una matrigna
 
Questo stato d’essere è patologico ed è aggravato, come ha scritto il famoso medico francese André Bergevin[4], dal fatto che il giudaismo talmudico o post-biblico è senza Dio-Padre[5] e schiavo di una madre iper-protettiva: la sinagoga rabbinica. Secondo il professor Bergevin il giudaismo attuale mostra tutti i sintomi di un disagio profondo e interiore, propri di un orfano tirannizzato da una matrigna e perciò asociale e dissociato.

Parricida e matricida
 
Sigmund Freud[6] ha trattato, fondandosi sul Talmud, il problema del desiderio anarchico del giudaismo di uccidere l’Autorità, il Padre (Dio) e la madre (sinagoga), mascherandolo dietro apparenze di scientificità medica, (quasi totalmente assente nel freudismo)[7], parlando di “complesso di Edipo e di Elettra”. Il nichilismo post-moderno (Marx e Freud) ha eretto a sistema filosofico ciò che vi è di più basso nella scala dei valori umani (materia e istinti). La Scuola di Francoforte (Teodoro Adorno, Herbert Marcuse, Wilhelm Reich, Erich Fromm, Jürgen Habermans) e lo Strutturalismo francese (Claude Levy-Strauss, Jean Paul Sartre, Jacques Lacan, Louis Althusser) si son serviti del marxismo psicanalitico e selvaggio per distruggere, in maniera parossistica a partire dal 1968, i valori europei. Elisabeth Badinter ammette che «il XX secolo ha segnato l’ora della morte dei valori virili dell’Europa, che erano arcaici»[8]. Wilhelm Reich dal canto suo commenta: «la mentalità familiare patriarcale e la mentalità mistica sono i fondamenti della psicologia di massa del nazionalismo fascista»[9].

Delirio di onnipotenza
 
Al tempo stesso, però, il giudaismo è anche vittima di un delirio di onnipotenza, poiché si ritiene ancora l’eletto, il superiore e il prediletto tra tutti i popoli. Martin Buber scrive: «l’umanità ha bisogno del giudaismo, perché esso è l’incarnazione delle più alte aspirazioni dello spirito»[10], ed Emmanuel Lévinas continua: «L’ebraismo è necessario all’avvenire dell’umanità […], esso è come una scala vivente che raggiunge il cielo»[11]. Il fatto che l’ebraismo odierno sia “senza Padre”, come scrive Bergevin, è confermato da Bernard-Hernry Lévy, il quale spiega come il giudaismo più che una religione sia una «costituzione, nel senso stretto, politico e sociale, che tiene unito un popolo. […]. Quindi l’ateismo non è un problema per il giudaismo»[12].

Dominio mondiale
 
Lo scopo dell’Israele post-cristiano è quello di conquistare il mondo intero, di instaurare un regno universale su tutto il globo. Pierre Lévy spiega che «gli ebrei possono essere di destra o di sinistra, liberali, marxisti o ortodossi, credenti o atei, ma non possono non essere partigiani dell’Impero globale d’Israele»[13]. Questa è l’unità del giudaismo rabbinico, apparentemente differenziato ma sostanzialmente uniforme; essa è una “utopia di cui l’ebraismo vive”[14] e tale scopo sta per essere raggiunto con il mondialismo, la globalizzazione e il “Nuovo Ordine Mondiale”, che hanno avuto il loro exploit con le due guerre del Golfo persico (1990, 2003), ma che hanno segnato anche l’inizio della discesa degli Usa e probabilmente - nell’immediato - anche quella d’Israele, che si appresta ad affrontare militarmente Iran, Turchia, Libano, Siria e Palestina.

Finis Americae?
 
Maurizio Blondet scrive: «solo dieci anni fa l’America si celebrava come l’unica superpotenza rimasta. […]. Il sistema sovietico era crollato perché sbagliato (e lo era realmente), dunque il sistema capitalista-finanziario e liberista americano s’era definitivamente confermato come vero perché vincente nella storia. Il capitalismo era lo stato definitivo dell’umanità, di cui nulla di migliore poteva essere pensato. […]. L’immensa potenza militare accumulata nella guerra fredda si traduceva per la prima volta in una superiorità senza pari. […]. Una finestra di opportunità da sfruttare, per conquistare nuove posizioni nel pianeta. […]. Nel 2002 i neo-con alla Casa Bianca (Cheney, Wolfowitz, Rumsfeld) dichiararono di riservarsi, con l’operazione contro l’Iraq, denominata da loro stessi “terrore infinito”, “l’uso della forza contro l’integrità territoriale o l’indipendenza di qualunque Stato” giudicassero minaccioso. […]. Questo sistema di credenze è l’aspetto ultimo di quella malattia del pensiero che è l’americanismo: la fede che la forza bruta, il gigantismo, la tecnologia e il “mercato” bastassero a risolvere tutti i problemi. Dieci anni dopo l’americanismo è incappato nei suoi tre problemi insolubili, che ne stanno provocando il crollo. Il collasso globale dei mercati, […] il disintegrarsi delle guerre d’aggressione, […] e da ultimo, l’inarrestabile fuoriuscita di tonnellate di greggio nel Golfo del Messico. Già alcuni la chiamano la Chernobyl di Obama. […]. Herve Kempf, su Truthout, paragona l’America di Obama all’Unione Sovietica di Gorbaciov»[15]. Tra dieci anni cosa sarà successo? Il crollo dell’impero israelo-americano? Tutto è possibile. “Chi vivrà vedrà”.

Progresso all’infinito
 
Israele non può fermarsi al punto in cui si trova, anche se è assai considerevole e pregiato, poiché si fonda pure, come scrive Gersom Scholem sul «mito del progresso costante dell’umanità»[16]. A partire dall’ottobre del 1917, data in cui nacque la rivoluzione bolscevica in Russia[17] e lord Balfour promise un “focolare” ebraico indipendente in Palestina, che divenne nel 1948 lo Stato d’Israele, il Sionismo non ha cessato di avanzare a passi da gigante sulla via del messianismo secolarizzato o del “paradiso in terra”, che ha avuto nel marxismo, nel liberalismo e nell’attuale mondialismo le sue tappe più importanti e che, come nel 1917 rivelò la Madonna a Fatima a tre pastorelli, avrebbe portato alla apostasia, al castigo e poi al trionfo del Cuore Immacolato di Maria[18]. È sorprendente notare che Pio XII il 1° maggio del 1948 scrisse la sua prima enciclica sulla Palestina (Auspicia quaedam), alla quale seguirono altre due. In essa il Papa invitava l’episcopato del mondo intero a chiedere per il mese di maggio del 1948 al Cuore Immacolato di Maria la pace per la Palestina. Proprio dalla Palestina è sorto il movimento che si è impadronito oggi di quasi tutto il mondo e che ci sta facendo scivolare verso il “terrore infinito”.

Antropocentrismo panteistico
 
L’antropocentrismo è uno dei fondamenti del talmudismo. Già nel 1902 Otto Weininger confessava: «il giudaismo è stato sedotto assai sovente dalle concezioni materialistiche e meccanicistiche, con l’esclusione della trascendenza»[19]. Come abbiamo visto sopra, «l’ateismo non è un problema per il giudaismo»[20] ed ogni antropocentrismo o panteismo è un ateismo mascherato. Il “dio” del giudaismo odierno, ossia post-cristiano, è Israele “padrone di questo mondo”, una forma di immanentismo socio-politico e razziale, caratterizzato dal più feroce anticristianesimo. Albert Memmi ha scritto: «Cosa significa il nome di “Gesù” per noi ebrei? La più grande impostura teologica e metafisica della storia universale, uno scandalo, una sovversione e una bestemmia. […]. Il “dio” dei cristiani è, in un certo senso, il diavolo»[21]. Come non vedere che il dialogo ebraico-cristiano è una contraddictio in terminis? L’antropocentrismo, l’immanentismo, il razionalismo e il naturalismo sono l’essenza della massoneria, la cui anima è la cabala o mistica ebraica anticristiana. Padre Giovanni Caprile scriveva che il vertice del segreto massonico è la «divinizzazione dell’iniziato»[22] e che negli alti gradi delle logge si pratica un’«ammirazione, almeno teorica, per Lucifero»[23]. Purtroppo, col Vaticano II e il post-concilio, l’antropocentrismo ha invaso anche l’ambiente cattolico[24].

Popolo nomade, apolide e razzista
 
Nahum Goldmann fa dipendere dalla «doppia appartenenza» al Paese che lo ospita e allo Stato d’Israele, la «contraddizione che tormenta l’ebraismo»[25] e ne fa un popolo in continuo movimento, senza vera Patria al di fuori di Israele, ma al tempo stesso fornito di una identità etnica fortemente razziale, per non dire razzista, che lo separa, lo isola da tutti gli altri, attirando prima o poi la loro avversione. Questa intima contraddizione Israele la porta anche attorno a sé e la trasmette ai suoi vicini. Il mondo attuale, specialmente dopo il 1968, rappresenta il Regno mondiale, quasi totalmente in atto, di Israele sulle Nazioni[26]. Esso è fatto di contraddizioni laceranti - a livello personale, familiare e sociale - , che lo rendono una specie di “inferno sulla terra”, una sorta di “Regno sociale di satana”, per sortire dal quale l’uomo abbisogna della grazia sovrabbondante di Dio e, come insegna la Storia sacra, di un terribile castigo come mezzo per uscire “a riveder le stelle”. Purtroppo, in questo ultimo mezzo secolo, si è battuta, anche in ambiente cattolico, la stessa strada della modernità immanentista. L’aggiornamento e l’ammodernamento o lo spurio connubio modernistico del cattolicesimo col mondo moderno ha fatto sì che i sacerdoti e gli uomini di Chiesa, anche nelle più alte sfere, non hanno più preceduto ma seguito il mondo e il popolo. Ne è conseguita, oltre il relativismo teoretico, una diminuzione di austerità ascetica, un enorme rilassamento di disciplina morale, che ha fatto perdere stima al cattolicesimo anche da parte del popolo, il quale, a causa dell’aggiornamento modernistico e secolaristico, disprezza gli ecclesiastici, avendo scorto in essi maggiori manchevolezze, scadenza di dottrina e di comportamento, normale e necessaria conseguenza dell’ammodernamento o del voler piacere al mondo più che a Dio. Così essi son diventati “spiacenti a Dio e a li nemici sui” (Dante, Inferno, III, 63). L’esatto contrario di ciò che aveva auspicato Pio XII nel messaggio radiofonico “Au moment” del 26 luglio 1954 ai pellegrini francesi presso il Santuario di Sainte Anne d’Auray in cui li invitava a «respingere ogni pensiero malvagio, al coraggio di intraprendere grandi cose, a vincere il rispetto umano, a vincere l’egoismo, a servire ed obbedire pazientemente, […] ad amare la purezza, l’umiltà, la carità, […] a prendere in odio il peccato». Il Pontefice concludeva: «Quando il consacrato a Maria vede l’Immacolata calpestare il serpente infernale, non ha alcuna compiacenza per il male, ma è fiero di appartenere a Gesù e a Maria»[27]. La strada per uscire dall’attuale scristianizzazione, che va di pari passo con la giudaizzazione del mondo, è quella di una vera e sana “controriforma” che ritorni alla Tradizione divino-apostolica ed abbandoni i rivoli inquinati della modernità[28]. Infatti l’aver accolto i principi teorici della modernità e post-modernità ha condotto gli uomini di Chiesa a cadere nelle conseguenze pratiche e immorali che stanno venendo ora a galla sia negli Usa come in Belgio. Agere sequitur esse, modus agendi sequitur modum essendi.
 


Note:
[1] Cfr. E. Benbassa, La souffrance comme identité, Parigi, Fayard, 2007; S. Hessel, Citoyen sans frontières, Parigi, Fayard, 2008; N. Goldmann, Le paradoxe juif, Parigi, Stock, 1976.
[2] D. Banon, Le Messianisme, Parigi, PUF, 1998.
[3] D. Banon, ibidem, p. 11.
[4] A. Bergevin, Révolution permissive et sexualité, Parigi, F. X. de Guibert, 2003; Y. Moncomble, La politique, le sexe et la finance, Parigi, Faits et Documents, 1989; R. Faligot – R. Kauffer, Porno Business, Parigi, Fayard, 1987.
[5]Voi avete per padre il diavolo” dice Gesù ai giudei infedeli (Gv., VIII, 42) e ancora S. Giovanni nell’Apocalisse (II, 9) definisce “sinagoga di satana” l’attuale “religione” giudaica, rabbinico-talmudica.
[6] S. Freud, L’interpretazione dei sogni, 1900; Totem e tabù, 1912; Mosè e il monoteismo, 1934.
[7] Cfr. D. Bakan, Freud et la mistyque juive, Parigi, Payot, 1964, cfr. G. Valensin, La vie sexuelle juive, Parigi, Les Éditions philosophyques, 1981.
[8] E. Badinter, L’Un est l’autre, Odile Jacob, 1986, p. 215.
[9] W. Reich, La psychologie de masse du fascisme, Parigi, Payot, 1998, p. 165.
[10] M. Buber, Judaisme, Parigi, Verdier, 1982, p 31.
[11] E. Lévinas, Difficile liberté, Parigi, Albin Michel, 1995, 3° ed., p. 326.
[12] B. H. Lévy, Ennemis publics, Grasset, Flammarion, 2008, p. 168.
[13] P. Lévy, World philosophie, Odile Jacob, 2000, p. 12.
[14] A. Memmi, La Libération du Juif. Portrait d’un Juif, vol. II, Parigi, Gallimard, 1966, p. 127.
[15] M. Blondet, inEffedieffe”, 23 giugno 2010, “L’americanismo crolla sporcando il mondo”.
[16] G. Scholem, Le Messianisme juif, Parigi, Calmann-Lévy, 1971, p. 40.
[17] Sulla preponderanza dell’elemento ebraico nella rivoluzione sovietica cfr. A. Solgenitsin, Due secoli assieme. Ebrei e Russi prima della rivoluzione e durante il periodo sovietico, 2 voll., Napoli, Controcorrente, 2007. L’Autore dimostra che pur essendo il 5% della popolazione russa, gli ebrei erano il 50% dei quadri rivoluzionari bolscevichi.
[18] Cfr. A. Socci, Il quarto segreto di Fatima, Milano, Rizzoli, 2006.
[19] O. Weininger, Sexe et caractère, [1902], Parigi, L’Age d’homme, 1975, p. 255.
[20] B. H. Lévy, Ennemis publics, Grasset, Flammarion, 2008, p. 168.
[21] A. Memmi, La libération du juif. Portrait d’un juif, vol. I, Parigi, Gallimard, 1962, p. 184 e 190.
[22] G. Caprile, Perché la Chiesa condanna la massoneria, in “La Civiltà Cattolica”, 110 (1959), IV, p. 630; cfr. anche Id., La massoneria città di satana, Assisi-San Damiano, 1961.
[23] Id., La massoneria contro la Chiesa, in “La Civiltà Cattolica”, 108 (1957) IV, p. 586.
[24] Cfr. C. Fabro, La svolta antropologica di Karl Rahner, Milano, Rusconi, 1974; Id., L’avventura della teologia progressista, Milano, Rusconi, 1974.
[25] N. Goldmann, Le paradoxe juif, Parigi, Stock, 1976, p. 15 e 17.
[26] Cfr. J. Attali, Les juifs, le monde et l’argent, Parigi, Fayard, 2002; N. Glaber, Le royaume de leur reve. La saga des juifs qui ont fondé Hollywood, Parigi, Calmann-Lévy, 2005, B. Lazare, L’Antisemitismo. Storia e cause, CLS, Verrua Savoia (TO), 2000.
[27] AAS 46 (1954), p. 495 e 496.
[28] Cfr. B. Gherardini, Quod et tradidi vobis. La Tradizione. Vita e giovinezza della Chiesa, Frigento (AV), Casa Mariana Editrice, 2010.
 

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