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Un’inchiesta per comprendere alla radice l’elezione di Bergoglio
“C’è un Concilio che non è mai stato raccontato: quello che si è svolto lontano dai riflettori, nei vertici segreti di vescovi e cardinali, negli incontri diplomatici, nelle redazioni dei giornali, nelle sezioni dei partiti e persino tra gli 007 […] Ci sono schiere di spie, russe, polacche, inglesi, americane e naturalmente italiane, che si mimetizzano tra prelati e uditori, redigono dossier e riescono persino ad influenzare il conclave che elegge Paolo VI. Saltano fuori anche le lettere riservate dei sacerdoti che chiedono a Montini di abolire il celibato dei preti. C’è un teologo che denuncia, con coraggio, lo scandalo della pedofilia nella Chiesa, ma il suo grido d’allarme resta, colpevolmente, inascoltato…”Comprendere un evento così innovativo e paradigmatico come fu il Concilio ecumenico Vaticano II, e farlo attraverso una lettura non ufficiale ma radicata in testimonianze e documenti spesso inediti, significa avere l’opportunità di andare alla radice di ciò che oggi sta avvenendo nella Chiesa cattolica. Il gesto rivoluzionario di Benedetto XVI, il papa dimissionario che, rinunciando al trono, si fa vescovo tra i vescovi e porta a compimento quello spirito collegiale che aveva profondamente attraversato il Vaticano II; l’elezione “a sorpresa” di Papa Francesco, primo vescovo proveniente dal Sudamerica della storia della Chiesa a guidare il popolo di Cristo, predicatore di un rinnovamento spirituale nell’umiltà e nella povertà, figura strategica in una Chiesa che sembra aver perso il suo centro nella vecchia Europa ma che si riscopre viva e fertile nel “sud del mondo”, sono tutti sviluppi di motivi la cui origine è ampiamente riconoscibile in quell’evento senza precedenti che ha segnato la vita della Chiesa universale a cavallo dei pontificati di Giovanni XXIII e Paolo VI.Scoprire motivazioni, sensibilità e spesso conflitti di potere che hanno caratterizzato l’ultimo concilio ecumenico, ricostruire i temi e le ragioni di fondo di quell’evento, consente all’osservatore curioso e attento di ripercorrere il filo rosso che unisce il presente al passato, la moderna storia della Chiesa con le attuali vicende che scuotono il Vaticano. Ci si accorgerà così che Vatileaks, la macchia nera degli abusi sessuali ad opera di consacrati, il dibattito sullo IOR, le sorprendenti dimissioni di Joseph Ratzinger, i temi che hanno caratterizzato le folte discussioni preparatorie del conclave appena chiuso e l’elezione di un papa d’Oltreoceano, sono il portato delle questioni, spesso irrisolte, e delle suggestioni riformatrici che nel triennio 1962-’65 infiammarono l’assise ecumenica e che ancora oggi animano il dibattito teologico e pastorale della Chiesa.“Che cosa raccontare oggi del Concilio a chi non ne ha mai sentito parlare? E’ utile descrivere quello che accadde sul “palco”, ma è altrettanto importante svelare cosa è successo dietro le quinte. Non per il gusto del retroscena fine a se stesso, ma perché solo così si possono decifrare le ragioni di molte scelte e, soprattutto, si può scoprire che i nodi irrisolti di allora sono questioni aperte ancora oggi. Il Concilio di ieri, insomma, ci aiuta ad anticipare la Chiesa del domani”. – See more at: http://www.ignazioingrao.it/il-concilio-segreto_pagina_2.htm#sthash.OhkQmcg4.dpuf
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Un combattente implacabile contro il modernismo: Padre Guido Mattiussi

30 aprile 2013
anonstmichael
Per ricordarci da dove viene l’attuale crisi ecclesiale –per la sua ampiezza senza precedenti- in ogni suo aspetto, e in seconda battuta la crisi della cultura occidentale, propongo alcuni passi dalle lezioni di “Apologia della religione” di padre Guido Mattiussi S.J. (1852-1925), attivissimo antimodernista al tempo del grande Papa San Pio X.
In questi passi, come del resto in tutta la sua opera intellettuale ed umana, padre Guido si scaglia con l’ardore del grande apologeta certissimo nella sua Fede contro l’eresia, anzi contro la “sintesi di tutte le eresie”, cioè il modernismo.
E’ infatti sempre da ricercarsi nel gran moto modernista di inizio novecento l’origine prossima di tutta la crisi ecclesiale e anche intellettuale odierna: cento anni fa tutte le derive tremende che noi viviamo quotidianamente e nella Chiesa e nella società era già presenti e praticate.
Con la differenza che allora l’ Autorità vigilava sul gregge e si adoperava in ogni maniera per soffocare gli errori, così da far trionfare la Verità.
Il modernista ha i suoi principi filosofici; anzi quelli assume come dottrina fondamentale, per adattarvi tutto il resto che pensa, anche in materia religiosa. E in filosofia ha raccolto i frutti del mal seme kantiano, ed è venuto all’agnosticismo. Professa dunque di non saper nulla di tutto ciò che passa i fenomeni; non sa nulla dell’anima e della vita avvenire, nulla di Dio. Se nomina Iddio nomina alcunché d’ignoto; non solo quanto al riconoscerne l’infinito eccesso, e nel grado e nel modo, su gli umani pensieri (che sarebbe giusto); ma ancora quanto al non sapere se sia semplice, se sia anima del mondo, se sia distinto dall’universo: checché voglia dire, né pur ne conosce la propria esistenza, ed è vero ateo.
(…)
(Esponendo il modo di ragionare dei modernisti) Che se chicchessia, qualunque cattolico conservatore, la gerarchia della Chiesa, il Pontefice Romano, si ostinino alle formole una volta sancite, certamente è lodevole il loro zelo costante; ma è da disprezzare il pensiero fisso in quelle formole, quasicchè in esse fosse posta la religione. Non sono che simboli, da adattare ai tempi, ai paesi, ai popoli; sono essenzialmente mutabili secondo le condizioni di coloro che vogliono essere religiosi; debbon giovare agli uomini per elevarsi in alto, e per questo debbon seguirli nel loro modo di pensare e di sentire. Che se la Chiesa vorrà ostinarsi a ritenere ciò che valeva pei tempi antichi, il mondo andrà innanzi senza di lei; ovvero essa vivrà miserabile con il rifiuto della umanità, e più non avrà l’assenso di nessuna anima evoluta.
Così essi. E poi hanno voluto applicare l’esposta dottrina al cristianesimo. Gesù di Nazareth, anima squisita, e potente nella sua soavità a influire sugli altri, ebbe l’esperienza religiosa della divina paternità che ha cura di tutte le cose e gli uomini particolarmente. Questo suo sentimento egli comunicò a’suoi discepoli, nei quali perciò si formò il sentimento che quel medesimo Gesù fosse una manifestazione dell’inconoscibile. E perché come giudei avevan pure il pensiero d’un Messia che verrebbe, questo incarnarono in Gesù; egli così diventò oggetto religioso e sacro sotto la forma messianica. Poi quel sentimento di fraternità, sotto la cura del Padre celeste, che è l’essenza del cristianesimo, passò alle regioni ove fioriva la cultura di Grecia; né per esprimere la superiorità di Gesù e l’elemento divino onde pareva dotato, si potè pensare ad altro di meglio che il concetto platonico del Logos, da noi tradotto nel Verbo. Centro della Chiesa diventò Roma, e qui predominava la ragione giuridica, e non si credette di poter onorare Gesù meglio che dicendolo figlio di Dio. In cotali idee si fissò al tradizione cristiana: ma pei nostri tempi, liberi da quei pregiudizi, e portati a concepir tutto con un senso più reale, dicono di voler esaltare Gesù, la più grande figura sorta finora, anzi consentono a chiamarlo Dio, nel senso che egli meglio di tutti si elevò a sentire il divino e ad operare quasi divinamente. – Il filosofo e lo storico rimane certo che Gesù non fu diverso dagli altri mortali; il credente pensa che in lui qualche speciale relazione con l’Inconoscibile ci fosse; il teologo modernista raccoglie che, per chi ci crede, è Gesù un simbolo del divino, simbolo foggiato secondo umani pensieri. Quindi verità simboliche tutti i dogmi di là derivati; quindi riti simbolici quelli che noi diciam sacramenti. E le profezie, varie impressioni dei credenti, riferite all’avvenire; e i miracoli, altre impressioni riferite a fatti storici traviati; e la Chiesa, l’adunanza di quelli che partecipano alle impressioni portate dal Cristo, come i buddisti partecipano l’esperienza interna dell’antico Gotamo Budda,
(…)
Contro l’errore fondamentale che i dogmi dipendano dall’umana filosofia, e che il mantenimento della divina rivelazione sia affidato allo studio e all’ingegno umano, con la conseguenza che deve mutarsi e svolgersi d’età in età, eran già fulminati gli anatemi del Concilio Vaticano, e ora è volto il quarto punto del giuramento (antimodernista). Qui si giura,
1. di ritenere immurata con lo stesso senso delle parole e con lo stesso pensiero, quella dottrina di fede, che dagli Apostoli pei Santi Padri ci fu tramandata;
2. di respingere l’eretica sentenza, che afferma l’evoluzione dei dogmi intesa così che questi passino da uno ad altro senso, facendo mutevoli nel significato le espressioni usate nella Chiesa;
3.di respingere ugualmente l’eresia che invece della santa Chiesa pone a custode della rivelazione, e lo studio filosofico, e la coscienza che l’uomo da sé si va formando, con progresso indefinito.
Tutto questo esplicitamente era già stato detto dal Concilio Vaticano; e soltanto ora (col giuramento antimodernista) si aggiunge quel cenno della coscienza, mentre una volta pareva che con i dogmi avesse da fare solo la scienza. Particolarmente notevole era l’ultimo canone:
Si quis dixerit fieri posse ut dogmatibus ab Ecclesia propositis aliquando, secundum progressum scientiae, sensus tribuendus sit alius ab eo quem intellexit et intelligit Ecclesia, anathema sit.;con il quale è dannata l’intima essenza del modernismo.
(Padre Guido Mattiussi s.j. Apologia della religione. Appunti alle lezioni del p.G.M. s.j. tenute nella scuola sociale cattolica. Bergamo 1911. Bergamo stabilimento tipografico s. Alessandro 1912 .pagine 159, 161, 162, 164, 165.)
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Modernismo teologico

Da Wikipedia, l’enciclopedia libera.
Il modernismo teologico fu un’ampia e variegata corrente del Cattolicesimo[1], sviluppatasi tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento volta a ripensare il messaggio cristiano alla luce delle istanze della società di inizio Novecento. Fra i temi del modernismo cattolico vi furono la comprensione e l’esposizione dei contenuti della fede, l’esegesi biblica, la filosofia cristiana, gli studi di storia del cristianesimo e della Chiesa, l’esperienza religiosa.
La crisi modernista

Il pontefice Pio X
La crisi modernista rappresentò la fase più acuta del confronto plurisecolare del cristianesimo con il moderno, inteso soprattutto come istanza di autonoma determinazione dell’uomo nella vita individuale e collettiva, come emancipazione da ogni prospettiva e sistema di valori compiuto e di carattere assolutistico, e come affermazione delle scienze legate alle metodologie sperimentali e al vaglio della critica.
Il modernismo teologico subì, agli inizi del XX secolo, una serie di censure da parte delle gerarchie ecclesiastiche.
A una prima condanna di sessantacinque affermazioni tratte da pubblicazioni di autori ritenuti modernisti, emanata dal Sant’Uffizio con il decreto Lamentabili Sane Exitu (3 luglio 1907), approvato da papa Pio X, fece seguito la condanna del modernismo come eresia o meglio “sintesi di tutte le eresie” da parte di Pio X, con l’enciclica Pascendi Dominici gregis (8 settembre 1907).[2] In tale documento il papa offrì una sistematica e articolata descrizione del modernismo, quale non si ritrovava in alcuno degli scritti dei principali protagonisti del riformismo religioso cattolico. Dopo la condanna del modernismo fu avviata una sistematica repressione dei suoi esponenti, anche attraverso l’organizzazione del Sodalitium Pianum di monsignor Umberto Benigni. Le figure principali furono quindi colpite con la scomunica o sospesi a divinis, mentre molti altri preti, religiosi o laici cattolici accusati di modernismo furono sollevati dall’insegnamento nelle università cattoliche e nei seminari, dalle responsabilità pastorali, dagli incarichi organizzativi nelle associazioni ecclesiali.

Le principali tesi oggetto di condanna

Le principali tesi dei modernisti condannate da Pio X nell’enciclica Pascendi Dominici Gregis erano[3]:
  • la Rivelazione non è davvero parola di Dio e neppure di Gesù Cristo, ma un prodotto naturale della nostra sub-coscienza;
  • la Fede non è un fatto oggettivo ma dipende dal sentimento di ciascuno;
  • i Dogmi sono simboli dell’esperienza interiore di ciascuno; la loro formulazione è frutto di uno sviluppo storico;
  • i Sacramenti derivano dal bisogno del cuore umano di dare una forma sensibile alla propria esperienza religiosa, non furono istituiti da Gesù Cristo e servono soltanto a tener vivo negli uomini il pensiero della presenza del Creatore;
  • il Magistero della Chiesa non ci comunica affatto la verità proveniente da Dio;
  • la Bibbia è una raccolta di episodi mitici e/o simbolici, e comunque non si tratta di un libro divinamente ispirato;
  • gli interventi di Dio nella storia (quali miracoli e profezie) non sono altro che racconti trasfigurati di esperienze interiori personali;
  • il Cristo della Fede è diverso dal Gesù della storia; la divinità di Cristo non si ricava dai Vangeli canonici;
  • il valore espiatorio e redentivo della morte di Cristo è frutto della teologia della croce elaborata dall’apostolo Paolo;

Diffusione e reazione


Alfred Loisy, biblista e storico francese
Il modernismo ebbe una diffusione in tutta Europa. Tra i principali esponenti vengono ricordati gli italiani Salvatore Minocchi (1869–1943), Romolo Murri (1870-1944), Ernesto Buonaiuti (1881-1946); l’irlandese George Tyrrell (1861-1909); gli inglesi Maude Petre (1863-1944) e Friedrich von Hügel (1852-1925); i francesi Alfred Loisy (1857- 1940) e Lucien Laberthonnière (1860-1932).
La reazione ufficiale della Chiesa contro il modernismo fu particolarmente ferma: grazie all’attività di una rete di informazione ad hoc, il Sodalitium Pianum, numerosi scritti che sostenevano tesi ascrivibili al modernismo furono posti all’indice e con il motu proprio Sacrorum antistitum, emanato nel 1910, fu imposto a tutti i laureandi delle università cattoliche un giuramento antimodernista[4] in cui, tra le altre affermazioni, si confermava che i miracoli erano segni sensibili adatti a tutte le intelligenze e che i dogmi non subivano modifiche a seconda dei tempi. Negli anni sessanta l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano sostituì il giuramento antimodernista con la recita del Credo e, nel 1966, fu definitivamente abrogato da papa Paolo VI, durante il Concilio Vaticano II.

Il modernismo milanese

Soprattutto gli ambienti intellettuali cattolici milanesi, che si erano espressi nella rivista Rinnovamento, furono accusati di modernismo. Gli stessi ambienti erano favorevoli al superamento politico della Non expedit e a una conciliazione tra istanze cattoliche e lo stato liberale, posizioni condannate da anni dalla Mirari Vos e dalla Quanta cura e, soprattutto, dal Sillabo. Lo stesso cardinal Ferrari, arcivescovo di Milano dal 1894 al 1921, fu perseguitato dall’accusa di appoggiare il modernismo.
La successiva separazione tra istanze in campo teologico e quelle in campo politico, permise quel clima che rese possibile il successivo Patto Gentiloni che portò all’avvicinamento tra cattolici e posizioni liberali. Nello stesso tempo rimasero emarginate le posizioni del cattolicesimo sociale che erano state fatte proprie dall’Opera dei Congressi.

Il contrasto del modernismo: la costituzione dell’Azione Cattolica


Romolo Murri
La scomunica del modernismo ebbe una significativa premessa a livello delle organizzazioni laicali cattoliche. All’interno di alcune di esse, nel corso degli anni, le tesi teologiche del modernismo avevano coagulato degli orientamenti e si era così formata una fazione, che aveva finito per assumere un identificabile carattere non solo dottrinale ed ecclesiale, ma anche politico. All’interno di tali organizzazioni laicali del mondo cattolico ne erano perciò derivati endemici contrasti e schieramenti e, in un primo momento, l’azione papale fu volta a sanare tali contrasti. Ben presto fu però chiaro che una soluzione di compromesso non era né possibile né auspicabile.

Giovanni Giolitti, politico liberale e più volte presidente del Consiglio
Tra le organizzazioni cattoliche più permeate dal modernismo vi era in particolare l’Opera dei Congressi. Questa organizzazione era diventata la roccaforte del modernismo ed era contigua alle tesi sostenute dalla Democrazia Cristiana Italiana di Romolo Murri e da altri cattolici intransigenti nell’avversare il Risorgimento, dopo la perdita del potere temporale del papa. Dal punto di vista politico, il gruppo di Murri e questi cattolici intransigenti sostenevano la necessità di preferire l’accordo tattico con i socialisti piuttosto che appoggiare la Monarchia e i liberali. Un diverso orientamento era espresso da altri, come il conte Vincenzo Ottorino Gentiloni, che fu poi uno dei primi dirigenti dell’Azione Cattolica, presidente dell’Unione cattolica romana e del comitato regionale marchigiano. Costoro si schieravano con la Monarchia e con il Governo per parare la minaccia socialista, marxista e anarchica volta non solo verso i liberali, ma anche verso tutta o buona parte del patrimonio di valori tradizionali del mondo cattolico. Ottorino Gentiloni ebbe dal papa la direzione di un’organizzazione contigua all’Azione Cattolica, l’Unione Elettorale Cattolica Italiana, UECI. Nel panorama politico italiano di allora, a pochi anni di distanza dalla scomunica del modernismo, proprio questa organizzazione ebbe un ruolo di primo piano. Nel 1912, nonostante non fosse ancora stato revocato il non expedit decretato da papa Pio IX (beato), il conte Gentiloni, quale massimo responsabile della UECI, concluse con Giovanni Giolitti il Patto Gentiloni. Con esso venivano perciò a saldarsi il filone risorgimentale più istituzionale e il filone cattolico largamente maggioritario nel paese sulla base di un orientamento cattolico, monarchico e tradizionalista. Nello stesso anno (1912) ed in seguito a tale patto il conte Gentiloni fu, insieme a Giovanni Giolitti, il fondatore del Partito liberale del periodo pre-fascista, partito precursore del PLI. Nelle Elezioni politiche italiane del 1913 (le prime della storia italiana a suffragio universale maschile), il Partito Liberale ottenne uno schiacciante successo. Favorendo l’elezione di quei candidati che si fossero impegnati a rispettare gli accordi del cosiddetto Patto Gentiloni, il conte Ottorino Gentiloni (che rimase uno dei massimi dirigenti dell’Azione Cattolica) ribaltò di colpo la sudditanza politica del cattolicesimo in Italia prodottasi dopo l’unificazione nazionale.

Note

  1. ^ Cfr. Arturo Carlo Jemolo: “Il modernismo è nome che copre movimenti diversi, con scarsi legami tra loro”. Introduzione a Pellegrino di Roma di Ernesto Buonaiuti, Bari, Editore Laterza, 1964.
  2. ^ Enciclica Pascendi Dominici Gregis.
  3. ^ AA.VV. – Dizionario… op. cit.
  4. ^ testo del giuramento antimodernista

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Voci correlate