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luglio 2012
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Premessa: filosofare è necessario, alla filosofia non si
sfugge
Cari amici,
vi prego di non spaventarvi se vi premetto che uno dei principali scopi di
questa mia relazione è quello di dimostrarvi che nessun uomo può vivere senza
filosofare, e che chi si illude di non filosofare, e magari disprezza la
filosofia come disciplina astrusa e inutile, in realtà subisce una qualche filosofia, ne accetta le conseguenze e,
indirettamente, anche le premesse. Inoltre, mi propongo di provare che la
filosofia moderna, e in particolare quella idealista e romantica,
che è alla base dell'attuale concetto di Stato e di società, lungi dall'essere
qualcosa di nuovo e di originale, costituisce la scolastica, vale a dire la
sistematizzazione in termini filosofici, di una ben precisa teologia: la Kabbalah ebraica. Con questo mi ricollego alla mia
relazione dello scorso anno, che potete trovare negli atti di quel convegno. In
quella sede, anche ricorrendo alla simbologia, dimostrai che le origini del
New Age, e cioè della nuova religione mondiale e mondialista che nel
programma della Massoneria deve cancellare il cristianesimo e unificare
l'umanità, è la Kabbalah, che è poi la religione dell'angelo di
Saturno e cioè di Satana o Lucifero. Oggi mi lusingo di
illustrarvi alcune tra le linee essenziali della Kabbalah e di rendervi
chiaro quanto profondamente quella dottrina abbia permeato gli aspetti più
quotidiani della nostra esistenza. Se non individueremo quelle infiltrazioni,
così massive da costituire ormai l'atmosfera stessa dell'ambiente in cui ci
muoviamo, non potremo in nessun modo opporci efficacemente alla Rivoluzione e,
anzi, accettate le sue premesse ideali, rischieremo di far sì che le nostre
iniziative, pur nelle intenzioni in contrasto con essa, portino invece acqua al
suo mulino. Perché, questa è la grande, davvero diabolica abilità degli alti
iniziati: sfruttare le opposte correnti e incanalarle per farle servire ai loro
piani, allo stesso modo - essi dicono - che gli antichi egiziani si valevano,
regolandole, delle piene del Nilo, potenzialmente disastrose, per rendere invece
più fertili le loro terre e più abbondanti i loro raccolti. Nella mia
esposizione mi sforzerò di essere il più possibile chiaro semplificando al
massimo i termini teologici e filosofici della questione. E veniamo al
dunque.
l Il mondo è
creato o increato? Creazionismo o panteismo. La scelta
necessaria. O cristiani o verdi
Voi sapete
che il cristianesimo, raccogliendo e meglio esplicitando l'eredità
vetero-testamentaria, propugna un concetto sconosciuto ed estraneo a tutte le
altre religioni antiche e moderne, eccezion fatta per l'islamismo che in
apparenza lo fà proprio accogliendolo dai due Testamenti, ma che in realtà lo
snatura e lo travisa: quello di creazione dal nulla dell'Universo.
L'enunciazione più nitida di tale concetto è quella espressa nel prologo del Vangelo di San Giovanni
che la saggezza della Chiesa inserisce al termine di ogni Messa e che inizia
con le parole In principio erat Verbum, «In principio era il
Verbo». Ebbene, quali conseguenze postula la dottrina creazionista? Se ci
pensate esse sono immediatamente evidenti: al principio di tutte le cose è Dio,
Spirito eterno e infinito, Mente e Verbo, Sapienza e Amore, che crea l'Universo
dando così luogo allo spazio - intervallo fra i corpi astrali - e al tempo -
misura del moto di quei corpi. Nel contesto dell'Universo che, essendo nel
tempo, come ha avuto un principio così dovrà avere una fine, Dio crea la terra
col miracolo della vita e, in essa, l'uomo. Questo, unico fra tutte le creature
visibili a essere dotato di spirito e quindi di intelligenza, è chiamato ad
ammirare nel creato la Sapienza divina, e a riconoscerla attraverso le leggi
perfette e immutabili con cui essa fonda e regge l'armonia del cosmo. Ma,
soprattutto, è chiamato a osservare la legge morale che Dio, quel Dio
riconosciuto attraverso le Sue opere, Principio e Fine di tutto, propone al suo
libero arbitrio. Questo concetto di creazione, diffuso in tutto il mondo dalla
predicazione cristiana, pone l'umanità intera di fronte al dilemma (cui gli
antichi si erano sottratti con la dottrina del caos originario che sfuggiva,
assurdamente ignorandolo, il problema del principio dell'Universo) di optare o
per l'idea del mondo creato, o per quella del mondo increato. Una terza via,
invero, non è possibile. Orbene, quali sono le logiche, ineludibili conseguenze
dell'opzione anticreazionistíca? Esse sono non meno evidenti di quelle che
derivano dall'opzione contraria: se il mondo è increato, esso è eterno, vale a
dire illimitato nel tempo e, poiché tempo e spazio sono inscindibili, anche
nello spazio, autosufficiente, incondizionato e pertanto assoluto. In
conclusione: divino perché del divino presenta tutti gli
attributi. Ma potremo forse dire che assoluti, illimitati, divini, sono quel
singolo albero, quel singolo fiore, quella singola roccia? No, certo. Sostenere
che siano altrettanti dei le zanzare che schiacciamo o i cespi di insalata che
mangiamo non può suonare che ridicolo. Si dovrà per forza dire che il carattere
della divinità e dell'assolutezza compete all'Universo considerato come un
tutt'uno. Dunque, dio è il tutto, o, reciprocamente, il tutto è
dio. Questa dottrina, in filosofia, si chiama panteismo. Ma questo
«dio tutto» come abbiamo or ora visto - è un tutt'uno, un unico ente inscindibile. Questa
affermazione, in filosofia, si chiama monismo. Panteismo e monismo sono
dottrine fra loro strettamente connesse. Sono di tutta evidenza le terribili,
insormontabili difficoltà cui va incontro una dottrina siffatta. E invero come
può essere divino, e cioè eterno infinito ed assoluto, un ente che sì compone di
parti limitate, che mutano nel tempo e sono condannate a perire? Non solo,
badate bene, gli esseri viventi, gli animali, le piante, ma anche il Sole, che
gli antichi ritenevano spesso il sommo dio, si consumano gradualmente e sono
destinati ad estinguersi. Le stelle bianche, raffreddandosi, diventano gialle,
poi rosse e piano piano, nei milioni di anni, muoiono. La fisica moderna viene a
confermare l'evidenza filosofica di questa caducità dell'intero Universo,
enunciando il principio fondamentale e indiscutibile dell'entropia, il
cosiddetto quarto principio della termodinamica: l'energia dell'Universo,
sprigionata dalle stelle, a mano a mano si disperde, si equidistribuisce, si
inaridisce, cessa di essere fonte di movimento, sorgente di calore e principio
di vita. Un giorno, che noi certo - atomi infinitesimi di un creato grandioso -
non vedremo, l'Universo intero, anche se non perisse prima per una catastrofe,
sarebbe comunque condannato a morire: l'entropia dell'Universo - dicono i fisici
- e cioè la decadenza e la morte della sua energia, è in continuo aumento. Si
aggiunga che recentissimamente, pochi anni or sono, sono stati fotografati i
confini del cosmo. Si calcola che essi si estendano per circa tredici miliardi
di anni luce. Sono, è ben vero, estensioni e tempi terrificanti per noi che
terminiamo la nostra esistenza in poche decine di anni. Ma che è il finito di
fronte all'Infinito, cosa il tempo di fronte all'Eterno? Un nulla. A noi,
anziani, quando eravamo ragazzi, in clima non ancora conciliare, per ammonirci
sulla durata dell'eternità e sull'importanza di salvarci l'anima e di sfuggire
alla dannazione eterna, si raccontava questo fantastico esempio: vi è un
uccellino in qualche parte dello spazio che ogni mille anni vola sulla terra ad
asportarne, con un colpo di becco, una parte infinitesima. Ebbene, quando la
Terra sarà tutta consumata, l'eternità dovrà ancora incominciare. Del resto,
dopo svariati e falliti tentativi di teorizzare un Universo eterno, i fisici
ormai sono d'accordo: esso ha avuto un inizio proprio circa tredici miliardi di
anni fa, cominciando ad esplodere ed espandersi come una gran
nuvola ardente di particelle subatomiche. È la dottrina del big bang,
della grande esplosione, che tutti avete sentito nominare. Ebbene, risalendo al
principio - come insegnano il Libro del Genesi e il Vangelo di
San Giovanni (ricordate? «In principio era il Verbo») poiché non
può esserci effetto senza causa, ci si domanda quale entità atemporale e
aspaziale, precedente, cioè, il tempo e lo spazio, abbia acceso quell'iniziale
fornace grandiosa, un cui minimo frammento - chiamato Sole - produce e illumina
il nostro giorno, e abbia sparso a lontananze smisurate corpi, sovente milioni
di volte più grandi della Terra, ma piccoli ai nostri occhi come puntolini
lucenti, che adornano il cielo notturno. Ben più e ben altro si potrebbe dire
per dimostrare anche con argomenti meno tangibili, ma logicamente più
stringenti, l'assurdità del panteismo. Solo vorrei ricordarvi, prima di tornare
sul medesimo argomento, ma da un punto di vista molto diverso, che, come avrebbe
dovuto essere sempre evidente, e come è risultato anche in pratica con la caduta
politica del comunismo istituzionalizzato, l'ateismo puro, in realtà, non ha mai
avuto una sua sia pur fragile consistenza filosofica. Esso è sempre stato, e
altro non poteva essere, che la maschera superficiale, destinata alle anime e
alle menti superficiali, del panteismo, e cioè di quella che amo chiamare
l'idolatria universale perché divinizza ed erige a dio, e quindi a idolo, ogni
ente o aspetto della natura. Invero è chiarissimo che l'ateo, negando il Dio
Eterno e Creatore e quindi la creazione del mondo, non può non sostenere
l'assolutezza del creato e perciò il panteismo. Il trasbordo degli atei
militanti alla New Age ecologista e panteista, in termini simbolici dal
rosso al verde, è un passettino da nulla. Anzi, se consideriamo la cosa sotto il
suo giusto aspetto, possiamo dire che la ben nota battuta secondo cui i «verdi»
sarebbero come i cocomeri, verdi fuori e rossi dentro, dovrebbe essere invertita
col dire che i comunisti e i socialisti erano come certi pomodori mal maturi:
rossi fuori e verdi dentro.
l Dalla conoscenza
alla morale e al diritto: chi non è con
me è contro di me
Come
vedete, caduta di fronte al cristianesimo e alle sue ferree proposizioni la
confusa cosmogenesi pagana, che scansa il problema fondamentale del principio
dell'essere, non c'erano che due sole scelte possibili: il creazionismo
cristiano o il panteismo. Tali scelte comportano inevitabili e totalizzanti
corollari sul piano conoscitivo da cui, in base a quella che son solito definire
l'equazione filosofica fondamentale - vero=bene, falso=male - derivano del pari
ineludibili conseguenze sul piano morale, e quindi anche su quello giuridico e
politico. E invero chi si illudesse di restare neutrale fra riconoscimento e
negazione del Dio creatore e legislatore, si regolerebbe (conoscenza) e agirebbe
(pratica) come se Dio non esistesse. Infatti, prescindere dalla legge di Dio
significa non riconoscerla, e quindi negarla, cadendo così nell'ateismo. Ma
abbiamo appena dimostrato che l'ateismo altro non è che un larvato panteismo. E
ciò, si badi bene, non solo sul piano logico, ma anche su quello esistenziale,
etico e pratico. Infatti, chi non riconosce una legge trascendente e non ha
obiettivi del pari trascendenti, non può che agire sotto l'influenza di impulsi
istintuali, in vista di beni puramente terreni, al cui conseguimento impegna
tutte le proprie forze, e che finisce, perciò, con l'idolatrare. Non escludiamo,
tuttavia, la sopravvivenza di devitalizzati nuclei di tradizione atavicamente
recepiti. Essi, però, sono destinati fatalmente a scomparire con l'allontanarsi
dalla sorgente spirituale che li alimentava. Vedete dunque l'esattezza di quanto
vi dicevo sulla inevitabilità della scelta, razionale prima ed etica poi, tra
creazionismo e panteismo, e quindi fra trascendenza e immanenza. L'uomo, a
differenza dell'animale, vive scegliendo e, che lo voglia o no, non può
sottrarsi alla scelta davanti a cui Dio lo ha posto. «Ho messo davanti a te
la vita e il bene, e dall'altra parte la morte e il male, acciò tu ami il
Signore Dio tuo, e cammini sulle sue vie» (Dt 30,
1516).
l Il problema del pensiero nella filosofia monista:
Kabbalah e Massoneria. La filosofia di Fichte, ovvero la
Kabbalah travestita
Uno dei
punti in cui la dottrina del panteismo e del conseguente monismo - vale a dire
dell'Universo nel suo complesso come entità unica, come unico essere di cui i
singoli enti sono parti solo in apparenza distinte - presenta maggiori
difficoltà, è quello del rapporto fra l'uomo (soggetto pensante) e la natura
(oggetto del suo pensiero). È evidente che il monismo panteista non può
ammettere una alterità, una diversità tra pensiero e oggetto pensato, perché se
lo facesse spezzerebbe in maniera irreparabile l'unità del dio-tutto,
distinguendo fra due piani, uno fisico e uno spirituale, nettamente separati e
distinti. Ne deriva che esso è costretto ad affermare l'unità, l'identità fra
pensiero e pensato, vale a dire fra pensiero ed essere. Le conseguenze di questa
affermazione sono le più paradossali che si possano immaginare: se il mio pensiero coincide con l'oggetto pensato, è evidente che
esso non può mai sbagliare, onde l'errore non esiste, e sarebbe un errore dire
che esiste l'errore. Del resto, se tutto l'universo è dio, e quindi io sono dio,
come può, in dio, esservi errore? Nel ricostruire la storia delle enunciazioni
dottrinali di questi incredibili vaneggiamenti potrei risalire molto ma molto
indietro, ma preferisco partire dal punto in cui essi irruppero liberamente nel
pensiero filosofico occidentale e divennero culturalmente predominanti, e cioè
dalle origini riconosciute dell'idealismo che, come è noto, altro non è che la
filosofia del romanticismo. Tale filosofia ebbe il suo primo propugnatore in
Johann Gottlieb Fichte (1762-1814). Riguardo a questo personaggio è
significativo osservare che nel 1793 egli aderì alla Massoneria, iscrivendosi ad una Loggia di Zurigo e che
l'anno immediatamente successivo, 1794, ottenne una cattedra alla Università di
Jena. Fu proprio nello stesso 1794 che Fichte espose per la prima volta le
dottrine che lo resero famoso. La grande novità della filosofia di Fichte è che
egli nega la realtà del mondo, per affermare solo l'esistenza dello spirito
umano. Alle origini di tutto, egli dice, vi è un io umano infinito,
assolutamente libero e creatore. Esso si contrappone, autolimitandosi, un
non-io, la natura, che egli stesso produce e crea e in cui si rispecchia. Da
questo rispecchiarsi dell'io nel non- io, e cioè nella natura da lui stesso
creata, nasce la coscienza. In termini semplificatissimi, il principio di ogni
cosa è uno spirito umano eterno, infinito e onnipotente, ma non ancora
cosciente, che crea il mondo fisico per porselo davanti e, in opposizione ad
esso, acquistare coscienza di sé stesso. Da questo suo rispecchiarsi e
riconoscersi, e quindi dall'autocoscienza, deriva la conoscenza. Gli io singoli,
empirici e finiti, il mio, il tuo, il suo, dipendono bensì dal non-io e cioè
dalla natura, dal mondo che rispetto ad essi appare esterno e autonomo, ma
partecipando dell'io assoluto, sono in grado di comprendere che il «non-io», e
cioè, si ripete, il mondo, è prodotto dall'io. Non è questo il luogo di
illustrare come Fichte spieghi questa sconcertante comprensione. Ai fini che qui
ci interessano importa, invece, svolgere alcune considerazioni che saranno
illuminanti per procedere oltre nella nostra esposizione:
- Fichte,
massone, si richiama espressamente al pensiero del filosofo ebreo del Seicento
Baruch Spinoza (1632-1677), che affermava appunto l'identità del pensiero
e dell'essere, e quindi di dio e del mondo, nel quadro di una concezione
panteista (tutto è dio), e quindi monista (tutto è uno). Come Fichte si
dichiararono seguaci di Spinoza anche gli altri due principali esponenti
dell'idealismo: Friedrich Schelling (1775-1854) e Georg
Wilhelm Friedrich Hegel (1770-1831). Assistiamo dunque, con l'idealismo,
nato non per caso in ambiente protestante, al penetrare nel mondo cristianizzato
dell'ebraismo talmudico-cabalistico, che, negando l'esistenza di
un Dio personale - dotato di pensiero e volontà e trascendente rispetto al mondo
- si risolve, appunto, in panteismo (se il mondo è increato, è assoluto e quindi
divino 2).
Ma lo scorso anno abbiamo dimostrato come il cabalismo costituisca l'essenza
stessa del segreto massonico. Richiamandoci a quanto detto in quella sede, ci
limiteremo qui a riportare, tratta dal Dizionario Massonico di Luigi
Troisi, la seguente illuminante citazione: «La Kabbalah ebraica [...]
è utilissima a ricercare i significati più profondi dei rituali di tutti i
Gradi scozzesi». Il che equivale a dire che la Massoneria è tutta nella
Kabbalah.
Baruch Spinoza | Friedrich Schelling | Georg W. F. Hegel |
-
Cabalisticamente, nella filosofia di Fichte, al posto di Dio viene messo l'uomo,
il cui pensiero crea l'Universo. Ma quest'uomo, se ben ci pensate, è
ambivalente. Alle origini esso è un lo e cioè un Uomo Assoluto, eterno
e onnipotente, che crea l'Universo per riconoscersi in esso. Fichte dice che
egli pone il non-io, e cioè la natura. Ma in questa sua operazione egli si
spezza negli io empirici, e cioè negli innumerevoli individui che compongono il
genere umano e che sono finiti, limitati, pur continuando ad esser parte
dell'Uomo Assoluto e Originario. Dunque, a ben vedere, vi è un uomo immenso,
cosmico, che è all'origine di tutto e comprende tutta l'umanità, e in esso vi
sono tanti uomini singoli che concorrono a formarlo come cellule di un unico
immenso organismo. Questa dottrina costituisce la occulta radice esoterica
dell'umanitarismo, e cioè della religione dell'uomo, e
postula, come punto di arrivo politico, la reintegrazione dell'unità originaria
spezzata in un unico Governo Mondiale.
Già a
questo punto si impongono due evidenti considerazioni:
- il
pensiero cabalistico, ebraico e massonico, si risolve nella sostituzione
dell'uomo a Dio, e cioè nella rinnovazione del peccato originale
suggerito ad Adamo ed Eva nel Genesi dal Serpente tentatore;
- Fichte
non è l'ideatore di una nuova filosofia, ma solo l'agente incaricato di
infiltrare e diffondere, nel modo cristiano, una dottrina assai diversa,
soppiantando la filosofia scolastica (strettamente legata alla credenza nel Dio
personale e creatore), e sostituendovi il culto dell'uomo. Alla
scolastica della religione cristiana si sostituisce quella della religione
talmudica e cabalistica. Come abbiamo visto lo scorso anno è la stessa
operazione iniziata tra il Quattro e il Cinquecento con l'Umanesimo, e in
particolare con Pico della Mirandola (1463-1494), e portata avanti col protestantesimo. Martin
Lutero (1483-1546) infatti, introducendo la dottrina talmudica del
«libero esame» dei Testi Sacri, cancella l'oggettività della Rivelazione
e della Legge Divina (garantita dall'assistenza dello Spirito Santo,
particolarmente alla Chiesa gerarchica) e le sostituisce l'uomo
divinizzato, interprete inappellabile del vero e della legge espressi in
quei testi. In tal modo, esso diviene misura e fonte del Vero e del falso, del
Bene e del male. Infatti, se tutte le interpretazioni, anche le più contrastanti
sono vere, non vi è una verità oggettiva che vincola l'uomo, ma la «verità» è
l'uomo stesso. Abbiamo già dimostrato lo scorso anno, in particolare attraverso
l'esame della famosa stampa di Albrecht Dürer
(1471-1528) intitolata Melancolia,
come tutto ciò si inserisca in un contesto cospiratorio caratterizzato da una
simbologia convenzionale che apparirà anche nei secoli successivi come marchio
della grande congiura anticristiana. A questo riguardo è interessante osservare
come i filosofi romantici fossero concordi nell'affermare 3
che la filosofia propalata da Fichte apriva una nuova era, in inglese si direbbe
un New Age, nella storia del pensiero umano. Per rendersi conto della
potenzialità rivoluzionaria e dirompente del pensiero di Fichte è necessario
esaminare con attenzione la cosmogonia che esso sottintende e le tre fasi
attraverso cui la medesima si svolge. Riprendiamola, dunque, in attenta
considerazione. All'origine di tutto, dice quel filosofo, vi è l'io umano
assoluto e cioè l'uomo assoluto, l'uomo cosmico ed eterno, il quale non essendo
materia e neppure pensiero, spirito, (perché il pensiero, la coscienza, sorge
soltanto quando l'io si oppone al non-io e in esso si riflette) in buona
sostanza si risolve in un nulla. Ciò è tanto vero che Fichte, facendo proprie le
parole che il F\ Johann Wolfgang von Goethe
(1749-1832), massone e Illuminato di Baviera, pone in bocca al mago Faust
prima del patto con Mefistofele che, erettosi a suo demonio custode, lo porterà
di peccato in peccato, alla redenzione diabolica, sostiene che «Im Anfang war
die Tat» 4:
al principio vi era l'azione.
Pico della Mirandola | Martin Lutero | Johann W. von Goethe |
L'azione,
si badi bene, non l'essere, onde il fondamento del tutto non sarebbe l'essere,
ma l'attività che lo produce. Come poi possa esserci un'attività che non ha
essere e quindi non è, come possa esserci qualcosa che non esiste, è un mistero
della filosofia faustiana e romantica. Questo uomo cosmico-nulla, che è la tesi,
il punto di partenza, della cosmogonia fichtiana, o meglio,
cabalistico-massonica, produce e contrappone a sé stesso, come propria antitesi, la natura,
il non-io. Tale contrapposizione, spiega Fichte, limita l'io originario, lo
toglie di mezzo in parte (quasi che l'infinito potesse ammettere una
diminuzione, una sottrazione) e da essa scaturisce, sintesi fra i due opposti,
la coscienza, la conoscenza, la rappresentazione, frutto dell'incontro dell'io
che conosce con l'oggetto conosciuto. Condizione, però, di tale conoscenza è,
come si è visto, la limitazione posta dal non-io, onde l'uomo, precipitando
dall'Uno nel mondo del limitato e quindi del relativo e del molteplice, si
sarebbe spezzato negli io «finiti», e cioè nei singoli uomini limitati e
soggetti, pertanto, alla morte. Essi restano tuttavia, pur sempre, parti,
componenti di quel grande lo assoluto primario. Di fronte a questo processo
iniziale che dà il via all'Universo ed è fondato sul principio della
contrapposizione degli opposti (l'assoluto, tesi, e non-io, e cioè natura,
antitesi, che si conciliano nella sintesi-conoscenza) il compito dell'uomo
cosmico che ormai agisce attraverso i suoi frammenti molteplici è, dice Fichte,
quello di superare incessantemente il limite dato dal non-io, che altro
poi non è che la realtà, per affermare sempre più la propria infinitudine. Onde
la realtà, la condizione attuale del mondo, e cioè della Storia, è un dato che
va sempre superato per ripristinare l'illimitatezza, la divinità dell'uomo. Essa
rappresenta l'antitesi, cui consegue una sintesi la quale si pone come nuova
realtà, che va a sua volta superata, e quindi tolta di mezzo, nella corsa verso
il recupero della incondizionata libertà dell'uomo rispetto al dato oggettivo,
reale, considerato sempre come un limite, e quindi una pastoia che va soppressa
e distrutta. È da notare che in questo ordine di idee la causa della caduta è la
brama della conoscenza e quindi il pensiero, l'autocoscienza, che costituiscono
le individualità separate, onde la ragione, senza cui non si ha né conoscenza né
coscienza, appare come il principio del male, la forza malefica che ha spezzato
l'unità divina dell'Adam Kadmon (vedi figura sotto) e che occorre
quindi far scomparire per reintegrare quell'unità perduta. Considerata in questa
prospettiva esoterica, la filosofia di Fichte presenta aspetti e valenze
sconcertanti che sfuggono a chi non la consideri alla luce del segreto
iniziatico che la Massoneria insegna ai suoi adepti e che può in estrema sintesi
(non è eccessivo tornare ancora una volta su concetti tanto oscuri) essere così
ricapitolato: al principio vi è l'Uomo Divino, l'Uomo Celeste, l'Adam
Kadmon, l'uomo totale ermafrodita, e quindi completo e
autosufficiente, in cui i sessi non sono ancora divisi. Poi vi è una sua caduta
originaria che si concreta nella nascita del mondo fisico, il non-io, che è
produzione e proiezione dell'lo primo. È lo anch'esso, ma lo oggettivato e
cristallizzato che limita l'originaria assolutezza dell'Uomo Celeste.
Dall'incontro fra io e non-io nasce la conoscenza. Persa l'assolutezza e con
essa la totalità e l'unità originarie, l'Uomo Celeste si frammenta, quasi come
un vaso di vetro caduto a terra e spezzato, in innumerevoli piccoli uomini che,
per stare alla nostra immagine, rispecchiano e riflettono bensì, come
altrettanti frammenti del vaso infranto, la prisca, unica figura, ma
hanno smarrito il senso di quella unità che li trascende e vagolano fra le
apparenze illusorie del molteplice. La separazione dei sessi è espressione di
questa perdita della totalità, dell'unità e dell'assolutezza dell'lo primevo.
Questo mondo materiale, questa prigione dove le regole della fisica e quelle
della ragione e della morale limitano la libertà originaria e incondizionata,
perché divina, dell'uomo cosmico, va infranto. Occorre reintegrare l'Adam
Kadmon, affermandone l'unità anche politicamente mediante l'unificazione del
genere umano in un unico Stato. Tale unità del genere umano, che si fonde in un
individuo unico rivendicando la propria assolutezza e divinità e rigettando ogni
legge, è l'esatto contrario dell'unità della Chiesa come Corpo Mistico di
Cristo. Ma la mèta finale è l'ekpurosis, il diluvio di fuoco in cui
l'intera prigione cosmica, l'intera illusione del non-io, della natura, della
coscienza e della individualità degli «io» separati, sia dissolta, in cui il
microcosmo (e cioè l'uomo singolo, analogo al divino, ma sminuito e smarrito nel
labirinto del mondo) sia riassorbito dal macrocosmo, e cioè, appunto,
dall'Adam Kadmon. Si noti bene che tutte queste elucubrazioni sulla
precedente divinità dell'uomo, sullo spezzamento dell'lo originario e celeste,
vengono alla Kabbalah dalla filosofia pagana neoplatonica e in
particolare da Plotino (205-270), e indirettamente dallo stesso
Platone (428-348 a. C.).
Plotino | Platone |
Per
liberarsi da Dio e affermare, quindi, la propria assolutezza e divinità, l'uomo,
anzi, il mago che si arroga natura e poteri divini, deve negare l'immensa
realtà che lo circonda e lo condiziona, le leggi fisiche cui il suo corpo è
soggetto, la scienza che le ricerca e le riconosce e, infine e soprattutto, la
ragione, che gli manifesta la sua infima piccolezza e impotenza di fronte
all'Universo e lo vincola condizionandolo negli schemi invincibili dei processi
logici, fondati tutti sull'invalicabile principio di non contraddizione e sulla
conseguente distinzione tra vero e falso. Negata realtà e ragione, il mago, il ribelle a Dio, il
rivoluzionario, altro scampo non ha se non nel nulla in cui si precipita per
annientarsi e sfuggire all'odiato Creatore. Il marchingegno
fichtiano-cabalistico, tesi, antitesi e sintesi, sul piano
politico e storico funziona così: l'ordine sociale attuale si presenta come tesi
- ciò che è posto, ciò che è dato - che va rimosso perché condiziona e limita.
Ad esso, quindi, l'«io» nel suo sforzo di liberarsi dalle catene del reale,
dell'oggettivo, e «reintegrarsi» nell'incondizionata libertà dell'Adam
Kadmon, dell'Uomo Celeste primigenio, contrappone un'antitesi. La sintesi è
la consapevolezza di un nuovo io collettivo, più «libero» del precedente dal
concetto vincolante e limitante di oggettività del vero, del bene e del giusto.
Tale nuovo io postula del pari nuove strutture politiche. Ma poiché, come si è
visto, nella filosofia di Fichte ogni realtà si pone come limite che va
«superato», questa sintesi diviene la tesi, e cioè il punto di partenza di una
nuova triade dialettica, cui viene contrapposta un'altra antitesi. Dall'incontro
dei due termini scaturisce una seconda sintesi che si colloca al di là della
precedente, allontanandosi ancor di più dal punto di partenza iniziale, e così
via, in una corsa indefinita, divinizzata sotto il nome di «Progresso»,
dove ogni realtà viene superata e distrutta nel viaggio di ritorno al presunto
nulla originario. Infatti, abbiamo visto, e giova ripeterlo, che l'Adam
Kadmon, l'Adamo cosmico, non essendo né materia né spirito, è un nulla. Sul
piano giuridico istituzionale le tappe di questa marcia assumono il nome, a
seconda che siano violente o graduali, di rivoluzioni o di riforme. Per meglio
chiarire il processo qui esposto ricorro a un esempio che esprime molto
chiaramente lo schema triadico divulgato da Fichte e ne coglie l'essenza:
partendo da un'operazione aritmetica semplicissima 2+2=4, il fichtiano,
panteista coerente, per cui non esiste verità oggettiva perché tutto l'Universo
é prodotto dall'Io, e anzi i concetti stessi di oggettività e di verità vanno
respinti perché limitano l'incondizionatezza divina e quindi la dignità
dell'uomo 5,
se taluno gli dirà che invece 2+2 fà 8, non respingerà questo risultato come
erroneo, ma lo accoglierà come un'opinione, un'antitesi alla tesi precedente. Di
conseguenza, egli unificherà i due dati contraddittori nella sintesi 2+2=6. Tale
sintesi costituirà il primo termine, la tesi della triade successiva, che quindi
sarà così formulata 2+2=6 tesi; 2+2=10 antitesi; 2+2=8 sintesi, che coincide con
l'antitesi iniziale. E così via, in una corsa illimitata verso l'allontanamento
dal vero, dal reale e dal giusto, per affermare la libertà dell'uomo da ogni
limite e pastoia di oggettività e quindi di verità 6.
l La Rivoluzione Francese e gli schemi della politica
moderna come applicazioni cabalistiche
Si noti
bene che il processo teorizzato da Fichte quando egli scriveva stava già
emergendo nei fatti, come dato storico e politico, nella Rivoluzione Francese.
Infatti, nella Francia rivoluzionaria il principio animatore della politica e la
fonte dell'autorità, il metro del bene e del male, del giusto e dell'ingiusto
era considerato la Volontà Generale teorizzata da altri pensatori
provenienti, come Fichte, dalle Logge e, in particolare, da
Jean-Jacques Rousseau (1712-1778). Tale Volontà Generale coincide
evidentemente con l'lo di Fichte. Orbene, la Convenzione eletta nel 1791 comprendeva una destra
repubblicana e liberale, che era la Gironda, corrispondente alla vecchia
sinistra dell'assemblea legislativa, e una sinistra, che era la Montagna,
«progressista» in senso tendenzialmente comunista. Al centro vi era la
cosiddetta Palude o Pianura, oscillante e mediatrice. Si noti che destra,
sinistra e centro allora come ora corrispondevano a collocazioni topografiche,
rispetto all'aula parlamentare. Con la Convenzione termidoriana, e cioè
successiva alla caduta e alla decapitazione di Maximilien de Robespierre (1758-1794), il potere è
assunto dal centro che combatte gli «opposti estremismi» dei legittimisti
monarchici e della sinistra robespierriana e comunisteggiante. Entrano in scena
nuove categorie politiche e di pensiero: centro, destra e sinistra, moderatismo
ed estremismi, del tutto ignote alla società tradizionale. Ora, non è chi non
veda che la destra nel linguaggio politico è la tesi, la sinistra, il suo
opposto, è l'antitesi, e il centro, punto centrale di mediazione, è la sintesi
della dialettica fichtiana e quindi massonica e cabalista. In questo processo,
come nell'esempio numerico, il movimento si attua mediante la progressiva
distruzione della realtà e una corsa verso l'utopia: la libertà assoluta
dell'uomo da ogni regola morale oggettiva e trascendente, e quindi
dal Dio Creatore e dalla Sua Legge. Tutti e tre i momenti del processo - tesi,
antitesi e sintesi - sono indispensabili a questa corsa; senza uno solo di essi,
la stessa si arresterebbe. È dunque evidente che chi ragiona in termini
siffatti, in qualunque delle tre posizioni si collochi, anche se crede di
contrastarlo, anzi, forse tanto più se lo crede, collabora al processo
rivoluzionario, alla corsa verso la «reintegrazione» iniziatica dell'Adam
Kadmon, dell'Uomo Celeste Creatore. È questo il terribile dramma delle
«destre», peraltro sempre o quasi sempre pilotate da fiduciari del potere
occulto, partecipi della congiura. A questo punto qualcuno, forse, si chiederà
quale sia l'alternativa a questa formula ormai universalmente accettata e
ritenuta insostituibile. La risposta è delle più semplici, e tutta la storia
della cristianità prima della Rivoluzione è là ad indicarcela anche se, per una
specie di smarrimento collettivo, sembra dimenticata: se Dio è il Creatore
dell'Universo e dell'umanità, il Principio primo e il Fine ultimo della nostra esistenza, ne consegue logicamente che debba essere anche, per
dirla con San Giacomo (Gc 4, 12) e Isaia (Is 33, 22), «il
Legislatore e il giudice» o, come si esprimono San Giovanni (Ap 19,
16) e San Paolo (1 Tm 6, 15), «il Re dei re e il Signore dei
signori». Scindere il diritto dalla morale, e quindi dalla religione,
staccare la società da Dio, fare dell'uomo il legislatore, sostituire le sabbie
mobili delle opinioni mutevoli alla verità stabile del Decalogo e dei
Comandamenti di Gesù; consegnare all'«opinione pubblica» (peraltro sempre
manipolata) o all'arbitrio dei dittatori la distinzione tra giusto e ingiusto, e
quindi fra legale e illegale, ecco la colpa luciferina del liberalismo e
di tutte indistintamente le ideologie cresciute sul suo tronco, ecco la grande
tragedia della società e dell'uomo moderni, foglie secche travolte dalla bufera
davvero infernale di una continua trasformazione legislativa, la cui ultima meta
è l'annientamento dell'uomo, il nichilistico ritorno al presunto nulla
originario. Occorre infatti tenere ben presente che nel nostro esempio numerico
il 2+2=4, e cioè il punto di partenza del processo dialettico panteistico e
antropocentrico da cui questo fugge con velocità sempre crescente, é la società
teocentrica e teocratica pre-rivoluzionaria, fondata sui Comandamenti. Il
limite che il massone intende superare è dunque la legge di Dio, la ragione
eterna del Logos. Che il processo tesi-antitesi-sintesi, in termini
politici destrasinistra-centro ovvero conservazione-rivoluzione-moderatismo,
non sia una escogitazione di Fichte, ma l'esteriorizzazione nel mondo profano di
un segreto iniziatico, la macchina ideale di cui la Massoneria si serve per
rivoluzionare e rovesciare la società, è enunciato anche in termini espressi sin
dai primi Gradi dell'iniziazione. In un opuscolo del 1948 intitolato
Vademecum del L. M. Apprendista per cura del Saggissimo della Valle del
Tevere (a pag. 33), sotto la voce I tre punti, leggiamo: «È questo
il più comune dei nostri simboli, rappresenta la legge del progresso dialettico
mediante l'unità degli opposti [...]. Essi sono il segno dei tre vertici
della figura più perfetta, cioè del triangolo equilatero. Delta, simbolo della
Divinità. I due vertici inferiori ci rammentano gli opposti, il punto superiore
la fusione di essi [...]. Dagli opposti (tesi e antitesi N.d.A.)
fra i quali il profano si dibatte, parte la sintesi, il progresso
fecondo». Più chiaro ancora è il Gran Maestro Aggiunto del Grand'Oriente
d'Italia Carlo Gentile che vede nel «sacro delta» massonico il simbolo
delle «tre verità (chiaramente tesi, antitesi e sintesi) come i tre
momenti del ciclo dialettico non solo cosmico, ma anche inteso quale categoria
di base della ricerca razionale (affermazione, negazione, posizione nuova
per la ulteriore ricerca). La mediazione fra gli opposti è dote del Maestro
Venerabile moderatore di contrasti [...]: dall'Oriente come il Sole che
quando disfa rigenera. È il senso cosmico di Shiva. La dialettica è funzione razionale e filosofica ed esclude le soluzioni dualistiche,
il sì e il no contrapposti in eterno» (da una parte la verità e dall'altra
l'errore) 7.
Dove è da sottolineare il rifiuto del principio di contraddizione («il sì e
il no contrapposti in eterno, da una parte la verità e dall'altra l'errore»)
e, attraverso il richiamo a Shiva, il dio indù del fallo,
dell'iniziazione orgiastica e della distruzione, la consapevolezza che la
dialettica triadica cabalistica conduce all'immoralità eretta a sistema e
all'annientamento finale. Del resto, Fichte era ben consapevole del fatto che la
«sua» filosofia altro non era che un mezzo, uno strumento di cui il mondo
occulto si serviva per agire, trasformandolo, sul mondo profano. Infatti, nel
suo saggio Filosofia della Massoneria, pubblicato anonimo nel 1802-1803 a
Berlino su una rivista massonica intitolata ai misteri eleusini, egli scrisse
che l'istruzione per gli iniziati, quella «vera», da attuarsi cioè all'interno
della sètta, deve ricorrere «a una forma affatto diversa» da quella
scritta e razionale rivolta ai profani 8
e, al contrario di quest'ultima, va «propagata solo per mezzo della
tradizione orale, senza punto ricorrere alla tradizione scritta» 9.
Infatti, egli aggiunge, «si può ben pensare che la storia profana possa venir
spiegata muovendo dalla segreta», mentre, viceversa, «la storia segreta
della cultura (e quindi anche della filosofia N.d.A.) non si può
convenientemente dimostrare per mezzo della profana» 10,
e pertanto neppure per mezzo di libri pubblicati a uso dei profani dagli
iniziati ai segreti del mondo occulto. Queste parole confermano in maniera
irrefutabile, provenendo dallo stesso interessato, la validità del metodo da noi
seguito: leggere la filosofia di Fichte alla luce della filosofia occulta. Una
prova clamorosa dell'ambivalenza e indecifrabilità delle manovre del mondo
occulto da parte dei «profani» risulta proprio dal saggio testé richiamato. In
tutti i licei, invero, si insegna che Fichte coi suoi Discorsi alla Nazione
tedesca va considerato il fondatore del moderno nazionalismo. Ebbene, al
capitolo VIII del nostro saggio leggiamo che, nell'animo del massone di quei
tempi «l'amor di patria è l'azione, il sentimento cosmopolita il pensiero; il
primo è il fenomeno, il secondo l'interno spirito di questo fenomeno,
l'invisibile nel visibile» 11.
perché, scopo reale della Massoneria è che «l'intera umanità formi
al fine un unico Stato» 12,
e cioè la fondazione, come da anni veniamo ripetendo, di un Governo
Mondiale. Che altro fu, infatti, il nazionalismo se non lo strumento per
disgregare l'unità della civitas christiana, in particolare il Sacro
Romano Impero, sostituendo il culto della nazione a quello di Dio, e
lanciando i popoli gli uni contro gli altri in conflitti distruttivi per
costruire sulle loro rovine la repubblica universale?
l Parliamo un po' di Kabbalah,
idealismo e politica
La nostra
esposizione non sarebbe completa se, sia pure in termini il più possibile
riassuntivi, non ci richiamassimo espressamente alla Kabbalah. Per
entrare in questo argomento debbo peraltro previamente introdurre un concetto
particolarmente importante per la sua comprensione: quello cioè di
«sizigia», dal greco sun zeugnumi, ossia «congiungo a
coppia». Non fatevi spaventare dal parolone perché l'idea che esso esprime è semplicissima: nell'Universo - osservano
gli occultisti richiamandosi al Talmud 13
- esistono delle sizigie, coppie di realtà complementari: vita e morte, giorno e
notte, luce e tenebre, monte e valle, bianco e nero, maschio e femmina.
All'interno di ognuno di questi binomi notiamo che i due termini, in apparenza
opposti, in realtà si richiamano integrandosi l'un l'altro. A queste coppie i
cabalisti ne aggiungono altre tre, che sono poi quelle che qualificano il loro
sistema: bene-male, vero-falso, essere-nulla. L'equivoco di base è evidente:
mentre le sizigie precedentemente elencate sono realtà di natura, paragonabili a
due facce della stessa moneta o dello stesso foglio, vero e falso sono due
giudizi espressi dall'osservatore e l'affermazione vera non richiama affatto
quella falsa, ma la esclude. Così, se uno dice che ieri qui c'è stata una
battaglia e un altro dice che non c'è stata, non abbiamo due proposizioni
opposte e complementari, ma due proposizioni contrarie ed escludentisi. Vi è
gran differenza fra opposto e contrario. Similmente, come fà il nulla, che per
definizione è non essere, vale a dire non esiste, è un'astrazione della mente, a
essere, accanto all'essere assoluto di cui costituirebbe il corrispondente, uno
dei termini della prima e più importante delle sizigie? Del resto, se vera è una
proposizione o una rappresentazione della realtà conforme all'essere, e falsa
una proposizione non conforme all'essere, anche la sizigia vero-falso si risolve
in quella essere-non essere, restando al falso solo la tenue realtà della parola
o del pensiero ingannevole, simile a quella delle fantasie o dei sogni. Quanto
al male, come ha dimostrato Sant'Agostino
(354-430), esso non è essere, ma privazione di essere, pratica di falsità e di
errore. Quindi, anche la presunta sizigia bene-male, si risolve in quella
vero-falso, onde anche in essa i due termini non sono opposti, ma contrari: si
tratta insomma di un'altra falsa sizigia. Ciò premesso eccovi, alla Fig. nº 1 (sotto) dell'albero
sefirotico, e cioè lo schema che rappresenta visivamente la dottrina
cabalistica. Esso, come vedete, si compone di dieci cerchi detti
Sephirot collegati fra loro da una serie di linee o sentieri che,
dicono gli occultisti, dovrebbero essere ventidue: tanti quante le lettere
dell'alfabeto ebraico 14.
Cosa siano
esattamente queste Sephirot (al singolare Sephira) è
questione che dalla stessa letteratura cabalistica programmaticamente confusa ed
evanescente come tutto ciò che attiene al mondo dell'irrazionale e del magico,
non risulta in maniera chiara. Si insegna, comunque 15,
che esse sarebbero «i dieci numeri primordiali» attraverso cui la
divinità avrebbe emanato l'Universo, manifestazioni impersonali della divinità
stessa. Quello che qui ci importa sottolineare ai nostri fini è che l'albero
sefirotico, come vedete, risulta composto di tre colonne: una di destra,
una di sinistra e una di centro. Orbene, l'insegnamento cabalistico, che parte
dal presupposto del dio bisessuato e androgino, e cioè che riunisce in
sé, tanto il principio maschile quanto quello femminile, espressione della sua
autosufficienza e onnipotenza generativa, afferma che la colonna di destra ha
natura maschile e quella di sinistra natura femminile.
Ora, mentre
la prima, che rappresenta l'energia, la forza, la conservazione, la clemenza, la
misericordia, la benignità, ha una valenza positiva e costituisce quindi, in
sostanza, il principio del bene, la seconda, che rappresenta il rigore e
l'attività produttrice delle forme, e quindi il non-io, la natura, ha valenza
negativa e costituisce il principio del male. Ne consegue che nell'albero
sefirotico - pur essendo manifestazione di una medesima divinità - si fronteggiano, in base alla regola
delle sizigie, il principio maschile e quello femminile, corrispondenti
rispettivamente al principio del bene e a quello del male 16.
Anche le singole Sephiroth fronteggiantisi in linea retta sulle due
colonne, rappresentano altrettanti sistemi di sizigie minori. Alla luce di
quanto si è detto risulta chiaro che l'escamotage cabalistico consiste
nell'identificare due termini opposti e complementari (maschile e femminile) in
due termini contrari ed escludentisi (vero e falso; bene e male). Tali principî,
tra loro in apparenza opposti e contrastanti, per quanto si è detto circa la
complementarietà dei due termini di ogni sizigia, non rappresentano - affermano
sempre i cabalisti - dualità assolute, ma semplici polarità che si risolvono e
si conciliano nella colonna centrale, mediana, che opera in termini di
sintesi 17
esprimendo l'equilibrio raggiunto fra i due pilastri opposti 18.
La colonna di mezzo, inoltre, rappresenta l'elemento della coscienza
nell'Universo manifestato 19.
Va altresì aggiunto che dalla prima delle Sephiroth, Kether,
quella somma (la prima in cui il dio cabalistico inesprimibile comincia a
discendere e manifestarsi, e che, essendo appunto la prima, ancora non
appartiene al regno delle sizigie ed è pertanto isolata, senza una
Sephira corrispondente), l'energia creatrice 20
passa alla prima Sephira della colonna di destra, maschile,
Chockmah, che la rimbalza sulla prima femminile,
Binah. Vedete dunque come lo schema sia identico a quello
fichtiano: la colonna di destra, maschile, attiva, della forza e del bene,
rappresenta la tesi, l'Io universale e ancora non cosciente, ma attivo, che
pone, mentre quella di sinistra, femminile, passiva, della natura e delle forme,
rappresenta l'antitesi, il non-io, che è posto. Al centro, sintesi, nasce la
coscienza che si esprime nella Sephira Tipheret. La
corrispondenza col pensiero fichtiano, e cioè con la dialettica romantica e
rivoluzionaria, non potrebbe essere più evidente. Infatti, i cabalisti insistono
nello spiegare che (proprio come avviene nel mondo della politica) destra e
sinistra costituiscono «unità operative», colonne distinte, ma appartenenti alla
stessa struttura, quella del dio cabalistico, onde una ha bisogno dell'altra.
Scrive al riguardo il F\ Luigi Troisi in un capitolo
dedicato alla Kabbalah: «L'albero della vita (e cioè l'albero
sefirotico; N.d.A.) è costituito da tre pilastri verticali e paralleli lungo
i quali sono sistemate le Sephirot: tre a sinistra, tre a destra, quattro al
centro. Tali pilastri corrispondono alle tre Vie iniziatiche: quella di Destra
(agevole), quella di Sinistra (ardua), quella di Centro (regale); quest'ultima
concilia e armonizza gli opposti. Dio governa con il suo "braccio destro" o "lato destro", il
lato della benignità e della vita, nonché, con il suo "braccio sinistro" o "lato
sinistro" quello della severità e della morte; governa, infine, con la Colonna
del centro, che compone gli opposti armonizzandoli e infine annullandoli nella
sua Unità» 21.
Trovate qui spiegata la conformazione del tempio massonico, al cui ingresso
stanno due colonne, denominate rispettivamente Jachin, quella di
destra, che secondo tutti i trattati di iniziazione alla Massoneria corrisponde
al Sole e al principio maschile, e Boaz, quella di sinistra,
corrispondente alla Luna, che brilla di luce riflessa, e quindi passiva, e
rappresenta pertanto il principio femminile. La sala del tempio, dove si
radunano i Fratelli tre puntini, resta al centro, e corrisponde quindi alla
colonna centrale. Il suo pavimento, a scacchi bianchi e neri alternati,
simboleggia appunto la commistione e la sintesi fra i due principî maschile e
femminile, e quindi, come si è visto, fra il bene e il male. Ciò dimostra, una
volta di più, come la Massoneria non sia che una imitazione riservata ai
goym, e cioè ai non-ebrei, dell'ebraismo talmudico e cabalistico.
Scopriamo inoltre che i moderni parlamenti ripartiti in destra, sinistra e
centro, costituiscono altrettante rappresentazioni dell'albero sefirotico, e
sono quindi centri di magia illusionistica (la apparenza delle contrapposizioni
occulta in realtà una unitarietà funzionale e operativa) destinati alla
manipolazione delle masse.
Questa
seconda e più espressiva rappresentazione dell'albero sefirotico (vedi sopra
Fig. nº 2) illustra ancor
meglio la corrispondenza del pensiero fichtiano con quello cabalistico. Al
centro, infatti, col cuore in Tipheret, e cioè in corrispondenza della
prima Sephira della colonna della coscienza, poggiato con le mani alle
due colonne laterali, compare l'Adam Kadmon, l'uomo primigenio e celeste,
la coscienza manifestata, l'Io assoluto fichtiano, creatore del mondo visibile.
L'inconveniente di questa figura, su cui molto altro vi sarebbe da dire e su
cui, comunque, ritorneremo, è che essa, deviando dalla opinione generale dei
cabalisti e in conformità alla sola Massoneria di rito Francese, inverte la
posizione delle colonne, mettendo a destra il principio femminile e a sinistra
quello maschile 22.
È importante rilevare che all'origine di tutte queste sconcertanti teorie c'è
una distorta interpretazione del testo biblico: Adamo argomentano i cabalisti
- fu creato per primo, quindi da principio era solo ed autosufficiente. Soltanto
in un secondo momento Eva fu tratta fuori da lui, creata da una sua costola.
Dunque Eva era in lui, il principio femminile era in lui: nella sua originaria
perfezione egli era ermafrodito, androgino. La grande caduta, poi, è stata
causata dal desiderio di conoscenza, simboleggiato dall'albero proibito della
scienza (conoscenza) del bene e del male. Dunque, la conoscenza, la ragione, è
stata quella che lo ha perduto. Questa interpretazione agli occhi dei cabalisti,
la cui sincretistica dottrina è tutta protesa alla fusione e confusione di tutte
le religioni, ha il grande merito di accordarsi con Platone e col suo mito
dell'androgino originario e della caduta dell'anima dalle regioni celesti al
mondo materiale. Tale mondo, quindi, appare come un luogo di punizione, una
specie di prigione cosmica per l'anima divina, eterna e increata.
Giunti a questo punto della nostra disamina si impongono alcune considerazioni utili a portare maggiore chiarezza, anche in ordine alla comprensione del momento storico che stiamo vivendo, momento che, come abbiamo visto, è tutto all'insegna del pensiero cabalistico supinamente accettato da una cristianità (se questa parola può ancora essere usata) alla deriva che sta progressivamente assimilandosi al giudaismo talmudico-cabalistico. Riprendiamo nuovamente in considerazione l'albero sefirotico della Fig. nº 1. Nell'unità dell'emanazione divina esso comprende, giova ripeterlo ancora una volta, il principio maschile e quello femminile, il bene il male, e quindi, tenuto conto dell'equazione vero=bene, falso=male, anche il vero e il falso. Questa conclusione, benché paradossale, si impone al cabalista con la forza della necessità. Infatti, se tutto è Dio e tutto è uno, tutto è vero. Dio non ammette errore, e, nella perfetta coincidenza di essere di pensiero su cui già ci siamo soffermati parlando dell'idealismo e di Fichte, non vi è distinzione tra rappresentazione e realtà, e quindi neppure tra fantasia e realtà, tra mondo delle favole e mondo del reale. Questo, anzi, è uno dei presupposti della concezione magica, quindi cabalistica, dell'Universo. E invero, come si è visto, la principale proposizione teoretica della religione New Age, che nasce all'insegna della Massoneria e della Kabbalah, è: «Se lo credi è vero». Ad essa, sul piano etico-pratico, corrisponde la proposizione «se lo fai, è giusto», che è poi il «fai quello che vuoi», e cioè il motto stesso del satanismo. Orbene, se guardiamo al di sopra dell'albero sefirotico, là dove il «divino» cabalistico non ha ancora iniziato il suo processo di emanazione e di discesa, e quindi si trova ancora nella sua perfezione e assolutezza, giungiamo in un sovraregno che è al di là del bene e del male, del vero e del falso, e poiché il vero è ciò che è, quel sovraregno si trova al di là e al di fuori dell'essere. Perveniamo quindi al nulla. E infatti l'Ain Soph, e cioè lo spazio indeterminato che vedete accennato al di sopra dell'albero sefirotico, dai cabalisti è fatto coincidere con il nulla. Il vero dio dei cabalisti è dunque il nulla, ma, somma contraddizione, ciò che per definizione non è, produce, come se presupposto del produrre non fosse l'essere. E, si badi bene, non produce poco, ma il tutto, tutto l'essere. Il nulla, dunque, è l'assoluto, l'infinito, mentre l'essere anche nelle sue manifestazioni divine, le Sephiroth, è limitato, finito. Ma poiché il finito rispetto all'infinito è un punto senza dimensioni, un nulla, ne consegue che nella teologia e nella cosmogonia cabalistiche vale il principio: l'essere non è, il non essere è. Ci troviamo, cioè, di fronte alla negazione in termini del principio di non contraddizione e quindi all'assurdo eretto a sistema. È lo stesso assurdo fatto proprio da Fichte e da Goethe quando dicono che l'azione (il produrre, il dio) precede l'essere («Im Anfang war die Tat»). Similmente, Hegel, quando pone all'inizio della sua cosmogonia triadica e cabalistica la tesi «essere» e l'antitesi «nulla», vede nel nulla, sia pure in concorso con l'essere, la fonte che produce l'Universo, facendo quindi agire ciò che non esiste. A voler essere logici, posto che il nulla per definizione non esiste, e poiché ciò che è fuori dal vero, non è il nulla, che, si ripete, non esiste, bensì è il falso, se ne desume che l'assoluto, il dio della Kabbalah e della Massoneria, non è il dio nulla, bensì il dio-menzogna, cioè colui che nega il vero, il negatore, il distruttore. I veri cabalisti, in realtà, ben lo sanno. Infatti, il Fratello Goethe mette in bocca a Mefistofele queste parole illuminanti: «Sì, sì, disprezza pure scienza e ragione, facoltà supreme dell'uomo: lascia pure che lo spirito di menzogna sempre più ti prenda in opere d'inganno e d'incantesimo! È come dire che t'ho già nelle mie grinfie [...]. Ebbene io lo trascinerò in una vita bestiale, in insipidi perditempo. E se anche non si fosse dato al diavolo andrebbe ugualmente in perdizione» 23. Né, meno illuminanti sono queste parole con cui Mefistofele si presenta al mago Faust: «Sono lo spirito che nega sempre. E con ragione: perché, tutto quello che nasce è degno di finire in perdizione. E perciò meglio sarebbe che non nascesse nulla. Così è che quanto voi chiamate peccato e distruzione, e, in una parola, il male, è il mio proprio elemento» 24. Ciò non toglie, ovviamente, che Goethe, sempre per bocca di Mefistofele, continui a sostenere la massonica e cabalistica teoria delle sizigie, e cioè della complementarietà fra bene e male: «Sono una parte di quella forza - egli dice - che vuole sempre il Male e opera sempre il Bene» 25, e che altrove, nella confusione caotica e diabolica che contraddistingue l'irrazionalismo cabalistico, torni ad affermare, ancora una volta che l'essere è stato generato dal nulla: «Non sono che una parte della parte, che da principio era tutto. Una parte della tenebra che ebbe per figlia la luce; quella superba luce, che alla madre Notte, contende ora spazio e rango antico» 26.
l Conclusione
Molte altre
cose ci sarebbero da dire, ma occorre pur concludere. Comunque spero che
l'aspetto che in questa sede ci premeva di illustrare, e cioè l'origine
cabalistica e demonica dello schema triadico destra-sinistra-centro, e il suo
insanabile contrasto con la visione cristiana, diadica, in quanto imperniata
sull'alternativa teorica vero-falso, corrispondente a quella pratica bene-male,
sia emerso in maniera sufficientemente chiara. Evidente, dunque, è il messaggio
che scaturisce da queste considerazioni di natura filosofica e che ci tengo a
ribadire per la sua fondamentale importanza: chiunque voglia davvero combattere
la Rivoluzione, anche e prima di tutto nel suo spirito, deve per prima cosa
rifiutare di lasciarsi incanalare e imprigionare nel suo schema perverso, per
tornare a quello cattolico e razionale fondato sul principio di contraddizione.
Gesù, infatti, Logos eterno, è «segno di contraddizione»
(Lc 2, 34), e il suo motto è o con me o contro di me (Mt 12, 30),
una terza via non è data. Tanto più che oggi, rimescolate le carte dopo la
caduta del muro di Berlino e la conseguente cessazione della contrapposizione,
peraltro molto più apparente che sostanziale, e anzi strumentale 27,
dei due blocchi, la trappola cabalistica e idealista rivela tutta la sua
inconsistenza e ingannevolezza. Quali sostanziali differenze, infatti, ci sono
fra i programmi della attuale destra e quelli della attuale sinistra? Sul piano
etico l'una e l'altra professano il più smaccato immoralismo, tanto è vero che
personaggi come Marco Pannella e Maurizio Costanzo si collocano
nell'area di destra.
Marco Pannella | Maurizio Costanzo |
Sul piano
economico, l'una e l'altra concordano sulle privatizzazioni delle grandi aziende
pubbliche, sulla moneta unica europea e sulla mondializzazione dei mercati. Sul
piano internazionale l'una e l'altra riconoscono, favoriscono e promuovono
l'autorità dell'ONU di cui, nei precedenti convegni, abbiamo illustrato
la funzione di abbozzo del Governo Mondiale e quindi di strumento per
l'instaurazione del Nuovo Ordine Mondiale voluto dalla Massoneria e di cui
Fichte fu un occulto apostolo.
Non vorrei,
però, congedarmi da voi senza avere richiamato la vostra attenzione sulla
singolare importanza che la sessualità riveste nella cosmogonia
cabalistico-massonica. Abbiamo visto, infatti, che l'Adam Kadmon è un
essere androgino, vale a dire bisessuato, maschile a destra e femminile a
sinistra, mentre la colonna centrale nasce dall'incontro, vale a dire dalla
copula, delle due colonne laterali, rappresentata dai ventidue sentieri che le
congiungono. Per dimostrarvi visivamente l'esattezza di questo assunto, vi prego
di esaminare con attenzione le due figure qui abbinate per comodità di
confronto.
Voi vedete
che nella rappresentazione antropomorfica dell'albero sefirotico alla
Sephira Yesod dell'albero stilizzato corrisponde l'organo sessuale
dell'uomo cosmico. «La nona Sephira - spiega infatti il professor Gershom Scholem
(1897-1982) dell'Università Ebraica di Gerusalemme, massima autorità in materia
di storia della Kabbalah - è l'organo sessuale»
28.
E questa Sephira è detta anche «Zaddik (giusto, virtuoso) o Yesod Olam
(fondamento del mondo)» 29.
Infatti, nella seconda figura al posto della scritta Yesod vedete quella
«fondamento». Dunque, il «fondamento del mondo» è un fallo, un organo sessuale
maschile. Ora, poiché nella cosmogonia cabalistica, tutta imperniata, come si è
visto, sulla complementarietà dell'elemento maschile e di quello femminile,
nulla si produce senza un rapporto fra i medesimi, è evidente che la creazione
si risolverebbe in un'enorme ejaculatio nella sottostante Sephira
femminile Shekinah o Malkuth. Potremmo citare numerosi
altri passi a ulteriore sostegno di queste conclusioni sul pansessualismo
cosmico che costituisce l'essenza stessa della Kabbalah, ma lo spazio
non ce lo consente e comunque ci pare che gli elementi qui forniti siano più che
sufficienti. Ci pare solo opportuno, per dimostrare la natura magico-orgiastica
del cabalismo e la funzione che esercita in esso la magia sexualis o
«magia rossa», citare il seguente passo dello Zohar, il
«testo sacro» dei cabalisti: «La Scrittura dice: li creò maschio e femmina.
Noi ne deduciamo che ogni figura che non presenti in sé il maschio e la femmina
non rassomiglia alla figura celeste [...]. Ricordato che il Santo, che
sia benedetto (e cioè il dio cabalistico, N.d.A.) non elegge domicilio là
dove il maschio e la femmina non sono uniti, Egli riempie delle sue benedizioni
solo il luogo ove il maschio e la femmina sono uniti» 30.
Dal che derivano due conseguenze: la copula come supremo atto magico-liturgico
(il che ricorda non poco i sabba stregoneschi e le messe nere) e
l'esaltazione dell'omosessualità perché realizza in sé stabilmente la
confusione dei due sessi 31.
Non per nulla la psicanalisi, il cui pansessualismo è evidente, è stata fondata
da Sigmund Freud
(1856-1939), membro della Massoneria ebraica del B'nai B'rith 32.
Da quanto si è detto risulta che chiunque accoglie la schema
destra-sinistra-centro, sia pure per proclamarsi di destra e nemico della
Rivoluzione, si colloca, lo sappia o no, in un contesto religioso-filosofico a
sfondo magico-orgiastico, per non dire schiettamente osceno. Il che dimostra
l'esattezza di quanto si è detto all'inizio di questo studio: «Chi si illude
di non filosofare, e magari disprezza la filosofia come disciplina astrusa ed
inutile, in realtà subisce una qualche filosofia, ne accetta le conseguenze e,
indirettamente, anche le premesse».
Note
1 Estratto dall'opera
AA.VV., La Massoneria oggi: verso il compimento della Grande Opera, Atti
del 4º Convegno di Studi Cattolici, Rimini 1986 (pagg. 65-92).
2 Che l'ebraismo talmudico
cabalista si risolva nella panteistica negazione del concetto di Assoluto, e
quindi di Dio come persona, è illustrato in lungo e in largo da quell'altissima
autorità dell'ebraismo che è il professor Gershom Scholem dell'Università di
Gerusalemme nel libro I concetti fondamentali dell'ebraismo, Marietti,
1986. Ciò però non toglie che l'ebraismo, facendo propria la concezione di
Plotino di «emanazione» dall'Assoluto, ammetta poi, a un livello meno elevato
dell'Assoluto stesso, persone divine, angeliche e demoniche.
3 Cfr. N. Abbagnano, Storia della
filosofia, vol. III, pag. 74.
4 Cfr. J. W. Goethe, Faust, verso
1237.
5 L'idealismo romantico
contiene in nuce i due principali enunciati, fra loro strettamente connessi,
della religione acquariana: «Se lo credi è vero» e «se lo fai è
bene», che costituiscono i fondamenti della «scienza» e dell'«etica» della
«Nuova Era» massonica e satanista. È questo il vero significato del tanto
esaltato «libero pensiero», a proposito del quale, nel secolo scorso, un
sacerdote di cui non ricordiamo il nome, scriveva questi arguti versi: «Se il
pensier dev'esser libero/ senza fren, senza ritegno/ io direi che al manicomio/
fosse proprio nel suo regno:/ a pensar senza imbarazzi/ chi più libero dei
pazzi»?
6 Si obietterà, forse, che
non si vede perché la Rivoluzione non corra subito alle sue ultime conseguenze,
ma occorre tener presente che la reintegrazione dell'Adam Kadmon deve
coinvolgere, per essere tale, l'intera umanità, e quindi vincere resistenze che
non possono essere superate se non con gradualità. La Rivoluzione è anche e
soprattutto una grande pedagogia. Ne consegue che, al di là dei grandi scossoni
che ne accelerano il corso (la Rivoluzione Francese del 1789, quella europea del
1848, quella russa del 1917 e quella mondiale del 1968, per non citare che le
principali) non può non essere graduale.
7 Cfr. C. Gentile, Alla ricerca di Hiram. I tre
Gradi della Massoneria, Bastogi, Foggia, 1980, pag. 21.
8 Cfr. J. G. Fichte, Filosofia della
Massoneria, Bastogi, Foggia 1986, pag. 73.
9 Ibid., pag.
74.
10 Ibid., pag.
75.
11 Ibid., pag.
62.
12 Ibid., pag.
61.
13 Ecco uno dei passi che
insegna questa dottrina: «Il Santo, che benedetto sia, disse a Israele:
"Figli miei, tutte le cose che lo ho creato nell'Universo sono a coppia. Il
cielo e la terra, il sole e la luna, Adamo ed Eva, questo mondo e il mondo
avvenire"» (cfr. A. Cohen,
Il Talmud, Forni, 1979, pag. 29).
14 Cfr. W. E. Butler, Cabala e magia, Hermes,
1984, pag. 79; G. Scholem, La
Cabala, Mediterranee, 1982, pag. 31.
15 Cfr. G. Scholem, Le origini della Cabala,
Il Mulino, 1973, pag. 33.
16 Cfr. Raphael, La via del fuoco secondo la
Qabbalah, Asram Vydia, 1983, pag. 32.
17 Ibid., pagg. 30
e 32.
18 Cfr. W. E. Butler, op. cit., pag.
80.
19 Ibid., pag. 80;
Raphael, op. cit., pag.
30.
20 Ma si noti che la
parola «creatrice» va qui intesa in senso molto diverso da quello proprio, che
presuppone una volontà cosciente produttiva. Qui, invece, la personalità non è
ancora nata.
21 Cfr. L. Troisi, Itinerari esoterici,
Bastogi, 1981, pag. 298.
22 Cfr. J. Boucher, La simbologia massonica,
Atanòr, 1990, pag. 142.
23 Cfr. J. W. Goethe, Faust, vv.
1349-1352.
24 Ibid., vv.
1338-1344.
25 Ibid., vv.
1336-1337.
26 Ibid., vv.
1349-1352.
27 Sulla funzione che il
comunismo ha avuto nella preparazione del Nuovo Ordine Mondiale e sulle
singolari circostanze della sua improvvisa caduta vedasi su Chiesa Viva
di aprile-maggio 1990, Carlo Alberto Agnoli e Paolo Taufer, «Crisi del
comunismo e cospirazione massonica».
28 Cfr. G. Scholem, La Cabala, pag.
112.
29
Ibid.
30 La citazione è tratta
da Itinerari esoterici, di Luigi Troisi, edito dalla Bastogi, casa
editrice ufficiale della Massoneria italiana, Foggia, 1991, pagg.
309-310.
31 È quanto sostiene
F\ Luigi Troisi annotando questo
passo (op. cit., pagine citate, nota nº 6).
32 Cfr. Y. Moncomble, L'irrésistible expansion
du mondialisme, Faits et documents, Parigi 1981, pagg. 49-50.
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