sabato 5 ottobre 2013

articoli=Giovanni XXIII incallito tradizionalista? + La "bontà" di Giovanni XXIII

 
 

di Vincenzo Sansonetti
Segnalato da Rafminimi
Pur non condividendo la figura di un Giovanni XXIII "incallito tradizionalista", pubblichiamo volentieri un articolo di Vincenzo Sansonetti, se non per altro, almeno per evidenziare come idee e provvedimenti tradizionali, oggi tanto perseguitate e condannate, erano idee del Papa e della Chiesa fino al Concilio Vaticano II, dove una minoranza modernista e progressista, imponendosi con colpi di mano e atteggiamenti e metodi della peggiore genia mafiosa, riuscì a prendere in mano le redini del potere e instaurare il regime dell'antichiesa, dell'apostasia, del tradimento, del giudaismo [ATTENZIONE! giudaismo dal traditore Giuda, non dal popolo giudeo] più sfacciato, regime del quale tutt'ora subiamo la violenza e le nefaste applicazioni.
Sottolineatur, grassetti e colori sono nostri.
       L'anno della beatificazione (il 2000) ha costituito l'occasione per una nuova serie di ricerche e pubblicazioni rigorose sulla sua vita e il sue operato, dopo che per anni, forse decenni, era mancato un approfondimento documentato e puntuale. Ma tali studi, purtroppo, sono stati presto dimenticati e messi da parte, complici anche due sciagurati film per la tv in cui Rai e Mediaset hanno fatto a gara per semplificarne eccessivamente la figura, alimentando i luoghi comuni su di lui, fino al punto di inventare persone e circostanze. Così, quest'anno, il 2003, l'anno del quarantesimo dalla morte e della pubblicazione della "Pacem in Terris" (l'enciclica diventata più famosa, non necessariamente il documento più significativo del suo pontificato), si e rifatto vivo il "partito" di chi usa a piacimento Papa Roncalli per sostenere le proprie (gracili) idee politiche e le proprie (banali) concezioni ecclesiali.
       Noi vorremmo invece attenerci al pieno rispetto della verità storica, tutta intera.
       Non è corretto, infatti, creare a posteriori la rappresentazione falsata di un personaggio, sottolineando in maniera esasperata solo alcuni aspetti della sua biografia, quelli più convenienti, e tacendone al contrario altri, quelli, come oggi si dice, meno "politicamente corretti". Proviamo a fare alcuni esempi, facendo emergere in tal modo quasi un Papa Giovanni sconosciuto, segreto, in realtà censurato e obliato.
  
La disciplina del clero
       Il 25 gennaio 1959, nella basilica di San Paolo Fuori le Mura, Giovanni XXIII non dà solo l'annuncio inatteso della sua intenzione di convocare un nuovo Concilio; comunica anche l'imminenza di un Sinodo per la diocesi di Roma (il Papa ha anche la responsabilità episcopale della diocesi di Roma), che dirigerà personalmente dal gennaio 1960. I lavori dureranno un anno, per giungere a una serie di conclusioni, contenute in 775 articoli, alcuni dei quali sorprendenti. Sulla falsariga di una disciplina del clero di tipo tradizionale, si stabiliscono regole molto rigide per i preti: nessun sacerdote della diocesi di Roma può frequentare sale cinematografiche, lo stadio e altri locali pubblici, è proibito viaggiare in automobile con una donna, anche quando si tratta della madre o di una sorella; si pretende la sobrietà del vitto ed è obbligatoria la veste talare.
 


Oggi invece dobbiamo subirci francescani in discoteca o presidenti di giurie da miss, scalmanate suore allo stadio, pretonzoli in compagnia di prostitute (per aiutarle..., non per convertirle!), faccioni immagine della sazietà, preti, vescovi e cardinali in tenute (non abiti) tanto trasandate da nauseare... anche per il senso di irriverenza e di profanazione del ministero che ricoprono.

       Sul piano liturgico, si impone l'uso del gregoriano, i canti popolari di nuova invenzione devono essere approvati, si allontana dalle chiese ogni profanità, vietando in generale che negli edifici sacri si eseguano spettacoli e concerti, si vendano stampati e immagini, si scattino fotografie.
       Si condanna ogni creatività del celebrante, "che farebbe scadere l'atto liturgico, che è atto di Chiesa, a semplice esercizio di pietà privata". L'antico rigore viene stabilito anche circa gli spazi sacri, vietando alle donne l'accesso al presbiterio.
       Ma queste norme, a cui tanto teneva il Beato Giovanni XXIII, alla fine rimasero lettera morta. Le conclusioni del Sinodo Romano, che doveva prefigurare il Concilio, caddero subito nell'oblio, e lo stesso Concilio, dove le voci "progressiste" prevalsero anche sui voleri del Papa, non le citerà neppure una volta, quasi non fossero neppure mai esistite.
 
Altro che orripilanti canti moderni, privi di alcuna melodia e dal senso financo equivoco. In chiesa oggi si balla, si danza, si gioca, si fa speccacolo, si fanno concerti e soprattutto si battono le mani, per ogni cretinata e financo nelle circostanze meno appropriate (quali sono quelle dei defunti). In chiesa oggi si vendono tutti i tipi di giornale, in particolare quel "Famiglia Cristiana" che fa tanta concorrenza ai più sporchi rotocalchi (vincendo spesso in bruttezza e sconcezza, d'immagini e di argomenti), un giornale che non ha più niente di cristiano. Le foto poi immortalano spesso certi baci hollywoodiani dati sull'altare da sensuali sposini.
Le donne oggi non solo hanno libero accesso al presbiterio, non solo fanno da chierichette, ma, novelle sacerdotesse di un cristianesimo molto paganeggiante, affiancano il celebrante sull'altare e hanno libero accesso alle Ostie Consacrate che maneggiano e distribuiscono con la più irriverente disinvoltura...
Proprio Roncalli, quando era nunzio a Parigi non volle essere fotografato in compagnia della anzianissima madre badessa di un convento, perché, affermava che MAI E POI MAI il prete deve essere accostato ad un donna, chiunque essa sia.
La lingua latina nella liturgia
       Forse la più importante disposizione del Sinodo Romano è la solenne conferma dell'uso del latino nella liturgia, come lingua ufficiale e universale della Chiesa. Capitolo spinoso, e inquietante, quello del latino, la "lingua propria della Chiesa con la Chiesa perpetuamente congiunta" (come l'ha definita lo stesso Giovanni XXIII). Esiste una Costituzione apostolica di Papa Roncalli, praticamente sconosciuta e ignorata dalle biografie, la Veterum Sapientia, l'atto più solenne, come egli volle, del suo pontificato, al punto che la promulgazione, il 22 febbraio 1962, avvenne in San Pietro al cospetto del collegio cardinalizio e di tutto il clero romano. La Costituzione apostolica, interamente dedicata allo studio del latino, confermava la continuità della cultura cristiana con la cultura classica del mondo ellenico e romano, perché le lettere cristiane sono, sin dai primordi, lettere greche e lettere latine. Ma è nella sua parte pratica e dispositiva, non solo in quella dottrinale, che la Veterum Sapientia si rivela di una fermezza esemplare. Il Papa ordina ai vescovi di vigilare a che nessun 'novatore" s'attentasse di scrivere una parola contro la "lingua cattolica". A proposito degli studi ecclesiastici, stabilisce che si ridia il giusto spazio al greco e al latino, a costo di accorciare le discipline del cosiddetto cursus laicale; nei seminari le scienze fondamentali, come la dogmatica e la morale, vanno insegnate in latino, seguendo manuali scritti in latino, e "chi tra gli insegnanti apparisse incapace o renitente alla latinità, si rimuova entro un congruo tempo"!
 
Il dissenso all'interno della Chiesa
       Guardando con attenzione nel pontificato di Giovanni XXIII, ci sono altri esempi di comportamenti che potremmo continuare a definire, con la mentalità di oggi, "politicamente non corretti". In relazione al dissenso all'interno della Chiesa, così vivo in quegli anni, contrastano con lo stereotipo del Papa "progressista" che ci siamo fatti, almeno due episodi. Il primo è la censura del Sant'Uffizio contro il libro di don Lorenzo Milani Esperienze pastorali, condiviso da Roncalli. Venti giorni prima della sua elezione a Papa, scrivendo al vescovo di Bergamo, l'allora Patriarca di Venezia afferma: "Ha letto, Eccellenza, la Civiltà cattolica del 20 settembre circa il volume Esperienze pastorali? L'autore del libro deve essere un povero pazzerello scappato dal manicomio. Guai se si incontra con qualche pazzerello della sua specie! Ho veduto anche il libro. Cose incredibili". L' altro provvedimento è il monito del Sant'Uffizio, pubblicato il 30 giugno 1962 [<http://www.paginecattoliche.it/Theilard-Osservatore.htm>, ndr] con il consenso del Papa, contro le ultime opere del discusso teologo e paleontologo francese Pierre Teilhard de Chardin, il gesuita-scienziato morto nel 1955, a 74 anni: "Fa troppo spesso un'indebita trasposizione", si sostiene, "dei termini e dei concetti della sua teoria evoluzionistica sul piano metafisico e teologico". Alzino la mano i teologi che hanno tenuto conto di questo giudizio condiviso dal Papa "buono"
Vincenzo Sansonetti.
 
Vedasi l'articolo collegato: La bontà di Giovanni XXIII

Bibliografia
Vincenzo Sansonetti, Un santo di nome Giovanni, Sonzogno, Milano 2000.
Andrea Tornielli, Vita di un Padre Santo, Gribaudi, Milano 2000.
Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro, Formidabili quei Papi, Pio IX e Giovanni XXIII: due ritratti in controluce, con prefazione di Luigi Negri, Ancora, Milano 2000.
(c) Il Timone n. 27, Settembre/Ottobre 2003
http://www.kattoliko.it/leggendanera/chiesa/giovanni23.htm
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di Rafminimi
A completamento dell'articolo precedente, Giovanni XXIII, incallito tradizionalista? di Vincenzo Sansonetti, pubblichiamo il seguente di Rafminimi, che evidenzia il paradosso del tradimento e la contraddizione di un Papa... beato, ma non buono.
Sottolineatur, grassetti e colori sono nostri.
       La data della beatificazione, il 3 settembre, è una data importantissima nel calendario preconciliare: è quella della festa di San Pio X.
"Roma locuta, causa finita" si diceva una volta, Roma ha parlato, la causa è chiusa: Roncalli è tra i beati.
       Ora, premesso che NON NEGO che possa stare in Paradiso, anzi glielo auguro di tutto cuore, credo tuttavia opportuno fare alcune osservazioni. Tanto per incominciare, esamineremo "come" Roma ha parlato. In sé, una beatificazione NON è un atto infallibile, anche se, d'ordinario è temerario dubitarne; inoltre le virtù del nuovo beato, sono virtù INAUDITE, mai sentite: Roncalli È IL PRIMO BEATO PER VIRTÙ "ECUMENICHE"!
       Esaminiamole. Mentre le virtù lodate in Pio IX sono le classiche (infaticabile zelo pastorale… vita di preghiera intensa... profonda vita interiore..), quelle di Giovanni XXIII sono stranamente nuove, perfino sconosciute dalla teologia ascetica o mistica: "Questo Pontefice promosse l' ecumenismo, si preoccupò di curare i rapporti di fraternità con gli Ortodossi dell'Oriente che aveva conosciuto a lungo in Bulgaria e a Istanbul, intraprese più intense relazioni con gli Anglicani e con il variegato mondo delle chiese protestanti. Si adoperò in ogni modo per mettere le basi di un nuovo atteggiamento della Chiesa cattolica verso il mondo ebraico, aprendo decisamente al dialogo e alla collaborazione. Il 4 giugno 1960 creò il Segretariato per l'unità dei cristiani. Promulgò due significative Encicliche, la "Mater et Magistra" (20 maggio 1961) sull'evoluzione sociale e la "Pacem in terris" (11 aprile1963) sulla pace tra tutte le genti. Visitò ospedali e carceri e fu sempre vicino con la carità ai sofferenti e ai poveri della Chiesa e del mondo" (1). Se si eccettua la dedizione alle opere di misericordia corporale, tutte le virtù di Giovanni XXIII sono, quindi, virtù ecumeniche!
  
       Roncalli è passato alla storia come il papa dell'aggiornamento e dell'apertura al comunismo, ma contraddizione delle contraddizioni, lui, proprio lui, non Pio XII o Innocenzo III, proprio lui scrisse in difesa della tradizione della lingua latina e per l'inasprimento delle censure contro i comunisti. Giovanni XXIII scrisse l'atto più solenne della storia della Chiesa: la costituzione apostolica (oggi introvabile) "VETERUM SAPIENTIA". In essa il Papa ribadisce la necessità della lingua sacra, affrancata dalla schiavitù dell'uso corrente che con il passar del tempo ne altera i significati; riafferma la dignità indiscussa e la somma utilità del latino e del greco (le lingue "cattoliche", come le chiama) e auspica che nei seminari i corsi siano tenuti in tali lingue; riafferma che la ratio studiorum ecclesiastica riacquisti la propria originalità fondata sullo specifico dell'homo clericus, e quindi che si riduca al minimo l'incidenza delle scienze profane.
       Circa il comunismo, poi, il 25 marzo 1959, non si limita a rinnovare la scomunica che Pio XII nel 1949 aveva lanciato contro chi si iscrive a partiti comunisti o filocomunisti o alleati con essi, ma la estende persino a coloro che votano per tali partiti.
  
       Negli anni '60-'70 mamma TV, usando bene i suoi canali, crea e diffonde il culto dei santi martiri John & Bobby Kennedy e Martin Luther King, e del santo Profeta e Taumaturgo Giovanni XXIII, il "Papa buono".
«Però è lecito chiedersi a questo proposito –dice il Card. Oddi– se "Papa buono" equivalga a "buon Papa"» (2).
       Già l'espressione "papa buono" sembra un modo surrettizio di dar del cattivo a tutti gli altri Papi, in particolare all'immediato predecessore. Alla sua morte, l'Isvestja pubblicò un pezzo, riportato da Padre Wenefried Vaan Straten in "Dove Dio piange" (edizioni Città Nuova) che diceva: "Come Kruscev ha realizzato la destalinizzazione, così Roncalli è il padre della depacellizzazione"
       Sulla figura di Roncalli c' è ancora tantissimo da dire. I libri che trattano della sua "bontà" sono innumerevoli. Da alcuni anni, però cominciano ad uscire anche opere critiche. Fra i tanti, ricordo Franco Bellegrandi: "Nikita Roncalli, controvita di un papa" (Edizioni EILES). L'analogia con Kruscev continua.
In effetti il suo pontificato è stato davvero vissuto come una "depacellizazione".
Esso è stato ispirato da tutto un programma concentrato nell'allocuzione "Gaudet Mater Ecclesia" fatta per l'apertura del Concilio Vaticano II l'11 ottobre 1962 (3) (noto che, stranamente, il "Motu Proprio" con cui si scomunica Mons. Lefebvre e si concede di dire la Messa Tridentina a determinate condizioni si chiama "Ecclesia Dei afflicta": lì la S. Madre Chiesa gode, qui piange…).
       "L'allocuzione inaugurale del Concilio Vaticano II costituisce un atto di rilevante significato storico, certamente il più importante del pontificato di Giovanni XXIII, probabilmente uno dei più impegnativi della Chiesa cattolica nell'età contemporanea" scrive G. Alberigo, autore di uno studio particolarmente interessante su questo discorso (4). Infatti, con un discorso di 35 minuti (10 pagine degli A.A.S.) Giovanni XXIII ha dato al Concilio la sua "vera carta", definendone lo spirito. Le parole del "Papa buono" sono di una violenza incredibile nel riprovare ogni pessimismo e mettere alla gogna gli uomini attaccati al passato della Chiesa da lui definiti "profeti di sventura"! Con la sua allocuzione "papa Giovanni strappava loro con mano decisa la bandiera del Concilio e l'affidava alle truppe pronte ad aprirsi alla novità, a ringiovanire la Chiesa, a tentare un aggiornamento radicale dell'evangelizzazione ed un dialogo aperto senza prevenzioni con il mondo (5).
       Il tono dell'allocuzione è veramente di una violenza sorprendente nell'affermare la necessità di girare la pagina del passato, accettando totalmente il "nuovo ordine" che sta instaurandosi con le "nuove condizioni e forme di vita introdotte nel mondo moderno" ed il "mirabile progresso della scoperta dell'umano ingegno", per stabilire un dialogo fra la Chiesa e il mondo che assicuri l'unità della "intera famiglia cristiana" anzi del "genere umano", unità che sembrerebbe "il gran mistero che Gesù Cristo ha invocato con ardente preghiera dal Padre celeste nell'imminenza del suo sacrificio".
       Ecco dunque "l'aria fresca" voluta nella Chiesa da papa Giovanni, spalancandone le finestre, per aprire poi le porte a tutti coloro che se ne erano separati o che i suoi predecessori avevano condannato: ortodossi, protestanti, ebrei, massoni, comunisti, liberali, modernisti. Diremo quindi che, per il papa "buono", occorre leggere i "segni dei tempi": il mondo è cambiato ed anche migliorato [?!] e dunque bisogna adeguarsi al mondo [!] "moderno" guardando sempre a quello che ci unisce, usando della misericordia invece che della severità, adottando perfino il linguaggio degli uomini di oggi, per ristabilire con tutti l'unità.
Ma quale unità, quella voluta da Cristo o quella del giornale dei comunisti?
  

       "A Noi sembra di dover dissentire da codesti profeti di sventura, che annunziano eventi sempre infausti, quasi che incombesse la fine del mondo. Nel presente momento storico, la Provvidenza ci sta conducendo ad un nuovo ordine di rapporti umani, che, per opera degli uomini e per lo più al di là della loro stessa aspettativa, si volgono verso il compimento di disegni superiori e inattesi; e tutto, anche le umane avversità, dispone per il maggior bene della Chiesa".
       Al contrario Pio IX aveva dichiarato: "Abbiamo condannato i mostruosi errori che specialmente ai tempi nostri sono dominanti con grandissimo danno delle anime e con detrimento della stessa civile società e che non solamente sono sommamente contrari alla Chiesa cattolica, alle sue salutari dottrine, ai suoi diritti, ma altresì alla legge eterna e naturale scolpita da Dio nei cuori di tutti, e dai quali tutti gli altri errori hanno origine" (Quanta Cura 8.12.1864).
       Giulio Andreotti ci dice che nel '58, prima del Conclave che avrebbe eletto Giovanni XXIII, «Gaetano Baldacci sul "Giorno" scriveva che alla Chiesa non serviva né un battagliero come Giulio II, né un intellettuale come Leone X: era il momento di un Leone I che contro la spada di Attila levava solo la Croce»(6).
  
       Ricordiamoci che siamo nel '62. Può darsi che quell'«Attila», di cui parlava G. Baldacci, fosse il comunismo. Nel settembre '61 era stato costruito il muro di Berlino, e la cortina di ferro faceva sempre più vittime. Nell' ottobre '62, una settimana dopo l'allocuzione di Giovanni XXIII, scoppiava nei Carabi la crisi di Cuba. "Tuttavia –dichiarava imperterrito Giovanni XXIII– non senza grande speranza e con Nostro grande conforto vediamo che la Chiesa, oggi finalmente non soggetta a tanti ostacoli di natura profana, che si avevano nel passato, possa da questa basilica vaticana, quasi da un secondo Cenacolo apostolico, far sentire per mezzo vostro la sua voce, piena di maestà e di grandezza."
       Ma parecchi Padri conciliari, con maggior rispetto della realtà, ricorderanno il pericolo comunista, ne chiederanno la sua condanna, mentre si discuterà lo schema sulla "presenza ed azione della Chiesa nel mondo odierno", che diventerà la "Gaudium et Spes".
       Così l'Arcivescovo irlandese William Conway lamentava: "Lo schema. non parla della persecuzione contro la Chiesa in certi paesi: si può obiettare che questo silenzio è voluto per non ostacolare il dialogo con l' ateismo, ma la verità e la sincerità sono condizione elementare di ogni dialogo".
       Gli fece eco l'Arcivescovo ucraino Maxim Hermanjuk: "Deplorevole sarebbe dimenticare la testimonianza dei martiri e dei confessori della fede".
Anche il tedesco Josef Stimpfle esigette un maggior coraggio dal Concilio e chiese: "Com'è possibile restare con la coscienza tranquilla, astenendosi dal parlare e addirittura dall'accennare al fenomeno del marxismo, che costituisce il vero e più grave pericolo per dell'umanità contemporanea, della quale il Concilio afferma di volersi pastoralmente occupare?".
  
       Le critiche piovono a raffica.
       Ecco l'italiano Barbieri:"Sarebbe uno scandalo per molti credenti se il Concilio desse l'impressione di aver timore di condannare il maggior delitto della nostra epoca, l' ateismo scientifico e pratico, peggiore in sé e per le sue conseguenze, sul piano morale e spirituale, della stessa bomba atomica".
       L'argentino Bolatti: "Lo schema, che contiene diverse lodevoli considerazioni e tratta notevoli e importanti problemi, trascura inspiegabilmente il fenomeno del comunismo. Anche se si vuole prescindere dagli aspetti politico economici del sistema, non è possibile passare sotto silenzio l'ideologia che ha conseguenze così gravi su tutta la vita del mondo. Il comunismo domina quasi la metà dell' umanità e minaccia l'altra metà. È il più grave pericolo del mondo attuale. È necessario proclamare apertamente che il comunismo è in opposizione assoluta con il cristianesimo".
       Lo spagnolo Garcia de Sierra: "Il Concilio deve parlare chiaro in proposito e riaffermare la incompatibilità del comunismo non solo con l'antropologia rivelata, ma anche con quella naturale".
       Tra gli interventi più incisivi quello, orale, dell'Arcivescovo di Nanchino in esilio, Monsignor Yu Pin. Il presule cinese (a nome di 70 vescovi) osservò ironicamente che "Lo schema insiste molto sui segni dei tempi, ma sembra ignorare che il comunismo e il materialismo marxista costituiscono il più grande e il più triste segno caratteristico dei nostri tempi. Una dichiarazione su questo argomento è reclamata dalla difesa della verità, giacché il comunismo, il materialismo, l'ateismo militante costituiscono il cumulo di ogni eresia. Dobbiamo pure ricordare che là dove c'è il comunismo, non manca mai la persecuzione sanguinosa o almeno rovinosa; similmente la dottrina della coesistenza pacifica, la politica della mano tesa, la concezione del cosiddetto comunismo cattolico sono fonti di pericolosa confusione. Per soddisfare l'attesa dei popoli, e specialmente di quelli che soffrono e gemono sotto il giogo comunista, per conferire allo schema un maggior equilibrio e una maggior aderenza alla situazione di fatto nel mondo attuale, occorrerebbe completarlo con un capitolo riservato esclusivamente all'ideologia marxista e alla sua espressione politica, il comunismo, aggiungendovi una loro esplicita condanna".
       Sulla stessa linea Mons. Carli, vescovo di Segni: "Stupisce il silenzio dello schema intorno ad un fenomeno che purtroppo esiste nel mondo del nostro tempo; un fenomeno che tocca da vicino l'ordine naturale e insieme quello soprannaturale;. Si dirà forse: ma il comunismo è già stato giudicato dal magistero pontificio! Rispondo: non lo nego, però anche tutto il resto che si trova in questo schema e in alcuni altri fu enunciato da Sommi pontefici, specialmente da Pio XII di venerata memoria, con ancor maggior chiarezza, abbondanza e precisione; eppure il nostro Concilio ritiene bene che quelle cose si ripetano solennemente e conciliarmente! Chiedo dunque che anche di questa somma eresia del nostro tempo venga trattato in forma esplicita e con competenza, affinché i posteri non abbiano a credere che il Vaticano II sia celebrato in un'epoca in cui tutto l'orbe cattolico viveva in pace e calma".
       A sua volta il cecoslovacco Rusnak: "Guardando la carta geografica, non possiamo ignorare che la metà del mondo è soggetta al comunismo, senza dire dei comunisti che si trovano negli altri paesi. Il comunismo, perciò, è un fenomeno così vasto che bisognerebbe parlarne anche se non perseguitasse la religione. Invece la perseguita, incoraggiato dal silenzio dei grandi organismi internazionali sorti in difesa dei diritti dell'uomo, e purtroppo anche dal silenzio dei cristiani che potrebbero e dovrebbero parlare. A spiegare l'atteggiamento della Chiesa verso il comunismo non basta quel poco che si dice nello schema a proposito dell'ateismo, e che è del tutto inefficace. Ridurre, poi, il comunismo al solo problema dell'ateismo produrrebbe nel mondo una gran confusione, vedendo che la Chiesa tace dinanzi a quest'eresia del secolo ventesimo e non ha nulla da dire per rischiarare le menti confuse. Sarebbe crudele anche verso i fratelli perseguitati; bisogna, perciò, parlarne esplicitamente, esigendolo la verità e la carità. Far conoscere tali cose è un vero atto di carità, anche perché l'opinione pubblica del mondo e dei cattolici, rappresentati dal Concilio, può indurre i responsabili e più miti consigli".
       Anche Mons. Carli inviò alla competente commissione una nota critica in cui commentava tra l'altro: "È vero che nella nuova redazione dello schema XIII si parla dell'ateismo più abbondantemente che nella redazione precedente. Però, con l'evitare accuratamente il nome di comunismo -più volte condannato da magistero sotto questo nome- noi veniamo ad illudere e ingannare i nostri fedeli, specialmente i semplici e gli indotti, i quali leggendo questo schema crederanno che la Chiesa non abbia ormai più nulla da eccepire conto il comunismo! Che cosa diranno, per esempio, i comunisti italiani i quali generalmente non sono atei? Diranno: il Concilio ha condannato l'ateismo, ma non il comunismo; dunque, potremo essere nel medesimo tempo e credenti e comunisti!" (7)
       Siamo qui di fronte al mistero più sconvolgente o alla contraddizione più paradossale dell'atteggiamento assunto da Giovanni XXIII e dal Concilio di fronte al comunismo, che sembra non esistere più nella mente di papa Roncalli. Eppure il 25 marzo 1959, come abbiamo visto, aveva confermato con decreto la condanna e la scomunica dei cittadini che avessero dato il voto ai comunisti.
       Nel '62 "Attila" era scatenato, e questo silenzio del Papa "buono" è veramente sconvolgente: anziché levare la Croce, egli non ha saputo che aprire il suo cuore al nemico. Infatti sappiamo che, per il suo Concilio, voleva un'apertura agli osservatori delle altre confessioni cristiane, fra i quali gli ortodossi russi, che fino al luglio 1961 avevano opposto un solenne "non possumus" (8).
       Senza confutare questa voce, il cardinale Oddi scrive: "Si dice che per avere al Concilio i delegati di alcune chiese ortodosse la Santa Sede si era impegnata a non sollevare nell'assise ecumenica, in alcun modo, il problema del comunismo" (9). Andrea Riccardi vi accenna: "Si è parlato a questo proposito di uno "patto" stretto a Metz tra il cardinale Tisserant su mandato di papa Giovanni, e il metropolita Nikodim [10], che avrebbe condizionato la partecipazione degli osservatori russi al Vaticano II ad un'esplicita esclusione della condanna" (11).
       Il medesimo Riccardi nota anche che "Un cambiamento c'era stato, anche con il solo silenzio ed una diversa impostazione, ed appariva così profondo da accreditare la voce di un esplicito accordo tra il patriarcato di Mosca e la S. Sede. Tuttavia, un accordo di questo tipo avrebbe potuto legare la libertà del Concilio ecumenico. In realtà, ci fu un accordo Roma-Mosca. L'aveva rivelato fin dal '63 il partito comunista francese: "La Chiesa cattolica si è impegnata, nel dialogo con la Chiesa ortodossa russa, a che nel Concilio non ci siano attacchi diretti contro il regime comunista". E Mons. Roche, segretario del cardinale Tisserant, lo conferma esplicitamente in una lettera al direttore della rivista Itineraires: «Tutti sanno che questo accordo fu negoziato tra il Cremino e il Vaticano al più alto vertice. Mons. Nikodim e il card. Tisserant non furono che i portavoce, l'uno del capo del Cremino, l'altro del Sommo Pontefice allora regnante. Ma io vi posso assicurare, Signor Direttore, che la decisione d'invitare gli osservatori russi ortodossi al Concilio Vaticano II è stata presa personalmente da S. S. Giovanni XXIII, con l'aperto incoraggiamento del card. Montini, che fu il consigliere del Patriarca di Venezia al tempo in cui egli era arcivescovo di Milano. Il card. Tisserant ha ricevuto ordini formali, tanto per negoziare l'accordo quanto per sorvegliarne durante il Concilio l'esatta esecuzione. Perciò ogni volta che un Vescovo voleva affrontare la questione del comunismo, il cardinale, dal tavolo del consiglio di presidenza, interveniva per ricordare la consegna del silenzio voluta dal Papa» (12).
       Come parlare di libertà della Chiesa da ogni ostacolo quando poi la si sottomette al "veto" di Mosca?
       «L'impegno preso e mantenuto dalla Santa Sede è stato la rinunzia alla missione della Chiesa, un tradimento a Dio, alla Storia, all'Occidente, alla Chiesa stessa e all'umanità, questa pagina nera della storia della Chiesa resterà, come giustamente scrive il Madiran, "la vergogna della Santa Sede nel secolo XX"».
       Può essere beato una papa che scriva una tale vergognosa e nera pagina???
  
       Pio XII aveva dichiarato: "Anzi, non è lecito, neppure sotto il pretesto di rendere più agevole la concordia, dissimulare neanche un solo dogma; giacché, come ammonisce il patriarca alessandrino "Desiderare la pace è certamente il più grande e il primo dei beni, ma non si deve per siffatto motivo permettere che ne vada di mezzo la virtù della pietà di Cristo". Perciò non conduce al desideratissimo ritorno dei figli erranti, alla sincera e giusta unità in Cristo, quella teoria che ponga a fondamento del concorde consenso dei fedeli solo quei capi di dottrina, sui quali o tutte o almeno la maggior parte delle comunità, che si gloriano del nome cristiano, si trovino d' accordo, ma bensì l'altra che, senza eccettuarne né sminuirne alcuna, integralmente accoglie qualsiasi verità da Dio rivelata".
Rafminimi
 
Vedasi l'articolo collegato: Giovanni XXIII incallito tradizionalista?
(1) L'Osservatore Romano 20-21/-XII-1999.
(2) Card. Silvio Oddi: "Giovanni del Mito. Giovanni della Storia", in 30 Giorni, N.ro 5 maggio 1988, pag. 58.
(3) Acta Apostolicae Sedis 26-11-1962, pp. 786-795.
(4) G. Alberigo, "Formazione, contenuto e fortuna dell'allocuzione" in "Fede, Tradizione, Profezia", Paideia Editrice, Brescia 1984, pp. 187-222.
(5) Carlo Falconi, Vu et entendu au Concile, ed. du Rocher 1964, p. 121.
(6) Giulio Andreotti, A ogni morte di Papa, Rizzoli 1980, p. 61.
(7) Vedi Quella "Svista" del Concilio, di Tommaso Ricci in 30 Giorni. Agosto-Settembre 1989, pp. 56-63.
(8) Vedi Alberigo, op. cit. pp. 427-428.]
(9) Op. cit: p.59.
[10] È ormai assodato che Nikodim era una spia del KGB. Morirà improvvisamente tra le braccia di papa Luciani, durante una sua visita in Vaticano.
(11) Andrea Riccardi, Il Vaticano a Mosca, Laterza ed. 1993, cap. VII Fine della Condanna, inizio del dialogo p. 278.
(12) Vedi Itineiraires n. 70, febbraio 1963; n. 72 aprile 1963; n. 84 giugno 1964; n. 280 febbraio 1984; n. 285 luglio 1984.
(13) Orientalis Ecclesiæ 9-4-1944.
 
 


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